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R. Zaza Padula

le OPERE

Potenza

.


GHERARDO DELLA PORTA
L'antica leggenda di un miracolo

Rachele Padula Zaza
 

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INDICE

 


A T T O   III°

 

   
   
CORO Sorge il sole appena velato di nubi.
Dalle cuntane non s'odono
i soliti rumori del risveglio.
Solo i soldati e le guardie
sono in fermento
mentre i capitani scandiscono
a voce alta e imperiosa gli ultimi ordini.
“Si concentrino le forze presso le porte.
La resistenza sia fino allo stremo.
Si avvisti opportunamente il nemico in modo che
ognuno si prepari ad accoglierlo
secondo le mansioni stabilite.”
   
AGNESE Monsignore, tutto è pronto per dir messa;
anche i paramenti sono già sistemati in sacrestia.
Mai la chiesa è stata così piena di fedeli alla celebrazione del mattino.
   
GHERARDO Vi raggiungo, sorella.
   
Agnese esce.
   
GHERARDO Nulla ha turbato il mio riposo e mi sento pronto alla prova.
Dopo la pena che nelle ultime ore mi ha assai
travagliato
sento nel cuore una calma inattesa, quella che segue in natura alla tempesta.
Mio Signore, non so se potrò ancora rimanere da solo con Te
e parlarti;
gli eventi incalzeranno,
le ore scorreranno frenetiche tra lo sconforto,
i soccorsi, le suppliche.
Ti invoco: dà a me il coraggio e la fede del Nazareno
che ha sopportato un supplizio atroce e inumano,
un’agonia lunga di lacrime e sangue
così dolorosa nei tendini strappati e nelle ossa spezzate.
Attraverso lo Spirito Santo infondi nelle mie parole la tua grazia,
sì che essa atterri l’ira del saraceno:
irrompa nel suo animo, smorzi la sua sete di devastazione,
ravvivi ricordi di innocenze perdute e lo disponga alla carità e alla pietà.
Egli, vinto, accetti di fermarsi sulla via del male,
torni alle imbarcazioni, risparmi la città e il contado.
Ove mai non dovesse piegarsi, si squarci il cielo sulla moltitudine dei mori
e dall’empireo lontano scenda la tua fiammante milizia celeste,
li abbagli, li disorienti,
li atterrisca di luce, li smarrisca,
li renda mansueti sì che tutti in ginocchio riconoscano la tua potenza.
Troppo Ti chiedo per i miei meriti;
la mia mente è turbata e si esalta: è tempo che la riconduca alla pacatezza.
Dio misericordioso, rivelato in Cristo, mi rimetto alla tua volontà ora e sempre.
   
In chiesa Gherardo, dopo aver celebrato la santa messa, palesa il suo proposito.
   
GHERARDO Miei cari, un estremo tentativo farò per allontanare la sventura che sta per abbattersi
su di voi, sui vostri figli, sulla nostra chiesa benedetta.
Affronterò il turco.
Fuori della porta mi fermerò nel posto più adatto all’incontro.
Mi vestirò di bianco con la stola ricamata in oro delle grandi feste liturgiche;
in una mano porterò il pastorale,
nell’altra un lungo ramo di ulivo benedetto nella domenica delle palme.
   
Si ode un intenso mormorio. Sono voci di sorpresa, consenso e disapprovazione.
   
CAPITANO È una follia.
Monsignore, la mia fede non è forte, anzi troppo spesso vacilla, ma sempre
ho rispettato e apprezzato la vostra opera.
In questa occasione, invece, non la condivido, non posso consentire
che andiate incontro a sicura morte. La vostra decisione è incauta,
data la terribile fama che precede il gran turco e i suoi guerrieri.
   
UN SOLDATO Vescovo, ritiratevi, non è tempo di rappresentazioni sacre.
A noi il compito delle armi, a voi spetta
il conforto dei deboli e la preghiera, anche se non ho mai sentito
che le preghiere abbiano sconfitto eserciti in assetto di battaglia.
   
