CAPITOLO
VIII°
EMIGRAZIONE DA SANT'ARCANGELO
1. GENERALITÀ
I santarcangiolesi preferivano emigrare nell'America del sud piuttosto che
in altri Paesi, anche a causa del loro scarso spirito di avventura; in
Argentina vi era già un amico o un compaesano che li avrebbero ospitati
volentieri, mentre negli Usa o negli altri paesi, verso i quali pur se
con difficoltà era possibile emigrare, non si era ancora stabilito alcun
conoscente. Solo in pochi approfittarono successivamente della
possibilità di emigrare in altri Stati e non a caso, in altri continenti
vivono soltanto piccoli gruppi di santarcangiolesi ormai dimenticati.
Emigrando soprattutto verso l'Argentina essi mostravano così il volto
atavico di persone poco amanti di novità, di spirito di sacrificio e di
nuove e originali avventure personali di vita; tuttavia, non risultava
facile affrontare una emigrazione in un Paese così lontano come
l'Argentina, il cui biglietto di viaggio era molto costoso e
raggiungibile a bordo di piroscafi dopo un mese di navigazione e, a
volte, anche di più. Oltre all'atto di "richiamo" obbligatorio, era
necessario possedere i soldi sufficienti per l'acquisto del biglietto
per il lungo viaggio da affrontare per mare; era necessario sottoposti
pure alle numerose autorizzazioni degli organi competenti a concedere
l'espatrio.
Prima dell'imbarco, da effettuarsi nel porto di Napoli, era obbligatorio
-per lo più- sottoporsi ad una estenuante visita medica presso le
autorità sanitarie della città partenopea; tale visita, che era molto
accurata, non costituiva solo una prassi amministrativa o una semplice
formalità di rito. I controlli, infatti, portavano alle volte alla luce
alcune situazioni sanitarie che non permettevano il tanto sospirato
viaggio: la tubercolosi e le malattie contagiose degli occhi risultavano
fra i più diffusi motivi di esclusione. Una semplice congiuntivite, vera
o falsa, un tracoma erano causa di esclusione del visto, così alcuni
sanitari addetti alle visite mediche degli emigranti trovavano il modo
per poter speculare sulle già misere condizioni dei passeggeri. Non fu
raro il caso in cui si era costretti a cercare raccomandazioni o offrire
ai medici preposti al servizio sanitario regali sottobanco, soldi o
scorte alimentari preparate per il lungo viaggio. D'altra parte erano
frequenti i casi in cui, non avendo nulla da offrire ai medici per
facilitare il nulla osta al viaggio, veniva rimandato il sospirato
imbarco ad altra data.
Nel caso in cui si trattava di un intero nucleo familiare in partenza per
l'Argentina e per alcuni veniva riscontrato uno stato di malattia che
rappresentava un insormontabile intoppo, il viaggio si interrompeva
mentre per gli altri proseguiva regolarmente; gli interessati per i
quali i medici avevano riscontrato qualche malattia, restavano da soli
in Italia, anche se si trattava di figli molto giovani; essi venivano
tuttavia aiutati dai parenti a superare le difficoltà burocratiche.
Così, chi restava in Italia veniva ospitato da amici o parenti o si
recava in albergo per attendere l'imbarco in uno dei successivi viaggi
per l'Argentina.
2.
DALLA DECISIONE DI EMIGRARE ALLA PARTENZA
Se la
partenza interessava una intera famiglia, la decisione di emigrare era
seguita inevitabilmente dalla domanda: come ottenere tutto il denaro
necessario per l'acquisto dei biglietti di viaggio?' Quando non vi erano
possibilità economiche sufficienti si ricorreva al prestito contratto
fra i compaesani, amici o parenti che risiedevano in Argentina, con la
semplice promessa sulla parola della certa restituzione; altro sistema
per realizzare il viaggio consisteva nel vendere -in caso di possesso-
ogni proprietà della famiglia: case, terreni e suppellettili. L'atto
pubblico di vendita, pur trasferendo la proprietà, prescriveva
l'usufrutto della casa a favore dei vecchi proprietari fino al giorno
della loro partenza; anche il letto rimaneva in uso dei venditori fino
all'ultimo istante di permanenza al paese. Fra le suppellettili
restavano di proprietà degli emigranti due bauli e il materasso che
portavano con se al momento di intraprendere il lungo viaggio: una
povertà eloquente!
Naturalmente, dalla decisione di emigrare alla partenza vera, vi era un
lungo periodo di tempo durante il quale i venditori riuscivano a trovare
gli acquirenti da cui venivano soddisfatti quasi del tutto, senza essere
costretti a svendere eccessivamente le loro misere proprietà: lo scopo
degli emigranti era di riuscire a realizzare il denaro sufficiente per
affrontare almeno il viaggio in tranquille condizioni economiche. Una
volta deciso di lasciare il proprio paese, la partenza era quanto di più
triste si potesse immaginare: "si sapeva che solo difficilmente quei
cari che partivano sarebbero ritornati al paese natio e alle loro
abitudini: veramente in quei casi, era valido l'antico proverbio che
paragona la partenza al distacco supremo della morte. Gli emigranti
partivano in genere di mattina presto dopo una notte passata come in una
veglia funebre fra parenti ed amici; poi caricavano i sacchi e i bauli
sulle bestie da soma, perché il paese senza ferrovia e senza strade fino
agli anni Trenta, non aveva alcun trasporto pubblico e si andava alla
stazione più vicina, Pisticci (MT), ad attendere il treno che li avrebbe
portati a Napoli. Si salutavano parenti ed amici, si benedicevano i
bambini e si consolavano le mogli che dovevano inevitabilmente rimanere
nella solitudine a lottare contro la miseria.
