Capitolo III
INDOLE DEL POPOLO PICERNESE E SUE ATTIVITA' DI IERI E DI OGGI
"Picerno - scrive nella sua inedita Storia municipale Tommaso Cappiello
- è ben distinto non solo tra i Comuni che lo circondano, ma assai da
lungi. I primi suoi gran possidenti non sono que' parassiti che altrove,
tutto assorbiscono, anzi, forse per circostanze civili, mostrano essi
impegno ad essere liberali e comunali più di quanto internamente
vorrebbero. Il Clero è dignitoso, almeno si tiene men d'altri
riprovevole, e di esso sono parecchi più che sacerdotalmente istruiti. I
Galantuomini (22) con pochi mezzi, lungi dall'essere bassi vili sanno
comparire da più di quel che sono ed i Professori sono istruiti a
qualche rinomanza. Tutti sono modellati su trattamento altero, egoistico
senza bassezze, o debiti: gelosi, invidiosi senza attentarsi
radicalmente.
"Molti in Picerno sono sufficientemente proprietari, denarosi ed
industriosi, economici da dare buona regola anzi che no; moltissimi
hanno più del bisognevole, ed assai pochi sono veramente poveri.
"Picerno colla vicinanza della strada Regia, colla fabrica delle Taverne,
e costruzione della traversa si è reso assai commerciale.
"I forestieri vi sono attirati, ed appassionati ben presto, perché i
picernesi facilissimamente ospitali, locchè li espone non di rado
all'inganni degli avventurieri, ed a tutti i dispiaceri ed errori di
affidarsi a forestieri li quali portano con loro la presunzione di
essere fuggitivi, e non bene viventi nelle rispettive patrie.
"Sono i Picernesi vani per imitazione, curiosi, quindi il lusso la
concorrenza l'imitazione tanto nelle cose leggiere, che nelle
speculazioni finanziarie sono loro caratteristiche perché molti
fabricano vorrebbero fabricare tutti uno specula, presto molti
speculatori.
"Con pochi mezzi anelano a grandi risultati. Le nostre feste sono
eclatanti con poca spesa. Il nostro vestire, le nostre case hanno
l'aspetto del commodo, e della ricchezza che è più apparente manierosa
che effettiva.
"I Picernesi non so donde prendono un tuono di singolarità - ne loro
affari; le opinioni hanno per essi una certa fermezza lodevole, e per
l'istessa ragione alle volte dannosa senza compenso proporzionato.
"Le quistioni, un motto, una passione contenuta, una civiltà dimenticata
non si dimenticano . . . non godono di armonia, di concordia, ciascuno
si reputa, si aguzza, si limita, si governa a non scomparire, a non
eccedere locchè ha resi i Picernesi ad uno ad uno valevoli, valutantisi
un poco matti per presunzione e familiarizzabili co' Forestieri
piuttosto che inclini tra loro.
"I Picernesi a tal modo, di animo non basso, anzi altero, amano gli
estremi; se non distinguonsi per virtù, o vizii, è perché sonosi
ammaestrati alla scuola Picernese di contenersi, essere cauti, istruiti
a spese altrui, misurarsi, e ponderarsi e guardarsi l'un l'altro "
(23).
A distanza di altre un secolo i picernesi hanno mantenuto molte
caratteristiche di quel tempo.
Difficilmente essi abbandonano le proprie idee per abbracciarne altre,
anzi con abilità spesso riescono ad imporsi al forestiero che accolgono
fraternamente e trattano con sincerità, fino al punto da indurlo a
pensare e ad agire conformemente alle proprie idee.
Il picernese, attaccatissimo alla propria terra, non se ne allontana
facilmente e, se per necessità familiari è costretto ad espatriare, lo
fa malvolentieri. Periodicamente però egli è a Picerno per le ferie che
trascorre tra i monti e le contrade del proprio paese.
Allora adocchia un campo e lo compra. E questo, con la vecchia casupola e
le tombe dei propri avi, lo richiamano in patria.
Fino ad oggi l'esiguo clero (24) è riuscito a mantenere alta la propria
dignità sacerdotale, conducendo vita costumata ed ha saputo conservare
integro il patrimonio religioso, arricchito dalle tante tradizioni
popolari, che ha saputo rispettare e valorizzare.
