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Storia del Convento di Barile
Donato M. Mazzeo
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Riflessioni sul Convento.
Ecco alcuni stralci dal "Diario" di Padre SEMERIA
sull’O.N.M.I., la Basilicata e Barile (1921)

 

Basilicata funzionano già due istituti maschili: uno ad Avigliano ed un altro, di tipo agricolo, a San Chirico Raparo. Un altro, in un locale provvisorio con 25 fanciulli affidati alle cure delle Figlie di S.Anna, a Potenza.

Uno femminile a Barile, in un magnifico Monastero antico adattato ai bisogni moderni (vi attendono le Figlie di S.Antonio) ospita 22 orfanelle.

Barile che integra il triangolo Basilicatese è un po’ la seconda edizione di San Chirico Raparo (con le suore Francescane di Bertinoro che sono un tesoro) come paese, salvo    salvo che è paese albanese (ce ne sono parecchi in Basilicata e Calabria e l’albanese vi si parla tuttora, come un dialetto) ed è paese assai misero religiosamente.

Le buone Suore di S. Antonio, fondate dalla Madre Miradio, vi ci precedettero occupando un Monastero imponente che fu già di Carmelitani Scalzi. Chi scriverà la storia monastica di queste regioni? E dirà quanta floridezza spirituale dovette precedere e preparare la floridezza economica; e quanta decadenza spirituale alla ricchezza economica dovette conseguire? Noi aiutammo le buone Suore a ripulire e riattare il Monastero che i profughi di guerra avevano occupato e malconciato; esse ci aiutarono e ci aiutano ad educare lì una ventina di bimbe.

Purtroppo non siamo riusciti a far funzionare come vorremmo l’Asilo ... e sì che il Monastero dista dal paese tre minuti! E i bimbi vi hanno e cioè vi avrebbero aria, luce, spazio. Preferirono quei buoni villici il chiuso all’aperto e l’educazione della strada a quella dell’Asilo.

E le classi dirigenti russano, ossia si dilaniano politicamente (povera politica! e povera Italia !).

“Non è il caso di tornar su Barile dove l’asilo conduce una vita magra e stentata (accanto al piccolo simpatico Orfanotrofio) per la neghittosità del contadino locale. Ma Barile richiama Rapolla (a Rapolla c’è movimento, s’agitano i fratelli Protestanti separati e fronteggia l’azione evangelica un bravo sacerdote d. Chiaromonte), Barile richiama Rionero, Rionero in Vulture sarà quindi innanzi il gioiello dell’Opera. È il primo Asilo-Laboratorio dovuto, in gran parte, alla generosità d’un benefattore Meridionale, Giustino Fortunato, nome affidato ai suoi massicci volumi di storia, di politica, di economia, alla sua vita parlamentare per 30 anni intemerata, generosa, ma oggi affidato anche a un monumento umile e grande di beneficenza: l’Asilo infantile Antonia Rapolla. Egli ha voluto ricordare la Madre. Le Missionarie Zelatrici del Sacro Cuore (le stesse di Amatrice) hanno accettato di lavorare in questo nuovo campo religioso degno del loro zelo”.

* Con autorizzazione del Superiore Generale O.N.M.L. - “I DISCEPOLI” Don Michele CELIBERTI, Roma.

 

Tra storia e leggenda

Dai manoscritti del barilese Dott. Alessandro Bozza, funzionario del Fondo Culto e fine poeta, si evidenziano i motivi remoti che dovettero portare verosimilmente all’edificazione del nuovo Convento Carmelitano, nelle prime vicende e per taluni aspetti connesso al monastero del Carmine di Melfi, importante sede di studio per le giovani vocazioni, in uno con il più famoso Convento del Carmelo di Tricarico - Mt*.

Infatti, è scritto negli annali d’epoca, “....Demetrio ed Alessio Maulà (il cognome tipicamente balcanico - idem per i nomi - è anche riportato nella toponomastica di Maschito, altra comunità alloglotta del Vulture) si erano recati in pellegrinaggio ad Ascoli Satriano, in occasione dei festeggiamenti in onore di San Potito.