Nell'imminenza del viaggio, la casa dei partenti era meta di continue
visite di amici e parenti che offrivano in regalo per amicizia, ma anche
per un affettuoso ricordo, i prodotti della terra o provviste non
deperibili (salame). Altri prodotti venivano affidati anche con la
richiesta di portarli in regalo, loro tramite, ad altri amici o parenti
già emigrati. Il clima di tali visite era funereo perché tutti avevano
la consapevolezza che l'imminente distacco sarebbe stato definitivo e,
date le distanze, forse mai, per tutta la vita, sarebbe stato possibile
rivedersi. Il giorno della partenza, il giorno dell'addio con l'amico
d'infanzia o con l'amato parente, risultava simile al distacco con un
proprio congiunto di cui si celebravano i funerali. Si formava un lungo
corteo che accompagnava i partenti fino alla periferia del paese
-Santantuono- dove avvenivano strazianti scene di addio.
Abbracci, baci e pianti sembravano rievocare la morte di un congiunto
caro. In realtà il congiunto o l'amico, con il quale era stato diviso un
lungo periodo della propria vita, partiva per non ritornare mai più:
partiva verso un futuro di cui non si aveva alcuna reale prospettiva, ma
solo speranze per una esistenza meno triste e meno povera. I parenti e
gli amici più intimi accompagnavano coloro che partivano, fino al
postale che li portava alla stazione ferroviaria di Ferrandina o
Montesano e da qui, con l'unico treno della sera, raggiungevano la città
di Napoli. I bagagli a mano venivano portati al postale per mezzo di un
asino o con un mulo dai parenti più stretti, contenevano gli indumenti
da usare nei trenta giorni di viaggio e il cibo per sfamarsi fino
all'imbarco racchiuso in una capiente "vertola" una borsa fatta di tela
tessuta al telaio, o "stiavuccio", un grande strofinaccio da cucina
opportunamente ripiegato. Non mancava il gomitolo di lana che sarebbe
servito a lasciare un capo al parente che li accompagnava alla partenza.
I bagagli più pesanti e voluminosi, invece, nei giorni precedenti venivano
trasportati con camion a Napoli e poi imbarcati sul bastimento diretto
in Argentina. Il campionario dei bagagli era generalmente costituito da
un materasso di lana con alcune coperte avvolte fra di loro e due bauli
contenenti corredo ed indumenti personali. Il materasso di lana era
particolarmente adatto per trasportare al suo interno le provviste, il
salame, il baccalà, il formaggio pecorino, le cipolline, le mandorle e i
prodotti tipici santarcangiolesi inviati dai compaesani ai congiunti
emigrati. Le derrate servivano per essere consumate appena arrivati nel
nuovo Paese perché, oltre al richiamo ottenuto, gli emigranti non
avrebbero trovato nulla di soddisfacente se non una baracca di legno e
un misero giaciglio per dormire e l'occasione per svolgere umili lavori.
A Santantuono (rione di Sant'Antonio Abate dal quale iniziava la strada
rotabile) si consumava l'atto di addio con gli strazianti saluti dei
parenti che davano l'ultimo sguardo ai congiunti che forse non avrebbe
mai più rivisti.
Nel caso della partenza di donne che raggiungevano i propri mariti già
emigrati -essendo prive di compagnia maschile- un solo famigliare
accompagnava le partenti fino a Napoli2. Assicurandosi che tutte le
operazioni doganali non provocassero alcun ulteriore intoppo, dopo il
malinconico saluto dalla nave da parte delle migliaia di emigrati che
lasciavano il proprio paese in cerca di maggiori fortune, il congiunto
ritornava anch'egli tristemente a casa. A volte, però, ritornavano
entrambi a causa di veri o falsi motivi sanitari per cui non era stato
possibile effettuare l'imbarco a breve scadenza.
3. I
CONTATTI EPISTOLARI
I
santarcangiolesi che erano più legati alla famiglia e che erano riusciti
ad ottenere evidenti vantaggi economici dal loro lavoro nel lontano
paese, oltre a sottoporsi ad estenuanti viaggi di ritorno per nave, che
a causa del mare agitato a volte duravano anche più di trenta giorni per
raggiungere l'Italia, tenevano frequenti contatti epistolari; poiché la
posta viaggiava per nave, ogni lettera impiegava almeno due-tre mesi per
giungere la destinazione. Le mogli, in costante ansia, ogni mattina si
sottoponevano al rituale dell'attesa del postino, fermandosi agli angoli
strategici dei vicoli o davanti casa "sope o strechielle", presso le
proprie abitazioni. Quasi tutte erano analfabete e per conoscere il
contenuto delle attese lettere era necessario attendere la sera affinché
ritornasse dalla campagna la persona amica che abitualmente godeva della
propria fiducia, era capace di mantenere la segretezza, intratteneva la
corrispondenza con il congiunto emigrato; altre donne avevano la fortuna
di rivolgersi ai signori del paese, sempre liberi e pronti in qualsiasi
momento a leggere le lettere altrui. Le missive riferivano, fra l'altro,
delle esperienze fatte nel corso del duro viaggio affrontato per mare.
Il viaggio per raggiungere l'Argentina con la nave costava moltissimo e
gli emigrati coniarono una suggestiva espressione: "I miei soldi se li
mangia l'acqua del mare"; i più nostalgici, coloro i quali preferivano
visitare periodicamente i propri familiari in Italia, non riuscivano a
racimolare neppure i soldi necessari per far ritorno in America. Così
tale situazione li rese consapevoli, nonostante l'emigrazione, della
loro sempre evidente povertà per cui gran parte degli emigrati decisero
di vendere ogni loro proprietà e far espatriare con sé tutta la
famiglia. Innescarono così un processo a catena che, attraverso
l'obbligatoria procedura del "richiamo", favorì il fenomeno
dell'emigrazione verso l'Argentina per reagire alle condizioni di
estrema povertà cui era sottoposta tutta la popolazione contadina. La
crisi socio economica italiana raggiunse il suo apice nel secondo
dopoguerra e il Governo italiano riuscì a concludere accordi di
emigrazione con molti Paesi del mondo: con l'Argentina, che continuava a
richiedere manodopera in tutti i settori produttivi.