UN ANZIANO Hanno ragione. Non è affare di Chiesa; la difesa presso le porte è pronta, le nostre milizie ci salveranno.
   
UNA DONNA Tacete. Non capire, il nostro vescovo è la nostra forza e il nostro rifugio.
Ho la certezza che il futuro dei nostri figli è nelle mani di Dio
attraverso l’intervento di Gherardo.
   
UNA MONACA Padre, non ci lasciate.
Temiamo molto per voi che siete il nostro sostegno morale e spirituale.
Senza di voi, che sarà di noi?
   
GHERARDO Comprendo tutti, anche le voci di dissenso.
A me l’arbitrio della scelta e la decisione è presa.
Un segno divino mi ha illuminato, questo vi sia di conforto
e vi dia coraggio nel processo degli avvenimenti.
Verrà con me padre Adelmo che porterà la croce lignea tanto venerata nella nostra cattedrale. ( Rivolgendosi a padre Adelmo)
Anche voi, Adelmo, indosserete una veste bianca,
così che le nostre figure risaltino nel declivio e tra il verde degli orti.
   
CAPITANO Permettete, almeno, che un drappello vi accompagni.
   
GHERARDO Sarebbe inutile.
Se da parte del turco ci sarà la volontà di oltraggiarci e di farci del male,
potrà farlo comunque, dato il numero dei suoi uomini.
   
Entra una guardia trafelata.
   
GUARDIA I mori! I mori!
Un fumo nero e denso si vede all’orizzonte
come quando bruciano le stoppie in una lunga fila di campi.
Già si vedono balenare le loro scimitarre e si scorgono
le sagome dei cavalli e degli armati delle prime file.
Tempo un’ora, forse meno, e avrà luogo l’assalto paventato
   
Un suono alto di trombe si leva dai bastioni delle porte. Le sentinelle avvertono che l’attesa è finita.
   
GHERARDO Dobbiamo andare. Vi lascio la mia benedizione.
Voglia Iddio che attraverso le nostre umili persone si attui il suo imperscrutabile disegno di salvezza.
   
CAPITANO Monsignore, ritengo che sia conveniente non serrare la porta
si che possiate più agevolmente ritirarvi
qualora il vostro incontro non dovesse sortire esito favorevole.
   
GHERARDO Sarebbe un errore imperdonabile.
Non lasciate che il nemico vi sorprenda impreparati e disposti a
facilitargli il compito.
   
CAPITANO Va bene.
Sappiate, però, che noi saremo vigili
ed al primo ostacolo proteggeremo il vostro rientro.
   
GHERARDO Se mai gli assalitori ce lo concederanno.
Adelmo, andiamo a prepararci.
   
La folla si assiepa sul sagrato.
   
CORO Gherardo passa tra la gente spaurita
seguito da Adelmo, il buon prete
che appare sereno e sorridente.
Tutti vogliono vedere. Piangendo,
baciano la croce scura di dolore
e le mani e la veste al loro vescovo.
Un attimo di esitazione presso la porta,
poi, fa cenno che sono pronti: si apra.
Un rumore stridente di chiavistelli rompe l’aria.
Gherardo è fuori. I due religiosi s'avviano
tra il verde sul terreno impervio.
       
GHERARDO Christe crucis nigrae ADELMO exaudi nos
GHERARDO Christe matris dolorosae ADELMO exaudi nos
GHERARDO Christe victor rnortis ADELMO exaudi nos
GHERARDO Christe triumphans ADELMO exaudi nos
GHERARDO Christe splendor mundi ADELMO exaudi nos
GHERARDO Christe lux angelorum ADELMO exaudi nos
GHERARDO Christe sanctorum omnium ADELMO exaudi nos
   
GHERARDO Che cos’è la santità?
Un rispondere al richiamo come gli Apostoli, un cedere al Padre,
un perdersi fra i sentieri del Cielo dimenticando gli affetti e i legami terreni?
Una scelta disumana o oltremondana?
O piuttosto l’ardire di voler somigliare a Cristo, amarlo sopra ogni cosa,
tanto da voler essere come Lui?
È rapimento, illuminazione, incanto, un vento forte che irrompe nell’animo e tutto Sconvolge e annulla,
spezza foglie e rami antichi,
ma rende le radici fertili a nuovi germogli?
È un segnale, una conquista?
Certo è un mistero e qualsiasi risposta inquieta.
   
