A T T O I°
Nella stanza del vescovo Gherardo due giovani
donne lacere e ferite, accompagnate da due monache, giungono in preda
allo spavento e si gettano ai suoi piedi.
MARTINA |
Padre santo, limpida creatura
venuta dal Nord, mandato a vivere in questa nostra terra di pena,
terra di sterpi, abbandonata,
dove cagne avvizzite e lupi rossi girano di notte nei paesi ululando
e coprono le voci delle donne che lente recitano
arcane litanie per allontanare eresie, paura, sofferenza,
accorrete in nostro) soccorso: grande è l’afflizione.
Venerando vescovo Gherardo, tinto del Signore,
per le spoglie di Cristo martoriato,
per il dolore della Vergine Maria quando in croce morse il Nazareno
aiutatemi, aiutateci contro i mori, i figli di Satana,
gli infedeli che irrompono, uccidono, devastano, rubano, depredano,
impietosi della nostra miseria, del nostro poco,
e incendiano i campi, le case, i campanili. |
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LUCIA |
Alcuni anni fa, mentre
giocavo al sole presso il padre e la madre,
sul bordo d’un ruscello verde di muschio,
sentii un rumore sordo farsi sempre più forte, come temporale che
divide il cielo di lampi,
ferisce le nubi con la luce e rimbomba coi tuoni che impaurano la
mente e il sangue nelle vene,
e vidi un branco di cavalli impazziti superare fossi, infittirsi,
slargarsi nella pianura
e schiacciare gli orti tra cui il nostro che fu pianto da mia madre
per giorni senza conforto.
Così, è passata la masnada dei mori inferociti nella terra di Vaglio e
s'avvicina.
Gherardo, padre santo, Gherardo del Signore.
aiutatemi, aiutateci, contro i mori, i figli di Satana, strumento di
morte. |
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GHERARDO |
Calmatevi, figliole,
vi benedico, accetto di aiutarvi tant’è grande il vostro dolore.
Ma ditemi, in nome di Dio, cos’è successo,
e voi sorelle, che le avete condotte al mio cospetto, soccorretele,
così inquiete e piagate,
concedere loro riposo, cibo e acqua e, poi, riconducetele da me.
Presto, per carità, che non perdano i sensi;
hanno detto di mori, d’invasioni e rapine, voglio saperne di più e con
maggior chiarezza.
Andate, creature di pena, parlate ormai a fatica per l’affanno e
l’arsura che spacca le vostre labbra e impasta le parole. |
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AGNESE |
Monsignore, obbediamo
alla vostra richiesta, però, vogliamo sappiate come e perché
le abbiamo introdotte alla vostra presenza senza prima rifocillarle.
La nostra sorella Maria Celeste ha sentito bussare
con insistenza al portone dell’episcopio:
queste giovani, si chiamano Martina e Lucia, piangendo chiedevano di
vedervi,
né sentivano ragioni d’indugio,
volevano subito la certezza che le avreste ascoltate.
Si disperavano, si strappavano i capelli battendosi il petto.
lo per pietà... |
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GHERARDO |
Basta così, ho capito;
non si perda del tempo che potrebbe essere prezioso se le parole
delle giovani trovassero riscontro in fatti manifesti
e non siano piuttosto il farneticare di mente insana che risponde a
emozioni riposte,
incomprensibili al comune buonsenso ed alla scienza.
Fate in modo che vengano due guardie. |
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Escono Martina, Lucia e le due
religiose. Il vescovo Gherardo è solo. |
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GHERARDO |
Giorni addietro ho
avuto notizia di scorrerie dci turchi in terra di Lucania,
ma è terribile figurarsi che siano vicini alle nostre porte.
Non ho ancora la certezza della verità, ma l'ansia sottile che si
insinua nell’animo e l’affollarsi di brutti pensieri nella mente, mi
portano presagi angosciosi. |
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CORO |
Così, talvolta, nel
cielo sereno d’azzurro
comincia un accogliersi di nembi e nuvoli
prima rado, poi, denso e minaccioso
finché si scatena un violento temporale
che sconvolge la natura in preda alla furia.