4.
L'INTEGRAZIONE CON "IL NUOVO MONDO"
Non tutti
gli emigrati santarcangiolesi riuscirono a tenere solidi rapporti
epistolari con la propria famiglia rimasta al paese; alcuni non diedero
nessun segno della propria esistenza in terra straniera e fecero perdere
per sempre le proprie tracce. Arrivando in Argentina, alcuni non
trovarono condizioni di proprio gradimento; anzi si trovarono di fronte
a condizioni di vita misera, disumana, disagevole e trovarono un
ambiente di lavoro ostile e deludente. Solo in pochi si inserirono
vantaggiosamente nel mercato del lavoro di quel lontano Paese. I lavori
disponibili erano di tutti i tipi, ma i santarcangiolesi in Argentina
preferirono svolgere prevalentemente mansioni di manovali in edilizia e
di sarti. I più intraprendenti, pur svolgendo un lavoro umile,
preferirono fare i bottiglieri per lavorare autonomamente in proprio, ma
anche perché era un lavoro molto redditizio, da svolgere con l'ausilio
di un semplice carro che l'uomo trascinava lentamente dietro di sé.
Raccoglievano in giro per la città di Buenos Aires e pagavano a prezzi
convenienti alle varie famiglie le bottiglie di vetro usate, ma anche i
giornali, oggetti in bronzo, ferro, piombo ed altro materiale in disuso
con lo scopo di rivendere il tutto ai grossisti, i quali lo riciclavano.
Anche alcuni santarcangiolesi diventarono ottimi e stimati grossisti,
invidiati dai compaesani sia in Argentina che da coloro che vivevano nel
paese originario a causa delle migliorate condizioni di vita della
famiglia rimasta al paese.
A seguito degli accordi economici sull'emigrazione fra Italia ed
Argentina, il viaggio divenne gratuito, per chi lo desiderava; i
piroscafi si affollavano di gente in cerca di fortuna. La disoccupazione
in Italia era alle stelle e per tutti c'era uno spiraglio di speranza:
forse emigrando in Argentina la qualità di vita sarebbe stata migliore.
Da Sant'Arcangelo emigrarono singole persone e intere famiglie; con le
difficoltà e la vita disagevole, nel nuovo mondo avvenne anche il
processo di integrazione.
Lentamente si compì anche l'assimilazione culturale, anche se pure in
Argentina i santarcangiolesi preferirono avere un angolo di nostalgia
tutto per loro, un angolo per sognare la terra lontana. Ecco che a
Buenos Aires, Cordoba, Mar del Plata, essi partecipavano con profonda
fede a feste e processioni religiose in onore dei santi venerati al
proprio lontano paese: San Rocco, San Michele. Ad opera di benefattori
paesani venne costruita una associazione con chiesa annessa, dedicata a
S. Michele, nella quale per lungo tempo fu organizzata ed ancora si
organizza una piacevole e semplice festa (la sua costruzione venne
promossa direttamente da un emigrato santarcangiolese su un terreno di
sua proprietà). Nel frattempo nacquero pure altre iniziative importanti
così la festa di S. Michele la quale viene officiata nelle ricorrenze
che era occasione di incontri, di rimpianti e di nostalgie.
5. DATI
STATISTICI SULL'EMIGRAZIONE
L'emigrazione da Sant'Arcangelo prese corpo in tutta la sua tragica
dimensione; qui come altrove, si trattò di un abbandono in massa dal
paese natio, di una protesta contro le condizioni di vita e di lavoro
offensive alla dignità umana, in cui la popolazione si trovava da secoli
perché sfruttata dalle autorità che si erano succedute. D'altronde qui,
come in tutta la Basilicata, non vi erano scioperi, non vi erano
associazioni sindacali, non vi era alcuna forma di lotta (chi era
scontento se poteva, andava in America, se no, si rassegnava a
soffrire). Così l'unica forma vibrante di protesta, di rivolta contro il
sottosviluppo e la miseria che rimaneva ai contadini era l'espatrio. Ad
emigrare infatti furono proprio i contadini, sempre più miseri e
sfruttati, gli artigiani, che solo raramente riuscivano ad unire al
magro reddito del loro mestiere i frutti di qualche misero campo
coltivato.
Anche i santarcangiolesi si fecero dunque trasportare dal desiderio di
migliorare una vita troppo sacrificata e troppo insoddisfacente che
portava in molti casi alla disperazione; ma la possibilità di poter
cambiare il modo di vivere se da un lato allietava ed entusiasmava gli
animi, dall'altro creava non poche paure ed incertezze. La decisione di
emigrare infatti non era certo facile: gli emigranti non solo erano
poveri ma anche completamente impreparati alla vita che li attendeva e
nella maggior parte dei casi analfabeti; si partiva verso un avvenire
incerto, pieno di speranza ma con l'animo ricolmo di tristezza.
Questa ricerca sull'emigrazione da Sant'Arcangelo si sofferma in
particolare su due periodi: nell'undicennio 1926-1936 e nell'undicennio
1948- 1958. Tale ricerca trova fondamento nelle richieste di passaporto
che sono custodite presso l'Archivio Comunale di Sant'Arcangelo.
Analizzando questi due undicenni possiamo approfondire la conoscenza dei
caratteri peculiari di questa emigrazione.
