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BIBLIOTECA COMUNALE "G. RACIOPPI"
MOLITERNO

Gli uomini illustri di Moliterno

Giacomo Racioppi

Giacomo Racioppi nacque il 21 maggio 1827 a Moliterno da Francesco, giudice di pace e si spense a Roma nel 1908. Già all'età di sei anni egli venne affidato alle cure dello zio, l'abate Antonio, che gli fornì una cultura umanistica e lo tenne lontano dalle tensioni familiari, dovute alle frequenti visite che la polizia borbonica compiva contro i Carbonari, di cui suo padre faceva parte.
Dal 1832 al 1842 Giacomo viaggiò molto, alla fine decise di trasferirsi a Napoli dove approfondì gli studi di legge e iniziò a vivere un periodo di rinnovamento utopistico basato soprattutto su studi letterari. Alla morte del padre che avvenne nel 1845, Giacomo ritornò in famiglia e visse in prima persona il periodo di profonda crisi economica che in quegli anni interessò il Meridione. AI suo ritorno a Napoli, fu incolpato d'aver preso parte ai moti del 1848 e fu arrestato. Nel 1852 fu rimandato a Potenza ed in seguito, nel 1853, a Moliterno dove si dedicò agli studi di statistica economica.
In questo periodo scrisse saggi di letteratura che evidenziano la sua cultura umanistica nonché il suo approccio al romanticismo. A noi sono pervenuti solo dei frammenti della sua opera "Sulla letteratura del popolo di Basilicata" in cui raccoglie osservazioni su cantilene, favole, drammi nonché testimonianze su diverse leggende. In quest'opera il Racioppi soffermò la sua attenzione sui canti e sulle danze del raccolto, sui canti più autonomi delle corporazioni artigiane, sul dramma e l'epopea animata da fate, orchi e su tutto il mondo fantastico, ereditato dai poemi cavallereschi.
Altro scritto giovanile fu "Del brutto nell'arte ovvero del deforme del male e del ridicolo" un discorso incentrato sulla valutazione del brutto, sul suo uso in letteratura e sul suo rapporto con l'arte. II 1857 per Giacomo fu un anno molto importante poiché l'esito negativo nella spedizione di Pisacane lo fece riflettere ulteriormente sui rapporti fra democratici e liberali, contadini e borghesia. II 1857 fu però anche l'anno del terremoto che fu vissuto come un blocco della civiltà, un arretramento economico che mise in luce il disordine morale e la carenza dell'organizzazione statale di soccorso che portò il Racioppi a indagare sulla fragilità delle conquiste umane. Nel 1859 Racioppi si sposò con Vincenzina Giliberti da cui ebbe tre figli. Nel 1860 si recò a Napoli e da questo momento egli assunse un comportamento più moderato, infatti sostenne che la lotta politica deve procedere per vie mediane e crollarono così per lui tutte le illusioni cospirative e settarie. Nonostante ciò, nell'agosto del 1860 egli scelse la via dell'insurrezione, ebbe infatti l'incarico di segretario generale del governo della provincia e divenne nel 1862 consigliere della Prefettura di Potenza. Nel 1867 a Napoli uscì la sua "Storia dei moti di Basilicata e delle province contermine nel 1860" dedicata al comune di Corleto Perticara. Questa storia dei moti ripercorre gli avvenimenti svoltisi nel regno meridionale fra il 1849 e il 1867. La storia dei moti nel suo complesso può apparire apologetica ma in realtà è ben costruita, nonostante il Racioppi sia ancora troppo legato agli ideali patriottici della lotta antiborbonica per potersi sollevare ad una visione storica dei problemi del suo tempo. Racioppi nella sua esperienza letteraria non poteva dimenticare la figura del suo padre spirituale che ricorda nel suo saggio che ha come titolo appunto "Antonio Genovesi" (1870) modello della ragion libera che invita gli studiosi a riprendere ad oggetto la natura, un ponte tra I'Europa civile e laica di cui il Racioppi fa un'attenta presentazione sia della vita privata che della vita artistica, analizzando !e sue opere più importanti. Non possiamo non enunciare le opere de( suo ultimo periodo di vita quali: "L'agiografia di san Laverio" (1881) che rappresenta uno dei più felici scritti del Racioppi che, oltre a presentare documenti sulle religioni medievali, si fonda anche su una forte capacità di comprensione storica; "Gli statuti della Bagliva detta anche comunità del napoletano" (1881) che ricostruiscono l'antico diritto penale municipale, prima della legislazione napoletana (1806); "La storia dei popoli della Lucania e della Basilicata" (1889) che è un monumento di storiografia regionale e segna il punto più alto raggiunto dalla storiografia liberale in Basilicata. Racioppi fu il massimo esponente della storiografia liberale, l'autore lucano che più di tutto seppe riflettere su caratteri originali della Basilicata e sulle sue trasformazioni. II suo stile unì l'analisi dello Stato, la sensibilità sociale, la penetrazione psicologica e l'attenzione ai fenomeni culturali. Riuscì a superare l'erudizione grazie alla sua capacità di accettare i problemi contemporanei, esaltando il sentimento della libertà e della nazione. II suo fu un pensiero moderato non per ideologia ma, per coscienza e tradizione, il suo moderatismo nacque proprio dalla profonda conoscenza della struttura sociale della Basilicata, il suo realismo scaturisce dalla frequentazione delle masse incapaci di riscattarsi da sole e dalla constatazione che la borghesia è capace di muoversi solo se intravede un tornaconto personale. Proprio per questo la sua preoccupazione fu quella di elaborare un patrimonio ideale e unitario che potesse permettere la formazione di una compiuta coscienza nazionale e che facesse riflettere la propria identità. Tutto questo fu realizzato da un uomo fisicamente esile e minuto, umile al punto di passare inosservato, ma che ebbe un carattere saldo e aperto all'esperienza., che fu attaccato al dovere e fu un patriota sicuro. Un uomo che rifiutò sempre la retorica per la sobrietà e (a semplicità e visse aspirando al bene per sé e per la sua amata Basilicata.