Senza altri dettagli, l’estensore della cronaca racconta che, nella notte della festività, Alessio uno dei due fratelli perì precipitando nel pozzo di quel chiostro.

Demetrio Maulà, sconvolto dall’avvenimento, appena rientrato in paese meditò di fare testamento.

Infatti con documento notarile del 19 aprile 1710 dichiarò erede di tutti i suoi beni la moglie Elena Gramsci.

Al primo testamento sarebbe seguito un secondo datato 1 giugno 1714 (che si volle forse falso o captato) con cui Demetrio Maulà istituiva come beneficiano dei suoi possedimenti il Monastero del Carmine di Melfi, a condizione che si erigesse un altro, pure così dedicato, in Barile.

Ulteriori donazioni in tal senso vennero da diversi altri barilesi , tutti oblati di detto Convento attraverso la Confraternita operante nell’annessa chiesa.

In particolare dalla sorella di Elena, Caterina Gramsci, oltre che da Lorenzo Nastasia ed i figli Domenico, Donato (e moglie Maria Gallotta, figlia della citata Caterina) con istrumento del 5 dicembre 1718.

Ancora due anni dopo, furono ratificati tali lasciti anche dal Priore del Convento, sgravandoli di alcuni pesi ed altre trattenute.

 

*Ne scrive in “Rassegna Storica Lucana” 2/1995 Carmela Biscaglia, socia della Deputazione di Storia Patria per la Basilicata e ricercatrice di Tricarico (Matera).

 

I Carmelitani

Carmelitani operarono nel Convento di Barile fino ai primi decenni dell’Ottocento. Verso il 1770 vi aveva insegnato Teologia per breve tempo il celebre monaco carmelitano Michele Granata di Rionero, giustiziato per le sue idee antiborboniche, il 12 dicembre 1799, in Piazza Mercato a Napoli.

Con l’abbandono di quei monaci, dal 1835 al 1866, il Convento fu destinato a ricovero per fanciulle povere ed intitolato “Convento di Santa Cristina”.

Subito dopo l’Unità d’Italia, con l’avvento dell’eversione della feudalità e la progressiva chiusura di molti conventi, passò ad essere amministrato dal Comune (dapprima con l’indicazione di Università) di Barile.

Il Comune, quindi, l’affidò all’Ordine delle “Povere Figlie di Sant’Antonio” sino al primo ventennio del secolo; dal 1922 (tramite i buoni auspici di Giustino Fortunato che fu amico e sostenitore delle opere di carità di padre Minozzi, ed a cui si deve anche la fondazione dell’Istituto “Sacro Cuore” in Rionero gestito da sempre dalle “Zelanti Figlie del Sacro Cuore”) divenne, con opportuni adattamenti strutturali, una sede dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia.

Fino agli anni 80, ospitò anche classi di scuola elementare e media del paese. Più tardi, un tentativo di creazione di un’asilo-nido, dopo qualche anno di grande dedizione da parte di alcune suore, naufragò del tutto. Dopo il sisma del 23 novembre 1980 ed in seguito alla progressiva e fisiologica riduzione di orfani di guerra e ragazzi disagiati, l’Istituto ribattezzato “Padre Giovanni Minozzi”ebbe vita difficilissima.

Di lì a poco la chiusura e l’abbandono da parte della Congregazione preposta. Un busto in bronzo, a cura di docenti dell’Istituto Statale d’Arte di Rionero, fu a lui dedicato ed inaugurato nel 1982 (meglio tardi che mai) nell’ampio piazzale antistante l’ingresso principale del Convento. Esso è testimonianza di affetto filiale e di gratitudine da parte delle folte schiere di ex alunni lì formati ed ospitati nel tempo. Alla cerimonia inaugurale, furono presenti, con Autorità e Clero locale, Don Antonio Rella e Don Francesco Bracciani a nome della sede nazionale dell’O.N.M.I.

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