Tab. 1
- Emigrazione da Sant' Arcangelo (Potenza)
ANNO |
MASCHI |
FEMMINE |
MIN 15 AN.* |
TOT. |
1926 |
40 |
6 |
/ |
46 |
1927 |
75 |
12 |
/ |
87 |
1928 |
28 |
17 |
/ |
45 |
1929 |
36 |
26 |
1 |
63 |
1930 |
37 |
15 |
/ |
52 |
1931 |
29 |
25 |
2 |
54 |
1932 |
13 |
10 |
/ |
23 |
1933 |
1 |
2 |
3 |
6 |
1934 |
/ |
3 |
2 |
5 |
1935 |
2 |
5 |
5 |
12 |
1936 |
/ |
4 |
5 |
9 |
Tot. und. |
261 |
125 |
18 |
404 |
*Non se
ne distingue il sesso
Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)
Tab. 2
- Emigrazione da Sant' Arcangelo 1948-1958. Distinzione per sesso
ANNO |
MASCHI |
FEMMINE |
MIN..
15
AN.* |
TOT.. |
1948 |
42 |
24 |
9 |
75 |
1949 |
60 |
25 |
12 |
97 |
1950 |
44 |
26 |
6 |
76 |
1951 |
29 |
45 |
4 |
78 |
1952 |
58 |
44 |
6 |
108 |
1953 |
13 |
14 |
10 |
37 |
1954 |
45 |
22 |
8 |
75 |
1955 |
42 |
28 |
11 |
81 |
1956 |
38 |
44 |
9 |
91 |
1957 |
44 |
29 |
13 |
86 |
1958 |
10 |
22 |
6 |
38 |
Tot. und. |
425 |
323 |
94 |
842 |
*Non se
ne distingue il sesso
Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)
Tab. 3
- Emigrazione da Sant' Arcangelo (PZ) 1926-1936. Distinzione per stato
civile
ANNO |
CONIUG.. |
CELIB.. |
CONIUG.. |
NUBILI |
TOT. |
1926 |
32 |
8 |
6 |
/ |
46 |
1927 |
58 |
17 |
9 |
3 |
87 |
1928 |
20 |
8 |
11 |
6 |
45 |
1929 |
25 |
11 |
18 |
8 |
62 |
1930 |
28 |
9 |
9 |
6 |
52 |
1931 |
19 |
10 |
17 |
8 |
52 |
1932 |
10 |
3 |
8 |
2 |
23 |
1933 |
1 |
/ |
2 |
/ |
3 |
1934 |
/ |
/ |
3 |
/ |
3 |
1935 |
2 |
/ |
4 |
1 |
7 |
1936 |
/ |
/ |
3 |
1 |
4 |
Tot. und. |
195 |
66 |
90 |
35 |
384 |
Fonte:
Archivio Comunale di Sant Arcangelo (PZ)
Tab. 4
- Emigrazione da Sant' Arcangelo 1948-1958. Distinzione per sesso
ANNO |
MASCHI |
FEMMINE |
TOT. |
CONIUG.. |
CELIBI |
CONIUG.. |
NUBILI |
1948 |
28 |
14 |
19 |
5 |
66 |
1949 |
42 |
18 |
19 |
6 |
85 |
1950 |
25 |
19 |
20 |
6 |
70 |
1951 |
21 |
8 |
29 |
16 |
74 |
1952 |
46 |
12 |
35 |
9 |
102 |
1953 |
10 |
3 |
12 |
2 |
27 |
1954 |
40 |
5 |
19 |
3 |
67 |
1955 |
35 |
7 |
21 |
7 |
70 |
1956 |
30 |
8 |
33 |
11 |
82 |
1957 |
35 |
9 |
21 |
8 |
73 |
1958 |
9 |
1 |
10 |
12 |
32 |
Tot. uncl. |
321 |
104 |
238 |
85 |
748 |
6.
DISTINZIONE PER SESSO E STATO CIVILE: I PRIMI A PARTIRE
Dalla
distinzione per sesso, si comprende facilmente che i primi a partire
furono gli uomini (tab. n. 1), nella parte coniugati (tab. n. 3 e tab.
n. 4). Partirono per prima forse i più intraprendenti, forse i più
disperati lasciandosi dietro i più timorosi e dubbiosi; poi seguirono
gli altri, sempre più numerosi, invogliati dall'esempio dei compaesani e
dalle lettere che arrivavano da chi aveva già trovato una sistemazione
nella lontana America. Spinti dalla necessità, partirono dunque per
prima gli uomini di età centrale, compresa tra i 15 e 45 anni. Questo
naturalmente portò non poche conseguenze negative per il paese in quanto
ne modificò la composizione: rimase orfano infatti, dei più giovani e
dunque dei più validi che abbandonarono i loro mestieri per andarne a
svolgere altri magari mai svolti. Infatti la composizione
dell'emigrazione per sesso ha conosciuto varie fasi: solo con il passare
degli anni aumentò emigrazione femminile. Ed in seguito aumentò (come si
può osservare nella tab. n. 4) anche l'emigrazione di interi gruppi
familiari rispetto agli emigranti isolati: è questo indice di
ricomposizione del nucleo familiare all'estero ad allentare i rapporti
con la madrepatria. Le donne quindi furono chiamate solo dopo che gli
uomini avevano trovato una sistemazione adeguata.