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Francesco Lovito

Francesco Lovito nacque a Moliterno il 22 ottobre 1830 dal signor Martino avvocato colto e d'ingegno acuto e dalla signora Celestina Miadonna di Craco.
Egli, secondogenito dei maschi, fu educato alla severità degli studi e all'amore per la patria. Iniziò a studiare legge ma, essendo cagionevole di salute e di costituzione gracile, fu costretto a rientrare in famiglia nel 1880 ed in questo periodo mantenne i contatti con Giacomo Racioppi e Tiberio Petruccelli, reduci della galera per reati politici. Anch'egli divenne un fervente cospiratore che si adoperò per l'unità e l'indipendenza italiana.
Egli fu uno dei promotori dell'insurrezione in Basilicata contro il regime borbonico, insieme all'Arcieri, al Lacava ed a Giacinto Albini. Fu eletto sindaco di Moliterno e rimase in carica dal 1858 fino all'agosto 1860 quando, scoppiata la rivoluzione, fu chiamato a Potenza per prendere parte al Governo Prodittatoriale, dove ebbe la direzione dell'Ufficio della Guerra. Nel 1861 fu eletto deputato al Parlamento dal collegio di Chiaromonte ed in seguito fu rieletto dal collegio di Brienza e da quello di Potenza. Dal 1870 al 1872 fu segretario generale dell'agricoltura coi ministro castagnola e poi dell'Interno col Depretis dal 1881 al 1883. Ospitò a Moliterno il presidente del consiglio Giuseppe Zanardelli, in visita in Basilicata. Egli fu un patriota convinto e, sia nella vita privata che pubblica., rivelò sempre una coscienza pura ed inflessibile. A causa di un'infermità cerebrale che lo colpì nel giugno del 1904, non chiese più il mandato politico e mori a Moliterno il 6 gennaio 1906.

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