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Barile

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Etnografia ed Albanesità
Donato M. Mazzeo
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Introduzione
 

Etnografia come analisi e descrizione della storia dei popoli, dei propri costumi, modus vivendi, lingua, tradizioni, canti, fede religiosa o laica, paremiologìa popolare.

Conoscere per comprendere ed amare la propria gente, la sua storia antica ed unica.

Questo imperativo ci ha spinto — in modo deciso quanto stimolante —a compendiare i materiali seguenti relativi, per la maggior parte, al popolo Arberesh di Basilicata. Riguardano nella fattispecie un antichissimo e prezioso documento in latino — pubblicato a Venezia nel 1591 dal giureconsulto R. Maranta di Venosa, sugli Albanesi di Melfi — oggi tradotto, in parte, dal Preside Prof. Carlo Pesacane; una comunicazione presentata al 1° Congresso Internazionale di Metaponto su “Emigrazione ed Etnie”. Su Monticchio, il Vulture e le Grotte di Barile, scrive (nel 1825) il mecenate inglese Lord Richard Keppel Craven; sul rito bizantino e la lingua albanese nei diversi centri, precisi appunti di E. Pani Rossi (nel 1862); sulle colonie di albanesi e greci nel Melfese Giacomo Racioppi (1902); quindi una sorta di diario di viaggio scritto (nel 1955) da E. Cristiani Castaldi su Barile; ed un’altro (nel 1985) da E. Sigalotti sulle cinque comunità Albanofone della Basilicata. In appendice, alcuni saggi — inediti — della Ricerca Fotografica che, da diversi anni, la Rivista “Basilicata Comunità Arbereshe” conduce nella rubrica “Vecchio Album” ed anche per l’Archivio Regionale della Fotografia — presso il Mediafor. Ispirandoci all’Opera scritta nel 1889, dallo storico Angelo Bozza — mai adeguatamente conosciuto ed apprezzato — (che L’A.I.C.S. “Giorgio Kastriota” onorò, nel gennaio 1983, presso la Sala della Comunità Montana del Vulture, con una “riflessione” accurata e sentita del saggista lucano Raffaele Nigro, regista RAI), si propone, quì , una “lettura diacronica” dell’atmosfera, delle sensazioni e del calore che si vive nelle realtà etniche della nostra regione, a distanza di tempo e di condizioni ambientali, tramite indagatori diversi per indole, interessi culturali, metodologia e formazione. Fuori schema, ma non meno interessanti, ci sono parsi alcuni materiali orali raccolti “sul campo” — anni addietro — in collaborazione con un gruppo di giovani della zona Vulturina. Possono forse essere marginali in qualità-quantità ma potrebbero completare il lavoro — prefato da Tullio Tentori —che Enzo Cervellino con “Paremiologìa Lucana” dava alle stampe presso la Laurenziana di Napoli, nel 1964.

L’ethos albanese con la propria peculiarità ed originalità culturale, le loro radici storiche devono essere ben salde e vigorose se dopo 5 secoli — tramandatisi per via orale e tradizionale, fra mille ostacoli d’ordine geografico, politico, bellico, pestilenze, carestie, terremoti, intolleranze di ogni genere (dal linguistico al religioso, al sociale) — è palpitante di un proprio spessore civile e storico-linguistico, oltre che di un rito religioso greco-bizantino.

“Demokracia e vertet ndihen pakicat” La democrazia autentica protegge le minoranze; è il motto che da 17 anni, la Rivista Katundi Ynè, sventola nel mondo dell’Albanesità d’Italia. E la stessa Legge-Quadro non può tardare ancora.

Sarebbe, alla fine, un incolmabile debito in spregio ai valori della giustizia e delle Libertà di tutti e di ognuno di noi!

 

Filippo Mele     

 

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Si ringraziano, vivamente, per la collaborazione data alla nostra Ricerca Fotografica di “Vecchio Album”:

Lucia Buono Calabrese - New York; Belluscio Dora in Di Lucchio - Barile, Foto Pino, V. Tanassi, Ururi (Cb); Caccavo Pierino di Luigi - Bari, Corbo Saverio - Barile, Scotti Pietrafesa Jole - Rionero in Vulture, Saldicco Pasquale - Barile, Maitilasso Francesco - id., Carnevale Donato - id., Botte Rocco e Michele - id., Carnevale-Paternoster fu Febo - id., Volonnino Rosina - id., Tunello Maria - Milano, Rella Michele - Rionero in Vulture, Rendina Mauro - Barile, Cittadini Gustavo - Barile, Cittadini Antonio - Barile, Paternoster Armando - id., Sassano Luigi - id., Basso Donato - id., Barbaro Mazzeo Filomena - id., Lacci Michele - id., Sigillito Nazzareno - Torino, Tamburrino Vito - Maschito, Soranna Giuseppe - id., Sepe Pasquale - Ginestra, Fortunato Pasquale - Ginestra, Cardone Rosa - San Paolo Albanese, D’Amato Anna- San Costantino Albanese.