È questo uno degli elementi negativi della prima emigrazione tutta
maschile: cioè il dramma sociale che vivevano le famiglie di coloro che
partivano da soli. Le giovani mogli rimanevano in paese sole a
dibattersi per sostenere i figli in tenera età. Ella nella trepida
attesa del marito, stava sempre a rammendare i loro vestiti, a cucire
toppe su toppe, cercava di risparmiare su ogni spesa, ma il necessario
era indispensabile e doveva pensare al modo come sfamare i suoi figli;
si adattava così a raccogliere erbe selvatiche che cucinava con i
legumi. Dovevano passare mesi dalla partenza del marito prima che
ricevesse la lettera che le comunicasse buone notizie, mentre
l'accompagnava la speranza di ricevere qualche soldo da restituire allo
strozzino perché altrimenti le avrebbe preso anche l'orto. Queste donne
furono dette vedove bianche; infatti, oltre a sostenere il peso della
casa, la donna, doveva sostenere anche la censura implacabile
dell'ambiente: il paese vede giudica chiacchiera; la gente osserva spia
e riporta, critica, invidia è pronta a gioire delle altrui disgrazie,
perché già soffre per le proprie. Ella conduce una vita avara di
affetti; e per il timore e il giudizio della gente e per il bene dei
figli accoglie il marito dopo anni di assoluto silenzio; vorrebbe
scacciarlo ma non riesce a tradire la religiosa usanza del matrimonio
indissolubile se non con la morte. Capitava infatti anche che chi non
riusciva a guadagnare, si rifaceva una famiglia con qualche donna del
posto portando così riflessi negativi sulla famiglia rimasta in Italia.
Nei paesi dove gli emigranti sopraggiunsero, l'aumento della popolazione
atta al lavoro, portò maggior sviluppo economico e conseguentemente
anche espansione della domanda di lavoro. Gli emigranti santarcangiolesi
hanno dato un notevole contributo in questo senso, come tutti gli altri
emigranti, sono stati fonte di ricchezza per i paesi che li hanno
ospitati. Essi infatti, in conseguenza della loro personalità hanno
pensato solo a lavorare e risparmiare.
Gli italiani scriveva il periodico "il Proletario" nel 1905, vengono in
America con la sola intenzione di accumulare denaro; vivono come le
pecore... Il loro sogno, la sola cura è il gruzzolo di denaro che vanno
faticosamente ingrossando, e che darà loro dopo 20 anni di privazioni,
la possibilità di una tiepida vita nel paese natio". Niente rispecchia
di più il carattere dell'emigrante santarcangiolese: egli è scontroso,
un po' appartato, schivo di mettersi in mostra, modesto umile ed
orgoglioso, desideroso di lavorare e di apprendere. L'unica ricchezza
che portava con sé era la forza delle braccia e l'intelligenza. E questo
era quanto chiedeva in particolare la società americana, la quale
affidava agli emigranti incolti e senza mestiere i lavori pesanti e
negletti dagli altri. Ma a loro poco importava del disprezzo dei
cittadini americani, per la loro lingua, il loro accento, la loro
ignoranza. Ossessionato dal risparmio sacrificava anche il riposo e a
volte faceva venir meno anche quel pudore custodito nel paese natio.
7.
DISTINZIONE PER PROFESSIONI: L'ABBANDONO DEL VECCHIO MESTIERE DI
CONTADINO
Dai dati
che riguardano entrambi gli undicenni sottoposti alla ricerca, si evince
che l'esodo massiccio verso le Americhe ha interessato tutto il mondo
del lavoro santarcangiolese ma coloro che emigrano sia nel I che nel II
dopoguerra furono in maggioranza contadini e quindi si trattò di una
vera e propria fuga dai campi; l'emigrazione da Sant'Arcangelo, ma come
da tutti i paesi del sud, nasce e si consolida sulla dissoluzione del
mondo contadino si cui si basava l'economia del paese.
Tab. 5
- Emigrazione masch. da Sant' Arcangelo (Potenza)
ANNO |
CONT.NO |
FABBRO |
MURAT. |
CALZ. |
FALEG. |
ALTRO |
1926 |
29 |
2 |
1 |
3 |
1 |
4 |
1927 |
40 |
4 |
6 |
7 |
3 |
6 |
1928 |
20 |
2 |
4 |
1 |
/ |
1 |
1929 |
25 |
1 |
5 |
3 |
1 |
1 |
1930 |
30 |
1 |
3 |
2 |
/ |
1 |
1931 |
22 |
3 |
2 |
1 |
/ |
1 |
1932 |
9 |
/ |
2 |
1 |
/ |
1 |
1933 |
1 |
/ |
/ |
/ |
/ |
/ |
1934 |
/ |
/ |
/ |
/ |
/ |
/ |
1935 |
2 |
/ |
/ |
/ |
/ |
/ |
1936 |
/ |
/ |
/ |
/ |
/ |
/ |
Tot. Und. |
178 |
13 |
18 |
18 |
5 |
15 |
*Comprendiamo nella stessa categoria del contadino, il gualano, il
salariato fisso, il bracciante giornaliero, il conduttore in proprio.
Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)
Sono i
figli dei contadini, o contadini stessi, a partire cercando con il
mutamento dello stato una promozione sociale; la famiglia dell'emigrante
è quasi sempre molto numerosa: è composta da almeno sette o più membri
che avevano poche possibilità di vivere una vita dignitosa in quanto il
lavoro era troppo sacrificante e rendeva ben poco. Abbiamo incluso nella
categoria dei contadini anche i braccianti, i salariati fissi, i
pastori; tutte attività legate alla terra, terra che nonostante le
fatiche di chi la coltivava non era per niente generosa e costringeva
alla miseria (a questo non si è mai posto rimedio con convinzione e
razionalità e compiutezza).
I frutti della terra erano veramente meritati dal contadino che con
parsimonia e rassegnazione alla fatica, insisteva nel coltivarla con
antichi metodi in modo da riuscire a guadagnare per vivere. Emigrando in
America, il contadino abbandonava il suo vecchio mestiere per andarne a
svolgerne altri che erano già stati rifiutati o scartati da altri
immigrati, molte volte i più umili.