Sempre l’attesa di ciò che è da venire
attanaglia la gola, ci rende attoniti impauriti
provvisori: questa è la condizione umana,
davvero dolorosa se non è confortata dalla fede. |
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Nella stanza del vescovo entrano
due guardie. |
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GHERARDO |
Ho necessita di vedere
al più presto il vostro capitano; se non è qui di stanza. cercatelo.
Vènga a palazzo. Forse un pericolo ci sovrasta. |
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UNA GUARDIA |
Ovunque perlustreremo
per rintracciarlo. Il capitano a breve sarà qui. |
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Escono le guardie. Entra Agnese
reggendo un vassoio. |
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AGNESE |
Monsignore, la
colazione è qui, vogliate gustarla in tempo.
Il miele viene dai favi di Accettura e il pane odoroso di farina di
semola è del grano scuro di Avigliano.
Voi, oltre ai continui digiuni penitenziali, trascurate di nutrirvi
preso dai numerosi impegni ecclesiali, per il bene degli altri, specie
dei poveruominii.
Ci sta a cuore il conservarvi a noi e a quanti vi amano in questa
città, che dalla grazia divina ha ricevuto il grande dono del vostro
apostolato così fruttuoso.
E stato davvero dono della Provvidenza avervi qui nelle nostre
contrade solitarie
così lontane dalla vostra terra, a cui uomini di lettere,
scultori, architettori e insigni artisti danno lustro e decoro. |
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CORO |
Dio vi benedica,
Gherardo,
per la vostra parola che illumina i dubbiosi, per le vostre preghiere,
per la vostra forza.
Dio vi benedica, Gherardo,
per il coraggio che infondere nei deboli, per il vostro aiuto,
per la vostra carità.
Per la vostra serena giustizia, per la vostra umanità.
Dio vi benedica, Gherardo. |
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Gherardo beve soltanto un po’ di
latte. E' turbato. |
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GHERARDO |
Un grave peso
m'opprime il petto, un brutto presentimento di sciagura;
non posso liberare la mia mente
dal flagello annunziato dal racconto delle ragazze perseguitate.
Voi, sorella Agnese, m'avete aperto il cuore alla nostalgia dei luoghi
che mi hanno visto fanciullo,
ma spazio oggi non c'è per i ricordi, non posso accogliere richiami
antichi che, talvolta, commuovono il mio animo,
devo piuttosto pensare all'ora grave che pesa sulla mia nuova patria.
Hanno dato un alto senso alla mia vita affìdandomi la missione di
servirla:
ero sperduto e in essa ho trovato la strada per il mio cammino. |
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AGNESE |
Monsignore, sento
rumore nel vestibolo, vado e subito vi riferirò. |
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S'allontana, poi, ritorna. |
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AGNESE |
C’è qui per voi il
capitano delle guardie.
Posso introdurlo? |
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GHERARDO |
Che entri.
Sorella, certamente le giovani forestiere si sono liberate dalla
condizione di stremo, accompagnatele qui.
È bene che parlino con me dinanzi al capitano. |
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Agnese esce portando con sé il
vassoio. |
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GHERARDO |
Cristo Gesù, ti prego
per il mio gregge, di cui sono pastore nel tuo nome,
allontana i barbari, che minacciano i cristiani da ogni parte,
fermali stilla strada segnata dal corso del Basento,
il fiume che attraversa questa terra impervia e rocciosa.
Mi rivolgo a Te memore di quando nell’orto
sudando sangue
pregasti il Padre perché allontanasse da Te il calice amaro della
sofferenza. |
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Entra il capitano. |
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GHERARDO |
Potenza è in pericolo.
Ascolterete due giovani il cui racconto doloroso sconvolge e allarma.
