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Giuseppina Caivano Bianchini
- PICERNO
 

Capitolo VI
CENNI SULLE FESTE RELIGIOSE E TRADIZIONALI
SUGLI USI E SUI COSTUMI DEL POPOLO PICERNESE
 

Le feste tradizionali sono andate lentamente in disuso; comunque rimane sempre tipico il suono dell'organetto che allieta le feste rusticane e quelle dei raccolti stagionali. I pastori ne fanno largo uso per ingannare il tempo nelle diuturne soste accanto al gregge, e i giovani se ne servono specialmente durante le festività di Pasqua e di Natale, durante il carnevale e nel tempo libero. 
E' ammirevole l'abilità con cui maneggiano il tradizionale strumento gli anziani, veri professionisti nell'arte della musica popolare; questi ci fanno gustare gli antichi canti picernesi e gli stornelli improvvisati dalla loro ricca fantasia. 
Con allegria si festeggia il carnevale, che vede riuniti i giovani a cantare ed a banchettare nelle lunghe serate invernali. 
Con grande pompa esteriore si svolgevano, fino a venti anni fa circa, sia la festa di San Nicola di Bari protettore del paese e sia quella di S. Rocco e quelle di S. Antonio e di S. Vito (82). 
Tutto il paese generalmente, come è costume da tempo, si sente impegnato e segue con vivo interesse i preparativi, che vanno sempre più affrettandosi a mano a mano che si avvicina il giorno della festività del Santo da solennizzare. 
Tutti offrono agli organizzatori misure colme di grano e somme di denaro. 
Vengono invitati per la festa parenti ed amici emigrati che non mancano all'appuntamento, tanto più che tali festività coincidono spesso con il periodo delle loro ferie. 
Un impegno molto importante hanno le sarte nel periodo che precede la festa, specie quella di S. Rocco, per la confezione dei "munaciddu", piccole tuniche che riproducono l'abito del Santo e che saranno indossate "in voto" dai fedeli per un certo periodo di tempo: si vuole che in tal modo il Santo entri nella casa a proteggere la famiglia e che, con un segno tangibile, la sua presenza si prolunghi oltre il momento della festività. 
Il 15 agosto la chiesa dedicata al Santo viene addobbata a festa. 
All'alba del giorno successivo i rintocchi della campanella della chiesa di S. Rocco raggiungono i casolari più lontani e i lavoratori dei campi, in modo speciale, al loro invito accorrono a manifestare la loro devozione. 
La chiesa in breve è gremita, le funzioni sacre si susseguono in un'atmosfera di pietà e di solennità insieme, non si sente il suono dell'organo, non abbondano preghiere comunitarie, ognuno si tiene in intimo colloquio col Santo. 
In tale occasione, in un angolo dell'antistante piazzale si può assistere all'antica tradizione di controbilanciare, usando un rudimentale strumento, il proprio figliuolo di cui si è fatto voto al Santo, con uguale quantità di grano che verrà offerto per i festeggiamenti (83). 
Suggestiva è la cerimonia della vestizione che avviene fra il canto delle litanie. 
Caratteristica della festa di questo Taumaturgo - che si celebra solennemente la domenica successiva, sono le "cende" (84) che un tempo erano ornate di spighe di grano e portate sul capo della più bella e robusta gioventù della campagna, con i capelli sciolti ed inghirlandati, di fiori bianchi. 
Attualmente le "cende" sono adorne di ceri, ma tale innovazione ha privato la festa della sua caratteristica di solennità promossa ed organizzata dai lavoratori dei campi. 
Dopo il triduo di preghiere, la statua di S. Rocco, preceduta da una doppia fila di uomini e di donne a piedi nudi e recanti pesanti ceri accesi, viene portata la sera della vigilia processionalmente alla chiesa madre. L'indomani si ripete la processione allo stesso modo attraverso le vie principali, per riportare a sera la statua alla chiesa campestre. 
Il protettore S. Nicola di Bari è festeggiato il 6 dicembre con una sola processione e il 9 maggio con due processioni che si svolgono la sera della vigilia con l'antica statua del Santo detta S. Nicola nero e a mezzogiorno del di seguente, con la statua d'argento (85) dopo la Messa delle undici. 
Con singolare solennità si svolgono le funzioni liturgiche nella chiesa madre pavesata a festa e gremita di fedeli. 