Tab. 6 - Emigrazione masch. da Sant' Arcangelo (Potenza) 1948-1958.
Distinzione per professionisti.
ANNO |
CONT.NO |
FABBRO |
MURAT. |
C
ALZ. |
FALEG. |
ALTRO |
1948 |
28 |
3 |
4 |
6 |
3 |
/ |
1949 |
47 |
2 |
5 |
3 |
3 |
/ |
1950 |
22 |
2 |
6 |
4 |
3 |
/ |
1951 |
24 |
/ |
1 |
1 |
2 |
1 |
1952 |
39 |
3 |
3 |
1 |
3 |
8 |
1953 |
19 |
/ |
/ |
1 |
/ |
/ |
1954 |
38 |
1 |
2 |
1 |
1 |
3 |
1955 |
33 |
1 |
1 |
2 |
2 |
3 |
1956 |
27 |
/ |
/ |
/ |
/ |
5 |
1957 |
31 |
3 |
2 |
2 |
/ |
3 |
1958 |
8 |
/ |
1 |
1 |
/ |
/ |
Tot. Und. |
308 |
15 |
29 |
22 |
19 |
24 |
*Comprendiamo nella stessa categoria del contadino, il gualano, il
salariato fisso, il bracciante giornaliero, il conduttore in proprio.
Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)
È risaputo
infatti, che le donne meridionali accettavano i lavori più pesanti e più
malpagati. Partono dunque prima i piccoli affittuari che conducevano i
terreni a "terratico": è questa una forma di piccolo affitto a grano e
cioè una famiglia di lavoratori assumeva in affitto una certa estensione
di terreno, generalmente nudo e di non grande estensione, ne esercitava
la coltura di proprio conto e corrispondeva al proprietario una quantità
fissa di grano per ogni unità di terreno. Ma il piccolo affittuario non
riusciva neppure ad assicurarsi un compenso adeguato al lavoro
personale; d'altronde egli non poteva apportare alcun miglioramento sul
fondo oltre che per la brevità del contratto anche per esplicito divieto
imposto dal proprietario alla semina di determinati prodotti, alla
costruzione di capanne o all'impianto di piantagioni. Non c'è da
meravigliarsi dunque se i primi a partire sono i terraticanti. Ma ben
presto anche gli artigiani cominciarono a seguire i contadini nella via
per l'America e questo perché la domanda di manifatture era sempre
minore: la depressione dei livelli di vita delle masse contadine e
popolari impoveriva sempre più la loro domanda che si concentrava sulla
mera sussistenza.
Tab. 7-
Emigrazione femm. da Sant' Arcangelo (Potenza) 1948-1958. Distinzione
per professionisti.
ANNO |
CONTADINA |
CASALINGA |
ALTRO |
1948 |
6 |
9 |
/ |
1949 |
11 |
13 |
11 |
1950 |
12 |
14 |
/ |
1951 |
27 |
17 |
1 |
1952 |
19 |
24 |
1 |
1953 |
9 |
5 |
/ |
1954 |
10 |
12 |
/ |
1955 |
16 |
12 |
/ |
1956 |
20 |
19 |
5 |
1957 |
20 |
9 |
/ |
1958 |
15 |
7 |
/ |
Tot. Undic. |
165 |
165 |
18 |
Fonte:
Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)
I mestieri
più diffusi e più semplici come il calzolaio ed il sarto, furono in
crisi proprio perché il popolo ben si guardava dallo spendere qualche
lira in più per farsi un abito nuovo o un paio di scarpe nuove. C'erano
altri bisogni di prima necessità che avevano la precedenza. Così gli
artigiani, pur essendo molto capaci nel loro mestiere, furono costretti
ad abbandonarlo perché non in grado di vivere con il poco lavoro che gli
affidava qualche "signorotto" del paese. Il contadino, molto parco nel
vestire, aveva poco bisogno di abiti nuovi in quanto non conduceva
alcuna vita sociale; la sera, dopo una giornata di lavoro l'unico
desiderio era quello di riposare. L'abito nuovo si faceva cucire solo in
rarissime occasioni, in genere il matrimonio, che poi vestiva nei
restanti giorni della sua vita.
Infatti, ad interrompere ogni tanto la monotonia dei consueti lavori nei
campi e a dare un po' di riposo, a portare un'atmosfera diversa, distesa
ed allegra nel paese, erano le feste religiose: queste rappresentavano
per il mondo contadino ed artigiano, un grande avvenimento perché così
si lasciavano andare anche a spendere quella piccola parte di risparmio
che avevano accumulato durante l'anno proprio in vista della festa. Nel
giorno della festa sin dal mattino i contadini indossavano il vestito
"buono" che poi avrebbero riposto con molta cura in attesa di una nuova
occasione per indossarlo; anche la generazione di artigiani andò
estinguendosi (sempre di meno erano gli apprendisti), mentre si vide
interessata al fenomeno migratorio in misura sempre maggiore. L'antica
professione finì per declassarsi in quanto la richiesta era sempre di
manovalanza generica, infatti furono pochi quelli che andarono ad
esercitare il loro mestiere in altra terra e che ebbero la possibilità
di allargare la loro attività. Anni di esperienza e devozione al proprio
lavoro venivano messi da parte insieme agli attrezzi che avevano
accompagnato l'artigiano fino al momento della decisione di espatriare;
mentre si annullavano anche antiche tradizioni ed antichi metodi di
lavorazione, che erano stati tramandati fino ad allora da padre in
figlio.
8.
DISTINZIONE PER DESTINAZIONI: PERCHÉ L'AMERICA LATINA?