Numerose sono le porte che chiudono Potenza
dalle spoliazioni, dagli assalti, dai predoni d’ogni specie che
infestano le campagne e le saccheggiano.
Tra di esse la Porta Antica che si vede dalla Curia, da qualsiasi
parte si guardi,
che voi e la guarnigione custodite con grande cura;
è così poco lontana dalla nostra cattedrale
che giungere ad essa si potrebbe attraverso un segreto camminamento.
Dopo le loro parole, se un sopralluogo confermerà la minaccia,
sarà d’uopo informare gli altri capitani sì che tuttinsieme, da
esperti,
organizziate con le milizie acquartierate presso le porte comune e
rapida difesa a
un incursione che potrebbe colpirci da qui a poco. |
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Agnese accompagna Martina e Lucia,
quindi, si ritira. |
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GHERARDO |
Venite avanti senza
timore.
L'aspetto mutato apertamente rivela la vostra giovane età e l’onestà
dello sguardo cui di sicuro fa riscontro integrità di cuore.
Riferite a me e al capitano sugli avvenimenti funesti prima
confusamente accennati. |
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MARTINA |
Da un’alba all’altra
ho camminato, anzi meglio dire che ho corso, tra dirupi e massi e
sterpi e rovi
con i piedi piagati e coi palpito del cuore,
tanto forte che pensavo lacerasse il mio corpetto,
spinta dall’ansia di sfuggire alla morte, dal terrore e da un’ardente
brama di vendetta.
Se fossi riuscita ad avvertirvi
il sangue degli infedeli sarebbe scorso copioso come quello dei miei
compaesani che ha tinto di rosso le acque del Basento.
Non dovrei manifestare tanto odio e, per giunta, a vista di una
persona come voi,
ma, dopo quanto vi diremo, avrete compassione di me e certo mi
perdonerete. |
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CORO |
Come quando d’estate
s’accumula
una nuvolaglia rossa di tramonto
e sembra che il cielo e l’ombre
che s’addensano all’arrivo della sera ardano
e tutto di fiamma è l’orizzonte,
così lampi di fuoco vivo e bagliori insoliti
si videro dai campi di solchi neri
e tutti corsero in paese lasciando attrezzi,
masserizie e ogni avere in preda allo sconcerto.
Lontano la campagna bruciava.
Il panico regnava nelle vie mentre dal campanile
si levavano rintocchi cupi,
voci tragiche di allarme, di pianto e di paura. |
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LUCIA |
Passarono tre lunghe
ore prima che fosse avvistata l’orda famelica dei turchi,
demoni coi cimieri lucenti, con la barba tinta e riccia e i baffi
spioventi sulla bocca immonda.
Lucifero, che fu angelo di Dio, ora è re d’inferno, è circondato da
una corte simile d’esseri bestiali.
Giunsero armati di spade ricurve orridamente sguainate
e uccisero, ferirono, tagliarono,
fecero ogni atto violento contro cose e persone,
e scempio delle fanciulle che persero la verginità e la vita. |
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MARTINA |
Io, nascosta sulla
soffitta di un granaio,
vidi tra le lacrime la somma degli orrori e vidi morire i miei cari a
cui, vi prego, nelle vostre preghiere date posto.
Di notte fonda, dopo non so quanto tempo in preda allo spavento,
quando le bestie paghe di cibo e violenza dormivano russando nella
piazza e nelle strade, uscii dal nascondiglio
e scappai da un piccolo abbaino verso il bosco
dove l'urlo dei lupi e il verso dello stupito barbagianni salutavano
il chiarore della luna. |
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LUCIA |
Qui, dietro il tronco
avvolgente d’una quercia annosa,
Martina mi vide rannicchiata e tremante.
Ero scampata come lei alla strage; come lei ero rimasta sola e giacevo
inerte
col vuoto negli occhi e nel cuore.