Abitualmente inoltre le nostre feste religiose hanno, come dire, un rituale unico anche se variabile di anno in anno. Le strade sono rese festose da luminarie fantasmagoriche e dagli schiamazzi dei fanciulli i quali, sfoggianti i vestiti più belli ed originali, precedono in crocchio la banda qui presente per l'occasione e che gira per le strade di Picerno, rallegrando la gente con piacevoli esecuzioni musicali, nonché dal vociare della gente che affolla ogni angolo di strada. Allineate le numerose bancarelle invitano i passanti con le loro pantagrueliche esposizioni: montagne di noccioline, torroni, arachidi, dolci, frittelle e così via; ottimi gli affari dei venditori ambulanti che offrono al popolo, accorso anche dai paesi vicini, della buona e singolare merce. Motivi di notevole attrazione alcune volte, costituiscono anche le mostre di pittura allestite dai bravi artisti locali in tali occasioni. 
Con esecuzioni di canti moderni e folcloristici in piazza Plebiscito, e con spari di fuochi d'artificio, si concludono le giornate delle festività religiose di Picerno. 
In occasione della festa del martire lucano S. Vito il 15 giugno, dalle campagne circostanti accorrono i fedeli insieme alle loro bestie e, mentre le conducono in giro per tre volte intorno alla croce esistente sul piazzale antistante la chiesa nella quale si venera il Santo, recitano preghiere. 
Si mantiene vivo l'uso di benedire il pane in questa occasione. Anche la festività di S. Antonio da Padova viene celebrata con processioni, spari e manifestazioni folcloristiche e musicali. 
Questi festeggiamenti spesso vengono abbinati a quelli di S. Vito ed organizzati per una delle domeniche successive alle due ricorrenze liturgiche. 
Per la solennità del Corpus Domini, drappi, i più belli, ornano finestre e balconi che si aprono sulle strade lungo le quali passa la processione; fiori di ginestra, opportunamente armonizzati con petali di altri fiori delle nostre contrade, formano tappeti arabescati di grande effetto in prossimità degli altarini qua e là allestiti con gusto per la benedizione eucaristica. 
E' poco diffuso l'uso per Natale di costruire il presepio nelle famiglie: se ne vedono generalmente nelle scuole ed in alcune chiese. 
Il tradizionale ceppo natalizio sopravvive solo nelle campagne, ma dovunque rimane in uso il cenone della vigilia, ricco di intingoli caserecci quali le "zeppole", i "cav'zungiedd'" di castagne o di ceci, specialità di Picerno e di altri paesi limitrofi. 
Il 1° venerdì di quaresima si fa la semina di legumi vari, grano, ecc. in larghi contenitori e si lasciano germogliare in ambienti oscuri per ottenerne dei candidi germogli destinati ad adornare l'altare dell'esposizione del SS.mo Sacramento al Giovedì Santo, chiamato impropriamente Sepolcro, e portati poi nei seminati delle campagne. 
Saltuariamente è praticata la celebrazione dei misteri della Passione all'aperto. 
Le pulizie domestiche sono molto raffinate durante la settimana Santa: il sacerdote verrà per la benedizione delle case. 
La Pasqua di Resurrezione è attesa con la preparazione di taralli, tarallini, biscotti, friselle, panettoni, pane di spagna, pizze rustiche, liquori e dolci vari caserecci, che sono specialità di questo popolo, sopratutto di quello rurale, tanto esperto nell'arte dolciaria e culinaria. Tutto quanto vien preparato verrà consumato anche in comitiva a Pasquetta all'aria aperta, insieme a tutto quello che i giovani, durante la notte del Sabato Santo, hanno raccolto, portandosi, suonando e cantando stornelli, presso parenti ed amici per attendere l'alba di Pasqua di Resurrezione. 
La celebrazione del Battesimo e quello dei riti funebri hanno perso molte delle caratteristiche antiche tradizioni e consuetudini. E' scomparso l'uso di battezzare il neonato entro le ventiquattr'ore allo scopo di liberare un'anima dal Purgatorio, consuetudine a mio avviso molto encomiabile, e quello di tenere nella culla per otto giorni la candela usata nella celebrazione del rito battesimale. 
Non più tocchi di campane annunzianti l'agonia di un moribondo al quale precedentemente processionalmente si era portato il viatico. E' scomparso l'uso delle prolungate e chiassose lamentele delle donne sulla salma del congiunto narrandone la vita, come è scomparso da anni il magnifico catafalco chiamato qui " castellana " in chiesa per le esequie, nonché la consuetudine di lutti prolungati: si vestiva di nero e, per anni, non si usciva di casa se non per urgentissimi e gravi motivi, ugualmente non c'è più l'uso di esporre in chiesa la bara aperta durante le esequie e quello di vegliare il morto durante la notte in casa e in chiesa, al convento se trattavasi di associati alla fraternità francescana del terz'ordine. 