Rimane costante l'ansia di migliorare in ogni campo: tutti vanno a scuola
e numerosi sono coloro che mirano ad occupare posti di responsabilità.
Notevole attualmente il numero di diplomati che, purtroppo, non riescono a
trovare occupazione conforme al loro titolo di studio, così come i
laureati.
A gara si negozia, a gara si costruisce, a gara si progredisce.
Il bar, la piazza, il cinema, molto frequentati, sono come vetrine per le
loro innocenti vanità.
Pochi i proprietari di estesi territori, ma molti quelli che direttamente
coltivano limitati appezzamenti di terreni, servendosi delle moderne
attrezzature agricole.
Bravi gli artigiani e piuttosto consistente il numero degli impresari
edili che hanno contribuito alla realizzazione di una moderna edilizia e
di nuove strade.
Gran parte della gioventù picernese trova lavoro nelle ferrovie dello
Stato e della Calabro - Lucana e presso enti vari.
Mentre alcuni lavoratori preferiscono viaggiare con mezzi propri o con
mezzi pubblici per potersi occupare qui contemporaneamente di
agricoltura rustica e tradizionale e di apicultura, altri trovano
convenienza a trasferirsi con tutta la famiglia nei luoghi di lavoro.
Le varie contrade che acquistano, come già accennato, gran valore per
l'estesa rete stradale e le irrigazioni artificiali che con abilità gli
agricoltori picernesi hanno saputo realizzare, sostenuti dalle autorità
competenti e sopratutto dal Sindaco che ha condotto, senza tregua, una
politica quasi tutta a favore dell'agricoltura, ospitano esperti
lavoratori agricoli.
Ai picernesi, quindi, non mancano serietà, abilità, sano orgoglio e,
tuttavia, essi, amanti della libertà propria fino a farli sembrare
"gelosi, egoisti, invidiosi" nei confronti dei loro concittadini, ancor
oggi stentano a costituirsi in forme associative (25) che potrebbero
agevolare il progresso nelle loro attività, in cui già si impegnano con
notevole spirito di iniziativa.
Quelle oggi prevalenti sono costituite dall'agricoltura, dalla lavorazione
e commercio dei prodotti agricoli (26).
Le campagne punteggiate di belle case coloniche, sono ricche di vigneti e
oliveti che danno vini pregiati ed olio finissimo.
Ottimi per qualità anche gli ortaggi prodotti a valle lungo la fiumara
detta di Tito.
L'allevamento del bestiame alimenta le locali industrie casearie e della
carne; rinomati altresì i provoloni ed i caciocavalli di queste zone,
così come lo sono i prosciutti ed i salumi destinati al consumo
domestico ed al commercio in Italia e fuori.
E' all'altitudine di m. 1350, presso il gruppo Monti Li Foj che pascoli
naturali, costituiti da erbe pregiate, offrono grande possibilità di
alimento per circa 600 capi di bestiame bovino da latte. Qui un ampio
casone (27) comprendente vari ambienti sapientemente sistemati, permette
sia un adeguato ricovero al personale addetto alla custodia delle bestie
che alla lavorazione del latte.
Al confine del detto gruppo Monti Li Foj, anche l'altopiano denominato i
Parchi di circa 400 ettari di estensione, esposto a sud, che dalla quota
mille di Serra Scagliola degrada alla strada comunale della Fraschetta
quota di m. 250 circa, con cui confina a mezzogiorno, consente
l'allevamento del bestiame bovino da latte che vi dimora da maggio a
novembre tra pascoli ubertosi. Fabbricati atti allo scopo permettono sia
la conservazione del foraggio per i mesi invernali che la lavorazione
del latte. Pregiatissimi i latticini di tale zona. Centinaia e centinaia
di ovini vi pascolano inoltre per tutto l'anno.
Fino al 1945-50 circa in tale contrada hanno preso stabile dimora numerose
famiglie, per la maggioranza ruotesi, che si dedicavano alla
coltivazione della terra e ne traevano prodotti di ottima qualità, come
grano, legumi e patate.
I boschi, costituiti in massima parte da faggi, querce, olmi, castagni che
si stendono sui monti confinanti con il comune di Potenza, un tempo
popolati di ogni specie di selvaggina, ed ora quasi privi, hanno fornito
nel passato materiale per il commercio di legname, carbone e
carbonella.