Ci abbracciammo forte e a lungo unite dallo stesso pianto,
dalla stessa malasorte. |
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MARTINA |
Non so descrivervi la
nostra condizione di sfinimento giacché ignoravamo quale fosse la
via della salvezza.
Invocammo la Madonna che si venera in un luogo chiamato Russano,
a monte di Vaglio, poco lontano dai resti dei Romani, e,
miracolo o illusione,
ci apparve un cane bianco che ci guidò e ci fece strada fino a voi.
Chiediamo soccorso e albergo, ci sono amici tormento e paura
e ci assalgono vampate improvvise che ci fanno temere
perfino la nostra ombra.
Un’ultima cosa e, poi, porrò fine al mio racconto:
dal mio nascondiglio udii il loro capo, un gran turco alto, di enormi
dimensioni,
far progetti di invadere la rocca di Potenza,
quindi, dirigersi verso la piana di Metaponto là dove s’insabbia il
biondo Basento.
Gherardo, padre santo, Gherardo del Signore,
aiutatemi, aiutateci contro i mori, i figli di Satana. |
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GHERARDO |
Vi prendo sotto la
protezione di Cristo, che conosce la sofferenza della croce.
Egli porgerà a voi la mano benedetta e vi guiderà nel cammino della
fede e della speranza.
Fatevi animo. E’ finito il vostro martirio, dolci creature di dolore. |
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Martina e Lucia escono; nella
stanza restano il vescovo Gherardo e il capitano delle guardie. |
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GHERARDO |
Capitano, non v’è
dubbio che nubi nere minacciano tempesta,
non v’è dubbio che una triste calamità è imminente;
non c'è tempo,
avvisate gli altri capitani e d’accordo predisponete un piano per la
resistenza.
Le porte siano serrate e gli armati tutti siano chiamati a difenderle;
alcuni siano disposti anche intorno alla cinta delle mura.
lo manderò corrieri ai conventi, ai notabili dei paesi vicini e
lontani
perché la terribile notizia si diffonda come vento,
che si leva lento sul nascere e, poi, si fa furioso e in breve investe
la pianura e i monti e scuote impetuoso le cime degli alberi.
Dilaghi e raggiunga ogni luogo, anche il meno esposto,
sì che gli inermi, vecchi, donne e bambini, possano trovare scampo
e gli uomini si preparino a lottare per la difesa del proprio
territorio o a correre in aiuto degli altri, secondo la bisogna. |
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CAPITANO |
Le circostanze
richiedono premura e avvedutezza, non c'è posto per indugi e
strategie infondate.
Un drappello di soldati invierò in ricognizione nel luogo indicato
dalle giovani, perché,
senza per questo togliere fede alle loro parole accorate,
il caso richiede indizi certi e precisi che ci facciano conoscere le
mosse del nemico.
Vi chiedo licenza, monsignore, devo lasciarvi. |
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GHERARDO |
Orsù, andate e Dio, il
Signore delle vittorie,vi assista.
Fate in modo che gli abitanti conoscano la verità.
Sappiano, pure, che il loro vescovo accoglierà nella curia quanti non
hanno riparo
e tutti quelli che vorranno trovare rifugio in cattedrale o nelle
chiese della sua diocesi.
Si preghi, si preghi: Dio è misericordioso. |
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Il capitano s'allontana. Gherardo
si genuflette di fronte ad un crocifisso. |
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GHERARDO |
Ecco, Signore, questa
è la prova che attendevo.
Su tua chiamata io sono qui,
dove hai voluto che portassi sostegno in tuo nome. |
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Agnese entra e, vedendo il vescovo
assorto in preghiera, resta in disparte. |
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AGNESE |
Ascoltalo, Signore.
È lontano dalla sua Piacenza, così ricca di storia e di costumi di
libertà, senza la sua famiglia,
i Della Porta, il cui emblema, il leone e l’aquila, indica dignità
d’antico lignaggio.