Rimane però in uso "lu cuonz'l'", lauto banchetto che viene consumato nella casa dove è avvenuto il decesso per tanti giorni quanti sono i parenti e gli amici legati a compiere tale dovere. 
Lodevole in Picerno il culto per i defunti: si fanno celebrare messe di suffragio, si visita il cimitero molto frequentemente e al 1° novembre e al 2 novembre si fa cantare il "Libera" dal sacerdote su ogni tomba. 
Esiste, come nel passato, un'ammirevole partecipazione in massa del popolo ai funerali: l'accompagnamento del feretro di tutto il popolo è limitato alla cosiddetta curva, del corso Garibaldi mentre parenti ed amici più intimi si portano in corteo fino all'ultima dimora. 
Ancora oggi, legate alle antiche tradizioni, sono le cerimonie nuziali che vengono celebrate con molto sfarzo. 
Lo sposo con i propri parenti si reca in corteo alla casa della sposa. I due giovani poi, sempre seguiti da un nutrito corteo, si portano alla casa comunale ed all'abitazione del Parroco o all'ufficio parrocchiale per le pratiche di rito, dopo che già si è provveduto ad un accordo sul dare e sull'avere da parte dei rispettivi genitori. Segue un lauto banchetto offerto dalla famiglia della sposa: pranzo, che si protrae fino a tarda sera, allietato da suoni e canti paesani, e brindisi d'occasione. 
Nel giorno della celebrazione del rito lo sposo, accompagnato dalla propria madre che donerà alla sposa il tradizionale bouquet di fiori, si reca, sempre seguito da un corteo di amici e parenti, a casa della sposa. Qui, dove un tempo, prima del giorno delle nozze veniva esposto al pubblico l'abbondante e ricco corredo che veniva valutato, cumulabile alla dote, si ricompone il corteo. 
La sposa, al braccio del proprio genitore, raggiunge la chiesa festosamente addobbata. Un tempo il corteo nuziale passava sotto archi di rami, drappi e festoni allestiti lungo il percorso che avrebbe fatto la sposa. Nei vassoi, predisposti ai lati degli archi, venivano lasciate offerte dagli invitati in coppia al seguito degli sposi, mentre parenti ed amici distribuivano tarallini e confetti ai curiosi che facevano ala al passaggio. 
Termina la giornata con il pranzo offerto dalla famiglia dello sposo: pranzo più abbondante di quello del giorno della promessa o richiesta. 
Spontanei e significativi brindisi, sorti dalla fantasia ricca ed allegra dei commensali, allietano il banchetto e, fra suoni e balli tradizionali, come la tarantella figurata, e gustando il buon vino paesano, e spesso anche al suono di organetti e tamburelli, si fa compagnia agli sposi fino a tarda notte e si assiste alla loro partenza per il consueto viaggio di nozze. 
Le feste rusticane, quali la vendemmia, la trebbiiatura, la scartocciatura del granoturco, vedono ancora oggi, anche se in proporzioni ridotte, riunite le famiglie a lavorare ed a banchettare. 
Giornate di allegria comunitaria sono inoltre sempre quelle impegnate nella tosatura del gregge, nell'uccisione del maiale e nella preparazione del salame e delle salsicce e così via. 

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82 Le feste religiose un tempo erano più numerose e le processioni molto più solenni di quelle di oggi. Attraverso le vie cittadine venivano portate processionalmente tutte le altre statue dei santi venerati nelle diverse chiese di Picerno, a fare ala e corona alla immagine del Santo celebrato in quel giorno. Da aggiungere che generalmente sia oggi come ieri, ogni festa religiosa ha dato e dà occasione propizia per fare baldoria, banchetti, trattenimenti folcloristici che durano fino a notte inoltrata. Caratteristici i cosiddetti "cummuit'" in aperta campagna. 

83 Viene utilizzata allo scopo una rustica bilancia in legno approntata sul posto dagli stessi devoti del Santo. 

84 Specie di castelletto in legno adorno di festoni, ceri e fiori. 

85 Statua trafugata nel 1974.

 

 

 

 

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agg. al 30/08/2004

 


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