Negoziare oggi materiale boschivo resta prerogativa della famiglia Carleo
che, continuando ad esercitare l'atavica attività, fornisce abbondante
legname per l'artigianato locale e legna da ardere, esportandolo nelle
varie parti dell'Italia meridionale e centrale. Tagli di boschi vengono
effettuati allo scopo anche nelle zone limitrofe.
Il sottobosco è ricco di gustosissime fragole selvatiche che vanno ad
allietare il mercato paesano e quello dei dintorni.
In tempi ormai lontani era rigogliosa la coltivazione del lino. Numerosi
erano pertanto i telai a mano sui quali scorrevano tele originali nei
colori e nei disegni. Esse venivano utilizzate sia per realizzare i
ricchi corredi delle spose, e qui la fantasia e il gusto delle donne
picernesi avevano modo di esprimersi compiutamente, sia, più umilmente,
per realizzare sacchi, bisacce, teloni necessari all'azienda agricola.
Le donne picernesi erano anche esperte nella lavorazione della lana che
usavano sia per confezionare calze, maglie e coperte a mano o ai ferri o
all'uncinetto, e sia per tessere pesanti e calde coperte, stoffe per le
gonnelle pieghettate e panno, scarlatto per i loro costumi e nero per le
mantelle degli uomini; a esperti e numerosi sarti locali era affidata la
loro confezione.
Ancora in qualche casa si trovano il fuso, il "matassaro" detto pure
"naspa", l'arcolaio detto "'vvinn'l'" la rocca, strumenti questi
indispensabili per la lavorazione di filati di lana e di lino.
All'inizio del sec. XIX, durante il decennio francese, Picerno era nota
per i manufatti tessili. Il lino, prodotto nelle contrade di Serralta e
del Marmo, era " di buona qualità ". Di qualità " discreta " era la lana
il cui prezzo era di 6 carlini il rotolo, pari a circa seimila lire
attuali il chilogrammo, per quella " detta gentile " tosata in maggio e
di grana 45 (pari a circa 4500 lire attuali) quella tosata in agosto. Il
lino e la lana venivano lavorate in loco e le donne addette alla "
filatura " percepivano tre grana (pari a circa trecento lire attuali)
per ogni libbra filata. Erano efficienti, inoltre, una gualchiera per la
lavatura della lana ed una tintoria 28.
Di queste attività oggi non rimangono che i ricordi tramandati dalle
vecchiette ed un mulino che affiancava la gualchiera utilizzata
quest'ultima per una delle ultime fasi della lavorazione della lana. Il
nome di tale fase è entrata nella toponomastica della zona circostante
al mulino stesso; infatti essa è denominata con l'appellativo di
"Vatt'nnar".
Non del tutto scomparsi nella casa dei "massari", proprietari terrieri di
antica origine, sono gli antichi telai che oggi, anche se in maniera
molto ridotta, continuano ad essere attivi per la confezione di tele
ottenute con lane di scarto e cotone, destinate a soddisfare alle
necessità domestiche ed agricole.
Le zone acquitrinose del territorio di Picerno offrivano terreno
favorevole alla vegetazione del salice, i cui rami teneri decorticati
venivano usati per confezionare candidi cestini e panieri di ogni
grandezza, dai graziosi cestini da tavola alle grosse ceste per il
trasporto di biancheria e di generi d'uso vari, nonché cestoni da carico
per muli, ottenuti questi ultimi dalla lavorazione dei fusti più duri e
non decorticati.
L'arte del canestraro era un tempo florida e redditizia; oggi solo pochi
dilettanti, di tanto in tanto, mandano i loro manufatti sui mercati
mensili di Picerno e dei paesi viciniori.
Esistono oggi forni moderni per la confezione del pane che soddisfano le
esigenze di tutto il paese, ma un tempo, non molto lontano, la
panificazione veniva effettuata da ogni famiglia in abitazioni private e
la madia, detta "fazzator'", la "seta" per setacciare la farina e il
"cernicchio " per crivellare il grano, il "mezzetto", lo "stuppieddu" ed
altre misure in legno, rivestite in ferro, erano corredo indispensabile
in ogni casa, specialmente in quelle dei "massari" produttori di grano.
