N O T E
1 - STIGLIANO: Terra in Basilicata in diocesi di Tricarico distante
da Matera migli 32, e da Tricarico 18. Si vuole di qualche antichità, e
se vogliasi credere ciò che dice l'Antonini, fu un luogo ben forte fin
da' tempi de' Goti. Nelle carte de' bassi tempi è detta Astilianum,
Otilianum, Ostulianum. Ne ritrovo la tassa nel 1532 per fuochi 294, nel
1545 per 420, nel 1561 per 514, nel 1595 per 692, nel 1648 per 650, e
nel 1669 per 414, val quanto dire, che mancò la sua popolazione dal
secolo XVI, e nel 1737 fu tassata per fuochi 392. In oggi gli abitanti
oltrepassano i 4000 individui.
Questo paese è in buona situazione, e vi si veggono de' buoni edifici.
Avvisa lo stesso Antonini, che si osservano tutti crepati, e tutto di si
crepano per la forza di quantità di mofete, che vi sono. Deesi sempre
dire essere Stigliano su di un suolo vulcanico, e da poter un giorno
accadergli cosa di peggio.
Nel dì 8 settembre del 1694 soffrì gran danni dal terremoto, siccome
appare da un esatto notamento esistente nell'archivio della Regia Camera
da me altre volte citato nel corso di questa mia opera.
Si dice essere eccellenti i suoi terreni, e che i grani vi riescono di
qualità e di peso. Altissimi sono ancora per lo pascolo degli animali, e
quegli abitanti ne fanno grandissima industria. Oltre del frumento vi si
raccoglie del vino, e dell'olio... Fu posseduta da Roberto de Alnicia.
L'ebbe anche Guglielmo de Marra, e si ha memoria che Goffredo de
Sarginis ebbe Sanquirico, Stigliano, e Bigianetti.
Nel 1520 [Antonio Carafa] vi ottenne sopra Stigliano il titolo di
Principe. In oggi questa terra si possiede dalla famiglia Colonna collo
stesso titolo.
(Cfr. L. GIUSTINIANI: Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli,
To. 9, Napoli, 1805, p. 111)
2 - ACCETTURA: Terra in provincia di Basilicata in diocesi di
Tricarico, distante da Matera miglia 30 in circa, la quale vedesi
edificata in un colle, ove respirasi una buon' aria.
Dalle situazioni del Regno si rileva, che da tempo in tempo fosse
cresciuta la popolazione, la quale nel 1532 vedesi tassata per fuochi
70, nel 1545 per 118, nel 1561 per 182, nel 1595 per 301, nel 1648 per
361 e nel 1669 per 258. In oggi poi i suoi cittadini ascendono al numero
di 2100 in circa per la massima parte addetti all'agricoltura, ed alla
pastorizia, giacché nel loro territorio vi sono molti luoghi atti al
pascolo, e non vi mancano vigneti, e castagneti, producendo il medesimo
abbondantissime castagne, e vi si fa la più bella manna, che possa
desiderarsi, siccome attesta pure il barone Antonini.
Questa terra fu posseduta dalla famiglia Baczano della Marra e Caraffa
(Cfr. L. Giustiniani: op. cit. to. 1, Napoli, 1797, pp. 16-18).
3 - GORGOGLIONE,
o Gurgoglione: terra in Basilicata in diocesi di Tricarico,
distante da Matera miglia 34. Ella è abitata da circa 1100 individui, i
quali ricavano dal territorio frumento, olio, vino, lini soprabbondanti
al bisogno civico. Vi si gode buon'aria perché situata in un colle.
La tassa de' fuochi nel 1532 fu di 173, nel 1545 di 224, nel 1561 di 203,
nel 1595 di 145, nel 1648 di 29, e nele 1669 di 77.
Questa terra fu posseduta da Guglielmo della Marra di Barletta, al quale
essendo succeduto Egidio suo figlio, il Re Ferrante nel 1480, l'investì
di nuovo di tutto lo stato paterno, tra il quale eravi la terra di
Gorgoglione pagando ducati 20000. Ad esso Egidio succede poi Antonio
Caraffa suo nipote. In oggi si possiede dalla casa Spinelli de' duchi di
Caivano (cfr. L. Giustiniani, op. cit. to. 5, Napoli, 1802, p. 104).
4 - GUARDIA
PERTICARA: terra in Basilicata, in diocesi di Tricarico, distante da
Matera miglia 40. La medesima vedesi edificata in luogo montuoso, ove
respirasi buon'aria, e il suo territorio è atto alla semina, ed alla
piantagione degli olivi. La sua popolazione è di circa 1700 individui.
Nelle situazioni del Regno ella è però chiamata semplicemente Guardia, e
non saprei perché dato l'avessero l'aggiunto di Perticara, e da qual
tempo. La tassa del 1532 fu di fuochi 79, del 1545 di 505, del 1561 di
122, del 1595 di 183, del 1648 di 198, e del 1669 di 99.
Andò compresa collo stato di Aliano posseduto dalla casa della Marra.
Presentemente si ha in feudo dalla famiglia Spinelli de' Duchi di
Caivano.