 

Photo-Service by: Santino Amedeo - Piombino (Livorno)
 

La cartina della Basilicata è di: Arch. Emilio Sacco

 

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FUORI GLI ALBANESI

 

CONSILIUM SIVE RESPONSA CIII
di Roberto Maranta - Venezia, 1951


(Traduzione dal latino del Preside Prof. Carlo Pesacane)

 

 

CONSILIUM 103
 

1. Sommario

Se e quando cittadini e abitanti della città siano ammessi agli uffici (incarichi) del governo cittadino.

2. Nobili e non nobili debbono essere uguali negli impegni pubblici.

3. I cittadini e gli abitanti della città debbono godere delle cariche pubbliche e (sopportare) gli oneri relativi.

5. Il domicilio si acquista con l’abitare dieci anni ed in molte altre maniere.

6. (Colui che è diventato cittadino) Chi è assunto fra i cittadini deve essere trattato come un cittadino di quella città, non appena assunto.

8. Sono enumerati molti casi di ciò che può essere indotto (ammesso) per consuetudine.

9. Una vecchia consuetudine, del cui inizio non si ha memoria, ha forza di privilegio e di costituzione (legge positiva).

10. La consuetudine ed una legge municipale è applicata nell’imporre obblighi ed onori.

11. Una consuetudine cittadina può imporre che siano assicurati uffici a uomini di alcune nazioni.

12. Se un chierico secolare chiede una prebenda (congrua) che solitamente non si concede se non ai regolari, la richiesta non vale anche se il Papa la concedesse motu proprio.

13. La consuetudine vale fino al punto che alcuno non possa ottenere una carica nella chiesa se non diventi canonico di quella chiesa.

14. La prescrizione, da un tempo tale che non rimanga memoria, non ha bisogno di titolo allegato.

15. La consuetudine ha forza di legge positiva.

16. Colui che accetta la cittadinanza sembra (giusto) si leghi agli obblighi di quella città, anche se li ignorava e, in verità, sembra quasi sancito un contratto con la città, dal quale non è lecito recedere.

18. Colui che sopporta gli oneri deve godere il beneficio e comunque vada avanti.

20. Chi ha ottenuto la cittadinanza può operare alcunché in tutto e per tutto.

21. Non è ammessa illazione fra (generi) diversi.

 

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GIUDIZI E RESPONSI

di R. Maranta, famosissimo giureconsulto di Venosa

 

Una sola (opera) con due trattati:

—  il primo riguarda la vendita multipla, vietata tanto dalla legge quanto dall’uomo; e, a completamento, vari precetti dei giudici e la loro validità;

—  il secondo riguarda i rimedi possessori con moltissime questioni riguardanti la pratica (procedura) di questo Regno di Napoli; per interpretazione della legge primaria, cosa dice il pretore affinché possiate possedere.

Ora è per la prima volta pubblicata con sommari ed un ricchissimo indice con privilegio Veneziano, 1591. Andrea de’ Pellegrini, Bibliotecario Pantenopeo Editore.

 

1. Sorge il dubbio se nella città di Melfi, gli abitanti Albanesi di detta città debbano godere delle prerogative e degli incarichi degli altri cittadini italiani di quella stessa città, cosicché debbano essere assunti alle cariche del reggimento della città e massimamente perché siano (facciano) parte del Consiglio e delle Università elettive. Sembra così, anche, a prima vista, per il fatto che per mezzo del Commissario Regio, l’Università permettendo, furono aggregati nel numero dei cittadini e furono posti nel numero dei fuochi di detta città; poiché si sottopongono agli oneri ed alle collette degli altri cittadini, è giusto che debbano anche goderne le prerogative e gli incarichi civici.

Secondo la legge di natura (segue indicazione delle fonti a sostegno, fra cui Alberto De Rosa).

2. Perciò negli incarichi municipali i nobili e non nobili debbono essere uguali. Tanto che come i non nobili partecipano degli oneri così debbono anche partecipare ai benefici e ciò dice Alberto ivi nella quinta colonna del testo allegato.

Lì dove dice: accade che i tribuni militari sono eletti, parte dal popolo e parte dai patrizi e là dove dice: essendo stati eletti consoli dalla plebe li ritennero costituiti da entrambi gli ordini; quel testo nota, anche, dove il medesimo Alberto dice perché gli ufficiali della città, in parte devono essere eletti dal popolo ed in parte dai nobili; così dunque si deve dire nel caso nostro: perché come gli Albanesi sono chiamati agli obblighi similmente ai cittadini, così anche debbono essere chiamati agli onori ed alle cariche pubbliche perché il beneficio è proporzionato al peso.

 

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