Numerosi erano quindi i "setari", i "cernicchiari", i "warr'cchial'", i
quali ultimi erano esperti sia nella fabbricazione delle misure citate
che in quella delle botti, dei tini, delle galette, dei barili, delle
secchie e delle fiasche ecc..
Non mancavano in antico sellai, "mmwastar'", ferrai, ebanisti, orefici,
manescalchi, fornaciari.
Questi ultimi erano specializzati nella lavorazione e nella cottura di
mattoni usati per la pavimentazione, della quale interessante
testimonianza esiste in alcune delle abitazioni alla contrada Palazzo,
chiamata anche "ru furnasc'". Di essa sono da notare le abitazioni dei
fratelli Curci i cui antenati esercitavano fruttuosamente tale attività,
un tempo molto fiorente. Essi stessi erano altresì specializzati anche
nella fabbricazione delle "p'tarr'" recipienti in creta che un tempo
abbondavano presso tutte le famiglie di proprietari e usati per riporre
l'olio: attualmente invece sono ricercate le "p'tarr'" come oggetti di
arredamento
Tali attività hanno inesorabilmente ceduto dinanzi alla diffusione dei
prodotti delle grandi industrie ed al trasformarsi del paese, che ha
sempre più abbandonato le proprie tradizioni per adeguarsi ad un tenore
di vita più moderno.
Tuttavia è ancora possibile trovare chi è rimasto legato con quella
tenacia e caparbietà, tipica dei picernesi, alle antiche usanze e
coltiva nella propria abitazione sopratutto l'arte della lavorazione del
legno. Cucchiaioni, forchettoni, attrezzi per la lavorazione del latte,
pratici attaccapanni, piccoli spianatoi con originali incisioni,
"scutedd", "squagn'" escono ancora dalle mani di pastori e vaccari.
"Scutedd'" e "squagn'" sono manufatti di origine molto antica che ancora
oggi abbondano nelle abitazioni di campagna.
La "scutedd'" è un piatto di legno massiccio, più o meno fondo e di varie
dimensioni, usato per consumare le vivande e in particolare la
tradizionale "acqua sala", cibo quotidiano dei pastori con ricotta
salata.
Lo "squagn'" è un sedile di forma circolare ricavato da un solo pezzo di
legno massiccio, al quale sono stati fissati ad incastro per mezzo di
cunei lignei tre piedi. "Squagn'" piuttosto ampi ed alti venivano usati
come tavole per pranzare.
Sopravvive a Picerno un solo bottaio. L'arte di impagliare le sedie,
praticata un tempo in moltissime famiglie e dalla quale si traeva il
necessario sostentamento, è ancora viva; così non di rado oggi si sente
il battere dello scalpellino che continua la dura lavorazione della
pietra. In via S. Donato l'antica bottega del fabbro ferraio Conte è
stata trasformata dai suoi figliuoli, che concordemente si sono
specializzati sia nella realizzazione di impianti di riscaldamento
domestico e sia nella lavorazione dell'alluminio anodizzato, in un
attrezzatissimo laboratorio dotato di moderni macchinari.
In via Giacinto Albini invece è intatta una "forgia" in cui il maniscalco
usa attrezzi tradizionali quali la fucina, il mantice, l'incudine, ecc..
Essa dà il nome ai luoghi circonvicini. Però anch'essa è destinata ad
essere distrutta per dare spazio a costruzioni di moderne palazzine.
Anche l'arte della lavorazione del marmo è attiva. Ad essa si dedica con
passione Felice Marsico.
Sulla soglia delle case e sulle terrazze non è raro il caso di vedere
donne anziane intente ai lavori all'uncinetto ed ai ferri. Esse
continuano un'antica tradizione che però va inevitabilmente scomparendo.
Ancora curata è l'arte del ricamo a mano a domicilio. Nè si può dire che
siano scomparsi il sarto, le sarte, i falegnami, i calzolai ecc..
lll
22 La popolazione di Picerno era divisa in varie classi pressappoco come
quelle delle altre regioni d'Italia; tale divisione era più accentuata
al tempo di Gioacchino Murat.