Fu la madre, donna pia e timorata, che lo avviò ai tesori del Vangelo.
Un giorno, recatosi a Bobbio,
nella basilica di San Colombano gli parve di vedere
una colomba radiosa che da un’ogiva dritta al cuore gli inviava una
luce.
Da allora non fu lo stesso:
un forte assillo occupava i suoi pensieri; nei suoi Sogni agitati
la stessa luce che lo aveva folgorato gli segnava una strada,
quella del sacerdozio.
Decise di seguirla, vincendo le lusinghe delle tentazioni e l’asperità
di intime lotte e di duri contrasti.
Lo mandarono in terre sconosciute, sempre più giù oltre Roma,
fin dove una fragranza inebriante di boschi di abeti, querce e
castagni saporosi
lo legò al posto dove i potentini lo aspettavano per tua volontà.
Quale il futuro della fanciulla piena di virtù che Gherardo
avrebbe voluto legare al suo destino?
La dolce Geltrude pianse sommessamente
quando conobbe il suo irrevocabile volere dopo la chiamata che l’aveva
sconvolto. |
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Ad Agnese appare Geltrude, come
visione lontana, frutto di immaginazione. |
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GELTRUDE |
Creatura di nobili
sacrifici è la donna, sempre indietro di due passi dal suo uomo.
Devota lo segue e ne sposa le scelte.
Avevamo vagheggiato di unire le nostre vite nel nome del Signore,
ma Questi ne chiese solo una per un suo progetto.
Il giorno della partenza venne a salutarmi ed io gli diedi un piccolo
sacchetto di terra.
“Non dimenticarti di noi, noi ti amiamo molto.
Tu, Gherardo, certo comprendi che impari era la lotta,
troppo potente l’avversario e troppo amato da entrambi.
Giuro che mai avrei osato misurarmi con Lui. Sia fatta la sua volontà,
cui adeguo la mia.
Dopo giorni di conflitti dolorosi ho capito che non ti ho perduto:
ti ho ritrovato più caro in un recondito spazio dell’anima
che trascende i limiti terreni.
Abbi cura di te.” |
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CORO |
Povera Geltrude triste
e sola!
La dolce Geltrude perse il sorriso: errabonda
di giorno inseguiva i raggi del sole tra le nuvole
e nei prati di fiori si facea ghirlande.
di notte, invece, sussurrava alla luna
la storia del suo sogno rapito.
Povera Geltrude, incantata dietro ai ricordi del suo amore!
Era d’autunno, in un mattino fumoso di nebbia, morì di struggimento
la povera Geltrude triste e sola. |
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GHERARDO |
In quest’ora così
difficile, Signore, non mi abbandonare;
se ho meriti ai tuoi occhi santi
per essermi fatto tuo servo senza limiti e riserve,
Ti prego aiutami perché io aiuti loro.
Essi hanno solo me e la tua protezione.
Nella tua magnanimità sconfinata concedimi che li salvi.
Non sono forti di armi né ricchi di sostanze e solo poche guarnigioni
difendono le porte che chiudono tutta a tondo la città.
Il giorno va avanti, tra poco cederà alla sera e con le ombre è più
facile l’inganno.
Te laudamus, Domine, salvator mundi. Amen. |
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CORO |
Lo elessero una
voce et una voluntate
loro pastore
e lo menarono dall’arcivescovo Pietro
ad Acerenza e in quella maestosa cattedrale
fu consacrato vescovo.
L'odore dell’incenso,
il freddo delle navate alte e lontane,
l’intenso salmodiare del coro:
commossa invocazione al Cielo
perché si aprissero le porte del Paradiso.
E nel cuore oli Gherardo una gioia calda,
ineffabile e un’offerta d’amore.
Gherardo è vescovo
Gherardo è illuminato dai Vangeli
Gherardo è della Chiesa
Gherardo è dei poveri e degli afflitti
Gherardo è nostro, Gherardo è di Dio.
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