L'"american dream", il sogno americano coincise con il desiderio di
affrancarsi dal peso e dal marchio dell'inferiorità: il sud fornì il
contingente
più numeroso alle Americhe; l'istinto del gregge che si impadronì dei
"cafoni", trova spiegazione soprattutto 1) nella facilità di accesso al
mercato lavorativo americano, 2) nella consapevolezza dell'esistenza in
terra americana di illimitate disponibilità di lavoro visto che era
cospicua la richiesta di manodopera non qualificata avanzata dai datori
di lavoro delle fabbriche, delle miniere, ecc; 3) non poca rilevanza
aveva poi l'indubbio fascino di un sistema più liberale. Quindi mentre
gli emigranti del nord più qualificati professionalmente, continuarono a
preferire i paesi europei, i proletari del sud si diressero quasi
esclusivamente verso le Americhe; questa diversità di destinazioni si
spiega anche con la differente posizione geografica e con la struttura e
il costo dei mezzi di trasporto. Risulta chiaro infatti che per un
emigrante meridionale, era più facile e meno costoso raggiungere gli
Stati Uniti con un viaggio in nave che inoltrarsi nel cuore della
vecchia Europa; spostamenti in massa di interi comuni, andarono a
formare delle comunità culturalmente ermetiche nel territorio americano
pur nella scarsa considerazione in cui la collettività americana teneva
gli emigranti italiani.
Il nome America, dapprima sconosciuto, cominciò a divenire familiare
quando arrivò nei paesi un forestiero vestito da vero signore che
annunciava che c'era un posto dove era possibile rifugiarsi per sfuggire
alla miseria e alla fame; là vi erano ricchezze ad ogni passo e lavoro
per tutti: la gente si fermava ad ascoltare ed ammirava i variopinti
manifesti raffiguranti l'America. Dopo le prime partenze gli altri
seguirono invogliati dalle lettere dei compaesani: niente era più
persuasivo della lettera del compaesano che, esagerando un poco,
descriveva i vantaggi di vivere in America. Come si può osservare nelle
tabelle n. 8 e n. 9, le partenze da Sant'Arcangelo furono sin
dall'inizio per Buenos Aires e così continuò l'ondata sempre verso la
stessa città per tutti gli anni che interessarono l'esodo transoceanico.
Tab. 8 - Emigrazione da Sant' Arcangelo 1926-1936. Distinzione per
destinazioni.
ANNO |
BUENOS AIRES |
NEW YORK |
ALTRO* |
1926 |
46 |
/ |
/ |
1927 |
81 |
4 |
2 |
1928 |
38 |
4 |
3 |
1929 |
67 |
/ |
/ |
1930 |
52 |
/ |
/ |
1931 |
49 |
3 |
4 |
1932 |
2! |
1 |
l |
1933 |
6 |
/ |
/ |
1934 |
4 |
1 |
/ |
1935 |
9 |
2 |
1 |
1936 |
8 |
1 |
/ |
Tot. Undic. |
381 |
16 |
11 |
* S'intende per altro Montevideo, Santos, Philadelphia. Fonte: Archivio
Comunale di Sant' Arcangelo
Questo era da attribuire sia al fatto che per l'America Latina i controlli
erano assai meno rigorosi, ma soprattutto all'importanza che ebbe il
meccanismo 'del richiamò. Se già si doveva affrontare il sacrificio di
allontanarsi dal proprio paese e dai propri cari, era sicuramente più
conveniente dirigersi dove si potevano trovare persone amiche.
L'emigrante, infatti, affrontava la violenza e la rapidità del
cambiamento che gli procurava il passaggio dal piccolo paese natio alla
grande città industriale (insieme ad un costo anche in termini di salute
a causa dell'impatto con una realtà estranea, incomprensibile ed ostile)
rifugiandosi in comunità che gli ricreavano la situazione d'origine
difendendosi così dall'influenza esterna.
Anche quando erano esaurite le capacità di ricezione, la concentrazione
dei flussi migratori si affermava sempre sulle stesse zone. La presenza
di conterranei, era il motivo della prima scelta del luogo di
destinazione; solo in un secondo tempo la scelta del luogo di definitivo
insediamento veniva fatta in base alla possibilità di occupazione e di
alloggio nella nuova terra.
Tab. 9- Emigrazione da Sant' Arcangelo (Potenza) 1948-1958. Distinzione
per destinazioni.
ANNO |
BUENOS
AIRES |
BRASILE |
NEW
YORK |
AL I RO* |
1948 |
55 |
2 |
4 |
1 |
1949 |
69 |
3 |
5 |
5 |
1950 |
61 |
1 |
/ |
2 |
1951 |
62 |
3 |
4 |
2 |
1952 |
46 |
8 |
2 |
1 |
1953 |
27 |
/ |
1 |
/ |
1954 |
51 |
9 |
4 |
3 |
19555 |
48 |
12 |
7 |
2 |
1956 |
60 |
15 |
9 |
4 |
1957 |
56 |
11 |
6 |
2 |
1958 |
20 |
4 |
5 |
/ |
Tot. Undic. |
555 |
68 |
47 |
95 |
*
S'intende per altro Montevideo, Santos, Philadelphia. Fonte: Archivio
Comunale di Sant' Arcangelo
L'emigrazione in Argentina diventò allora un vero e proprio fenomeno di
massa dove affluirono le migliaia di meridionali, tutti passeggeri di
terza classe, pieni di speranza in una vita migliore.
9.
CONCLUSIONE
In
conclusione cosa ha significato emigrazione per il Meridione dopo
l'Unità d'Italia e specie per alcuni paesi agricoli come Sant'Arcangelo?
È stato un "male necessario" come molti studiosi lo hanno definito,
oppure si poteva evitare con una politica più attenta ai problemi che
attanagliavano il nostro Sud?.