ADELMO Per me la santità è amare Dio nel profondo del cuore e
rimettersi nulla condicione al suo volere, come fate voi, Gherardo.
   
GHERARDO Oh! Così fosse.
Forse la santità è più vicina a voi, Adelmo, alla vostra ingenuità, che a me con i miei dubbi
le mie incertezze e le mie veglie prolungate di preghiere e di invocazioni.
   
CORO Si fermano cauti mentre poco lontano
nitida si fa una fascia scura sormontata da polvere.
I saraceni avanzano a galoppo sfrenato
e il terreno freme quasi volesse spaccarsi.
Procedono in ordine sparso:
grande è il tumulto tra lo scalpitare, il vociare alto e rissoso,
il frastuono delle armature e delle bardature dei cavalieri,
i gridi di incitamento misti ai comandi;
una vera e propria baraonda.
Il rumore è assordante e tutto intorno sembra tremare.
   
GHERARDO Adelmo, udite quello che odo io?
È come se si aprissero le viscere della terra.
Nel mio cuore c’è una grande quiete, una rara serenità, come di chi sa che non è solo.
Provavo questi stessi sentimenti quando da fanciullo ero vicino a mio padre.
la stessa sicurezza, lo stesso senso di protezione, la stessa fierezza.
Iddio, nella sua sconfinata clemenza impedirà che il nemico ci atterri e ci calpesti indifesi.
   
GRAN TURCO Cos’è mai?
Vedo due ombre sul nostro cammino. Sono alberi recisi, animali o uomini?
O forse i miei occhi indeboliti dal sole che acceca,
dal rosso dei tramonti, dalla sabbia di arse pianure e desolate,
dal calore dei fuochi di bivacco si fingono visioni ingannevoli, immagini irreali?
Chiunque vorrà impedire l’assalto conoscerà la lama delle nostre spade.
Nulla ci fermerà: sia essere vivente o cosa inanimata.
   
Fa un cenno al suo luogotenente che gli si accosta.
   
GRAN TURCO Con una piccola scorta andate in avanscoperta: raggiungere quelle sagome lontane e tornate presto a ragguagliarmi.
   
Il luogotenente dopo un po’ torna e riferisce.
   
LUOGOTENENTE  È gente di chiesa. Sono in due, disarmati; credo vogliano trattare la resa.
   
GRAN TURCO Ah! Ah! Credono di farci desistere.
Si illudono.
Noi non rispettiamo regole comuni in guerra: per noi disonore è il non portare a termine gli obiettivi fissati.
La città sia messa a ferro e fuoco. Spesso in luoghi remoti come questo
si trovano ricchezze maggiori che altrove.
   
I turchi sono ormai vicini ai due santi uomini, che non arretrano di un passo.
   
GRAN TURCO Sono lì, immobili come statue, disposti a farsi sopraffare.
Travolgerli impietosamente, senza guardare i loro visi, senza ascoltarli,
o dare spazio alle loro parole e alle loro richieste,
non per questo cedendo al loro volere?
   
GHERARDO Ora è necessario il tuo intervento, Signore, padrone dell’universo,
fa’ che il turco avverta il tuo potere, fermi i suoi guerrieri e
apra il cuore alla pietà.
Adelmo, alzate ancor più la croce: il sole la incendi di luce.
   