23 T. CAPPIELLO, "Storia di Picerno" cit. .
24 Attualmente l'unico sacerdote picernese D. Vito Russo ama svolgere il
proprio ministero in Villa D'Agri, dove è parroco dal 1958, in seguito
ad un periodo di attivissima collaborazione con l'Arciprete di Picerno
Mons. Umberto Lazzari, pure di Picerno.
Nel passato, propriamente nei secoli XVIII e XIX, Picerno ha avuto al
servizio della popolazione un discreto numero di sacerdoti: nel 1810
essi erano 27, (cfr. TOMMASO PEDIO, "La Basilicata durante la
dominazione borbonica" ed. Montemurro Matera, 1961). E' da ritenersi,
che, sia a mantenere saldi certi principi religiosi e sia a mantenere
viva la fede nei valori soprannaturali, sono valse e la loro presenza e
la loro solerte attività pastorale tra la gente. Molti di essi
provenivano dal seminario di Muro Lucano, dove valenti professori erano
preposti alla loro istruzione e formazione spirituale.
Le nostre chiese, secondo si apprende dalla viva voce di persone molto
anziane, specie di quelle che vivono nelle campagne, erano gremite. Le
funzioni liturgiche si svolgevano abitualmente prima dell'alba e il
popolo vi partecipava noncurante della pioggia, della neve, qui tanto
abbondante nel periodo invernale. Attraverso impervi viottoli questo
popolo era solito recarsi in pii pellegrinaggi sia alle varie chiese e
cappelle sparse nelle nostre campagne e sia, due volte all'anno ossia a
maggio ed a settembre, dopo la celebrazione della SS.ma Eucarestia alla
chiesa della Pietà, preceduto dallo stendardo della Vergine, al
Santuario di Viggiano. Quivi giungevano i pellegrini dopo alcuni giorni
di cammino insieme ai muli carichi di vettovaglie. Nelle famiglie si
seguiva tutto un rituale religioso ormai scomparso quale la recita del
Rosario alla sera, l'accensione in occasione di temporali improvvisi
della candela ricevuta in chiesa nel giorno della Candelora, sormontare
l'uscio di casa con l'ulivo benedetto per scongiurare mali e tempeste.
In tempo di trebbiatura sulla massa del grano si poneva una croce di
legno: usi ora del tutto scomparsi.
25 A Picerno esistono solo le organizzazioni religiose, quali quella della
Congregazione del Bambino Gesù sorta nel 177, quella del Terz'Ordine
francescano, la più florida sorta nel marzo del 1936 e quelle più
recenti dell'Azione Cattolica e dell'Apostolato della Preghiera. Molto
più facile riesce a questa popolazione organizzare pellegrinaggi ai
santuari: preferiti sono quelli mariani.
26 Attività che danno luogo sia a piccole industrie domestiche private da
parte di famiglie dislocate nelle campagne e sia a industrie di maggior
consistenza. Di una certa importanza è il laboratorio di Francesco
Jasparra nel centro abitato e quello di Casale in periferia.
In Estratto del Censimento generale della popolazione alla data del 24
ottobre 1971 si legge:
Popolazione attiva e non attiva per sesso dai 14 anni in poi:
I attiva per condizione professionale: Totale N. 1781 di cui maschi N.
1164
in cerca di prima occupazione: Totale N. 80 di cui maschi N. 59
II popolazione non attiva: Totale N. 1698 di cui maschi N. 525
III popolazione non attiva per sesso e condizione non professionale da 14
anni in poi:
a) studenti in totale N. 186 di cui maschi 109
b) casalinghe in totale N. 781
c) ritirati dal lavoro in totale N. 566 di cui maschi 314
d) altre condizioni in totale N. 165 di cui maschi 102
27 Il casone e le tre vasche per abbeverare il bestiame al pascolo al
bosco Monti Li Foj furono costruiti nel 1924 dalla ditta Nicola Pagano
su progetto dell'ingegnere Emidio De Stefano. Il mutuo fu concesso dalla
Cassa del Credito Agrario per la Basilicata. Arch. di Stato di Potenza.
28 Cfr. T. PEDIO, "La Statistica Murattiana del Regno di Napoli", parte I:
"Condizioni economiche artigianato e manifatture in Basilicata
all'inizio del sec. XIX", Potenza, La Nuova Libreria di Vito Riviello,
1964, p. 115.
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