"Ciò che per il settentrione è stata la grande industria, per il
Mezzogiorno è stata l'emigrazione; in questo modo, con diversi mezzi, il
nuovo regime soddisfaceva gli antichi bisogni delle popolazioni" ha
scritto Colletti nel suo saggio Dell'Emigrazione.
Nei decenni successivi l'unificazione, questa affermazione avrebbe trovato
puntuale conferma poiché l'esistenza di una struttura economica e
sociale insensibile ai miglioramenti, la scarsa possibilità di
utilizzazione delle forze- lavoro a livelli di produttività adeguati a
quelli che si potevano conseguire altrove, la bassa remunerazione di
un'agricoltura generalmente povera, lo stato di isolamento, furono tutti
fattori che contribuirono ad assegnare all'emigrazione
un'interpretazione utilitaristica, a considerarla come l'industria più
importante per il sud. E poco importava al contadino o al bracciante se
l'esodo verso il nuovo mondo mandasse in crisi la borghesia che
all'improvviso doveva fare i conti con l'aumento dei costi della
manodopera. D'altronde era stata proprio la borghesia che con i "salari
da fame" che imponeva aveva creato quella situazione insostenibile per
le classi meno abbienti. Ecco che l'emigrazione diviene la risposta
della povera gente ad una situazione obiettivamente difficile, una
protesta contro ataviche ingiustizie, un male necessario per tentare di
liberarsi dalla povertà economica che si era impadronita della gente del
sud. Si può parlare comunque anche di vantaggi seppure in maniera
limitata. Le rimesse hanno avuto un ruolo determinante infatti migliorò
lo stesso regime alimentare; la priorità della soddisfazione dei bisogni
della famiglia, fece in modo che le rimesse ricevute dalla fascia più
povera della popolazione si traducessero proprio nell'aumento dei
consumi di base e durevoli. Non meno importante fu poi il debella- mento
del brigantaggio e dell'usura, la nascita anche nei più bassi strati
sociali del desiderio e del bisogno dell'alfabetizzazione. Ma le rimesse
migliorarono sì le condizioni economiche degli interessati, ma non
innescarono quel processo di sviluppo economico che si auspicava; questo
perché non si poteva compensare quel processo di formazione del
capitale, indispensabile per gli investimenti produttivi venuto a
mancare, sia per l'ignavia dello Stato, sia per l'assenza delle forze
più dinamiche, sia per il lassismo di quanti restarono.
Il governo dal canto suo non promosse alcun piano di sviluppo e di
industrializzazione per il sud che continuò a crogiolarsi in un'economia
parassitaria, mentre gli enormi capitali giunti al sud finirono
paradossalmente per finanziare l'industria del nord. Sant'Arcangelo,
piccolo centro della Basilicata ben si inserisce in questo contesto
storico-sociale. Dai dati raccolti per i due undicenni si infatti
comprende facilmente che molta parte della popolazione scelse la
soluzione di emigrare piuttosto che continuare a spezzarsi la schiena
nei campi dei ricchi per un salario ai limiti della sopravvivenza. I
sacrifici di questi emigranti non sono stati comunque del tutto vani;
anche se tanti campi sono affidati ormai alle cura degli anziani e dei
vecchi e vanno a poco a poco deperendo, si è avuto nel paese un evidente
progresso sociale ed economico visibile anche esternamente nell'aspetto
più decoroso delle abitazioni, che fino a qualche decennio fa,
presentavano un aspetto molto modesto e quasi misero e poi anche nel più
altro tenore di vita di tutti i cittadini. Ma questa soluzione ha avuto
effetti temporanei per chi è tornato al proprio paese: si constata con
amarezza che per l'assenza di investimenti nulla è cambiato. Se da una
parte si ammette che si può ancora vivere una vita senza troppi problemi
(delinquenza, corruzione) dall'altra si constata che per i giovani
santarcangiolesi la vita è monotona, precaria, priva di sbocchi e
costringe ancora oggi a cercare altrove la propria realizzazione. Mentre
l'agricoltura continua ad essere di più abbandonata e a non costituire
più attività primaria, bensì solo impiego dei più anziani, tra i giovani
rimane in paese solo chi è riuscito ad occupare un impiego pubblico.
Tutto questo è proprio triste!
Note
1
La moneta per viaggiare
si prendeva di solito in prestito da uno strozzino, impegnando un
piccolo orto per un periodo di tempo. Oppure si vendeva il tugurio dove
si abitava, il pezzo di terreno che gli dava da vivere o la bestia
utilizzata per lavorare la terra. Chi non possedeva nè casa nè terra, si
faceva anticipare anche da qualcuno che già si trovava in America. In
tutti i casi l'affare non era certo per l'emigrante la somma con
interessi molto salati ed ai limiti dell'usura, se invece accettava
l'anticipazione di qualcuno che aveva fatto fortuna in America, partendo
senza contratto finiva per andare a lavorare nei campi di chi aveva
anticipato i soldi per il biglietto e per il passaporto. L'alternativa,
una volta giunto in America era una sola: tornare a spese dello Stato,
in Italia dove non avrebbe però trovato più nulla avendo investito tutto
nel viaggio d'oltreoceano,
2 Da
Napoli cominciava la lunga e triste navigazione, nell'amarezza del
distacco recente ma con il cuore speranzoso di una vita più facile e più
lieta. Ma a volte lo stesso viaggio era un autentico calvario, sia
perché i vapori utilizzati per attraversare l'oceano erano spesso vecchi
e poco consoni alla situazione, sia perché erano così sovraffollati che
spesso divenivano focolai di infezione.
"Elenco Emigranti in Argentina dal 1936
al 1990" SEGUE >>
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