GRAN TURCO Provo disagio a prendere una decisione; una sensazione indistinta
mi turba e mi toglie vigore.
Anche il mio cavallo dà segni di impazienza, quasi volesse ribellarsi.
Il farsi trovare qui in veste bianca è un segno di tregua.
Vogliono parlamentare.
Non è possibile uno scontro. Sono due e inermi: è più giusto accordare loro il diritto a un colloquio.
Troppo indegno sarebbe investirli brutalmente,
Allah non me lo perdonerebbe
e mi toglierebbe il favore alle imprese future.
Egli, però. deve aiutarmi a sedare l’ardore della turba che è al mio comando,
così eccitata e concitata al pensiero della lotta, delle stragi e del bottino.
Alzerò il braccio disarmato in segno di arresto, quindi,
farò suonare il corno forte e a lungo perché l’ordine arrivi in gradazione alle ultime file.
   
CORO Il suono del corno si leva altissimo, invade l’aria
e si diffonde fino alle colline circostanti.
Tirate fortemente le redini a sé comincia il condottiero a fermarsi,
poi, gli altri con enorme tumulto.
I cavalli, conficcati gli zoccoli nel terreno,
sembrano cadere all’indietro urtandosi tra di loro;
molti cavalieri vengono disarcionati.
Il fragore degli scudi che cadono per terra è assordante.
Quelli delle ultime file, nulla vedendo,
sono sbalorditi e si interrogano a vicenda su cosa sia successo.
Il gran turco, accompagnato dal suo luogotenente,
scende da cavallo e avanza verso i due messaggeri di pace.
   
GHERARDO Adelmo, alzate la croce quanto più è possibile.
È bene che la vedano in molti.
   
ADELMO La massa scura dei mori e il loro capo così ostile e tremendo
mi incutono un senso irrefrenabile di paura e un tremito scuote il mio corpo sì che
ho sollevato la croce, ma essa oscilla fortemente.
Ecco, il gran turco è qui.
   
CORO Sono uno di fronte all’altro.
Il santo vescovo, trepida colomba,
con in mano l’ulivo benedetto
e il turco, falco rapace,
armato di spada e di minacce.
La veste bianca del pio sacerdote
mossa nella sua leggerezza
dal vento sottile d’una tiepida stagione,
e di contro la corazza robusta di cuoio nero
coperta di borchie d’argento
che trasmette collera e furore.
Tutta la natura intorno sembra immobile,
attonita d’attesa.
Chi dei due soccomberà?
Il gran turco appare invincibile,
ha numerosi seguaci pronti all’offesa,
Gherardo è solo, ma ha l’aiuto del Signore
che ha vinto i limiti dell’umano.
Ed ecco che con ineffabile dolcezza
fissa il capo ottomano che è confuso
da quello sguardo pieno di carità.
Avverte uno strano fermento nel cuore
ne è attratto e infastidito allo stesso tempo;
mai egli, sempre forte di eserciti e di comando,
si era sentito così insidiato nella sua alterigia.
   
GHERARDO Gran turco ti benedico nel nome del mio Dio e ti vengo incontro per accogliere te e la tua gente con amore fraterno.
Il tuo dio, di cui credi il Cristo suo profeta, premia i guerrieri che combattono con onore in campo di battaglia,
non quelli che si accaniscono contro gli indifesi
e spargono soprusi, guasti, ruine e seminano morte e desolazione.
Non disperdere questa comunità i cui abitanti vivono in tranquillità e in giustizia.
Quale merito potrai avere dal distruggere le loro mense, i loro campi?
Quale dall’uccidere i loro figli? Quale scontro di forze può esaltarti?
Non è conquista che può inorgoglirti. Sono deboli d’armi.
   
GRAN TURCO Le tue parole suadenti, i tuoi occhi sereni fermi su di me, il tuo ardimento,
mi spingono ad accettare la tua preghiera.
Anche io ho bisogno di quietarmi l’animo.
Ma come può un condottiero che ha guidato fin qui le sue truppe
con promesse di prede e di vittoria
piegarsi e piegarle d’improvviso ad una tregua,
ad un patto?
Come piegare la loro furia e la mia intransigenza?
   
GHERARDO Il re dell’universo che sempre dovrà essere onorato, ha creato per tutti gli uomini
il sole, la luna, la pioggia e il firmamento
la neve e gli uccelli alati, il mare, i suoi meandri e i suoi mostri pieni di tentacoli,
il vento di tramontana, le nubi e la volta celeste.
A Lui vadano le nostre lodi come figli devoti.
Finiscano le divisioni, i conflitti, le incomprensioni che portano all’odio
e a lotte atroci e cruente.
Considera che siamo tutti fratelli con eguale destino di morte.
Dipenderà dalle nostre opere se andremo verso le tenebre o la luce:
questo pensiero ti incuori a compiere un atto di pietà.
   
GRAN TURCO Che il mio e il tuo Dio, nelle cui verità crediamo,
ci aiutino a rimettere nelle loro mani le nostre vite perché si compia il disegno
che essi hanno per noi.
Sono stanco di rapine e violenza. Un senso di spossatezza m’invade,
mi avvolge, mi impressiona.
Allah guidi la mia scelta, la sua saggezza mi appoggi e mi soccorra.
Ma voi perché siete usciti dalle mura con la croce?
   
GHERARDO La croce è simbolo di martirio e riscatto, di vittoria e salvazione.
Sulla croce è inchiodato il punto più alto della sofferenza umana.
Su di essa scorse il sangue benedetto del Cristo che morendo ha vinto il peccato,
che morendo ha riaperto le porte del paradiso.
Essa è arma potente in nome della passione e del dolore, dell’amore e della consolazione.
   
ADELMO Quale prodigio è questo?
Un raggio di soie intenso vince la foschia di qualche nube
e risplende su di voi e vi trasfigura, Gherardo.
Siete pura essenza, spirito senza corpo e la croce alle vostre spalle
è fuoco vivo, sostanza abbagliante ed ardente.
Vedo i turchi come affascinati,
tramortiti,
vinti da questo miracolo di luce.
Mio Dio, Dio mio, perdonami per essermi perso nella paura.
   
Il gran turco in quel lampo coglie il soprannaturale. Si inginocchia e bacia la mano a Gherardo.
   
GRAN TURCO E sia.
Ha vinto la tua santità. Risparmierò la tua città e la tua terra.
Da bambino, guidato dal padre e dalla madre,
nelle grandi moschee dilatate dal silenzio,
imparai la dottrina di Maometto, il profeta illuminato.
D’ora in poi,
vorrò tornare a quel respiro di cielo che mi teneva il cuore in pace.
   
GHERARDO Figliolo, e il cielo voglia ricondurti nella tua terra lontana,
dove mi dicono forte è la calura.
Prima di ripartire resta con noi qualche giorno
permettendo così che i potentini, che ora trepidi spiano l’esito del nostro incontro,
ti dimostrino gratitudine per non averli annientati.
Tu e i tuoi capitani sarete ospiti dentro le mura, i soldati, invece, potranno attendarsi intorno ad esse.
   
GRAN TURCO Volentieri mi fermerò. Questa è la volontà che scende dall’alto.
Sono pronto a seguirti.
Affiderò al mio luogotenente il compito di trasmettere l’ordine di accamparsi.
   
ADELMO A voi, padre Gherardo, nella volontà del Signore nostro salvatore e redentore,
la gloria di questo miracolo,
che per secoli e secoli sarà tramandato nei paesi, nelle campagne,
ovunque il nome di Dio sarà onorato e venerato.
Finché vivrò mai dimenticherò questo giorno fausto per Potenza,
per la Lucania tutta e per tutto il popolo dei fedeli.
   
CORO Il giorno appresso al meraviglioso accadimento
un suono di campane si leva alto nell’aria:
i rintocchi, che sembrano cadenze di preghiera,
confortano gli animi e li invitano alla gioia.
Per la sinuosa via che si snoda tra le case,
da Porta Antica alla porta d’occidente,
si celebra I’ evento straordinario,
il prodigio d’amore
che ha spezzato e battuto le forze del male.
La via e le cuntane sono drappeggiate
con coperte di seta e lini ricamati.
Tutti parlano del prodigio
e inneggiano al vescovo Gherardo,
la cui vita va celebrata a lode del Signore
che ha voluto compiacersi in lui.
La gente rimane fino a tardi nelle strade
illuminate da alti falò
che disegnano figure magiche sui muri.
Anche il buio della campagna circostante
è rotto dai fuochi dei turchi attendati.
Poi, nella notte si smorzano, perdendosi,
gli ultimi echi della festa.
   
E' una nuova alba. Si odono le voci dei contadini e degli artigiani che tornano al lavoro consueto.
I turchi sono allineati in ordine di partenza.
Sorella Agnese e padre Adelmo parlano nella sagrestia della cattedrale.
   
AGNESE Non ho ricordo di un’aurora così tersa, luminosa;
l’azzurro è incredibile, non c’è una nuvola fino alla linea scura dell’orizzonte
che segna i contorni dei monti e limita lo sguardo.
Solo per breve tratto s’interrompe
e l’occhio e la mente immaginano vie di fuga e di libertà.
I mori partiranno oggi, verso sera.
I cuori sono ancora in tumulto,
l’ansia passata crea un vuoto di pensieri,
un addensarsi di sentimenti tra scie di paura e fremiti di allegrezza
e su tutti lo stupore di ritrovarsi vivi.
Dio onnipotente, opera portentosa ha compiuto Gherardo:
nel suo miracolo il tuo segno.
   
ADELMO Egli spesso si è lasciato travolgere
dalle vicende di questa terra e dei suoi abitanti,
dalle loro necessità, dal loro abbandono, dalla loro ignoranza
e li ha amati, forse oltremisura,
fino a scegliere di immolarsi per la loro incolumità.
Essi hanno bisogno di difesa, di sostegno, di parole.
Nei loro patimenti ha visto lo spasimo di Gesù sulla croce,
nei loro volti il suo volto scuro di martirio.
O Signore, nel profondo del tuo mistero noi ci smarriamo e ci sentiamo indegni
di rivolgerci a Te ed esprimerti la nostra gratitudine per aver mandato tra noi
questo santo uomo, a guida dei nostri destini e delle nostre anime.
Sorella Agnese, allontaniamoci.
Lasciamo solo il nostro vescovo che è in preghiera.
   
Nella tenue ombra della sua stanza, Gherardo prega.
   
GHERARDO Pater noster, qui es in coelis,
umile servo mi prostro dinanzi alla tua magnificenza:
a Te la lode di questa impresa di salvezza,
a Te il sollievo degli innocenti illesi per tua intercessione,
a Te il pianto di gioia delle spose che gravide potranno nel parto doloroso
invocare Sant’Anna, la madre di Maria,
perché sciolga il loro grembo generoso,
a Te il sorriso dei bambini cui non è sottratta giovinezza.
A Te che nel Figlio incarnato hai voluto salvarci,
intenso si levi il rendimento di grazie
e un eccelso coro di osanna
dal popolo tutto, umili e potenti, e dalla Chiesa dei martiri e degli apostoli.
Sempre, ogni giorno, ogni ora,
da quando ho meditato la tua parola rivelata dai santi evangelisti,
ho desiderato vedere il tuo sembiante, mio Dio,
conoscere come nella tua dimensione assoluta
s’incarna Cristo e la sua offerta
e come nel tuo amore infinito arda la vampa dello Spirito Santo.
Non potendomi io con tutto il mio amore
elevarmi al di sopra della mia condizione umana,
confido nella tua misericordia,
affinché tu perdoni i miei peccati, riscatti le mie miserie
e ceda per un attimo alla tua grandezza
sì che io possa congiungermi con Te in un punto
ed avere la mirabile visione.
Pater noster, qui es in coelis.
fiat voluntas tua nunc et semper in saecula saeculorum. Amen.
   
Gherardo cade in ginocchio con le braccia a croce. È in estasi.

 

 

 

 

 

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