(Cfr. L. Giustianiani, op. cit. in. 5, Napoli, 1802, p. 137).
5 - ALIANO:
terra in provincia di Basilicata in diocesi di Tricarico, distante da
Matera miglia 36 in circa. Questa terra vedesi edificata tra gli
Appennini, e vi si respira buon'aria. Un tempo si distingueva
coll'aggiunta di Superiore, a cagion forse di Alianello, che l'è al di
sotto, come da una carta fatta a favore di Guglielmo Bolardo, colla
quale ottenne di poter disporre in beneficio de' figli del secondo letto
sopra i feudi, e tra questi di Aliano Superiore; e in uno sgravamento di
collette fatto a diversi paesi, vi leggo Aliano inferiore.
Gli Alianesi ascendono in oggi al numero di 1450 in circa, e son tutti
addetti all'agricoltura, ed alla pastorizia. Nel 1532, furono tassati
per fuochi 175, nel 1545 per 299, nel 1561 per 324, nel 1595 per 271,
nel 1648 per 260 e nel 1669 per 112. Giacomo Gaetano ebbe in dono dal Re
questo castello essendo confiscato a Giovannello de Fuscaldo per delitto
di fellonia. Lo possedé la famiglia Sanseverina ed infine Luigi Caraffa
della Marra.
(Cfr. L. Giustianiani, op. cit., tu. 1., Napoli, 1797, pp. 111-112).
6 - ALIANELLO o
Alianiello: casale di Aliano in Basilicata, in diocesi di
Tricarico. Egli vedesi edificato in luogo montuoso, e vi passa davvicino
il fiume Acri. La sua distanza da Matera è di circa miglia 40. Il suo
territorio, non è né molto esteso, né molto fertile. Gli abitanti
ascendono al numero di 550 circa, tutti addetti alla coltivazione del
lor terreno. Nella numerazione del 1532, furono tassati per fuochi 40,
nel 1545 per 49, nel 1561 per 62, nel 1595 per 42, nel 1648 per 46 e nel
1669 per 13. Vedi Aliano (cfr. L. Giustiniani, op. cit., to. 1., Napoli,
1797, pp. 110-111).
7 - SANTARCANGIOLO:
terra in Basilicata, compresa nella diocesi di Anglona e Tursi. Da Tursi
è distante 12 miglia, e 35 da Matera. Vedesi edificata in una collina,
ove respirasi buon'aria.
Nella più alta parte della medesima veggonsi gli avanzi di un castello. Il
suo territorio di una figura, e superficie molto irregolare, è atto però
alla semina, ed alla piantagione delle viti, e degli olivi. Verso
settentrione tiene il fiume Agri, e quindi gli abitanti coltivano ogni
sorta di ortaggi ritraendone del guadagno. Vi si coltiva puranche la
bambagia, ma non in molta abbondanza. Le frutta non vi riescono cattive,
e specialmente i fichi molto buoni, che poi seccano per vendergli
altrove. Confina con Tursi, Colobraro, Roccanova, e Senise.
I suoi naturali ascendono a circa 3700. Nel 1532 furono tassati per fuochi
123, nel 1545 per 154, nel 1561 per 188, nel 1595 per 350, nel 1648 per
lo stesso numero, e nel 1669 per 241.
In questa terra vi è bastante traffico. Vi si fanno tre piccole fiere,
cioè nella nascita di Maria Vergine, che durata tre giorni, l'altra nel
giorno dell'Annunziata, e la terza nella festività di S. Fortunato
fissata nella prima domenica di giugno. Si possiede dalla famiglia
Colonna, de'principi di Stigliano. (Cfr. L. Giustiniani, op. cit. to.
8., Napoli, 1804, pp. 296-297).
8 - A S. Arcangelo
vigeva invece una disposizione in forza della quale i cittadini erano
chiamati essi stessi a custodire le terre e a difenderle, e quelli
comandati che si trovavano fuori dalla terra erano tenuti a pagare
quelli che li sostituivano. Le lamentele dei cittadini erano poi
all'ordine del giorno dal momento che la giustizia era male
amministrata. Infatti i principi risiedevano a Napoli e il Principe di
Stigliano solo in agosto si tratteneva nel viridario di Sant'Arcangelo
per raccogliere i frutti estivi delle proprie terre e per riscuotere la
maggior parte dei diritti feudali. A quei tempi gli ufficiali non
potevano essere sottoposti a giudizio durante il loro mandato ma solo
alla fine, a meno che non si fosse trattato di colpa di baratto. I
feudatari cercavano in tutti i modi di venire incontro al popolo in
quanto erano convinti che il personale addetto alla riscossione di dazi
e gabelle era corrotto. I baglivi ad esempio percepivano 2 tomoli di
grano al mese nella misura minuta, ma era un abuso se Luigi Carafa
stabilisce dopo il ricorso dell'Università di Sant'Arcangelo di
corrispondere mezzo tomolo al mese nella misura grossa napoletana.
9 - La piccola
proprietà contadina era frazionata; vi erano però già allora famiglie
considerate ricche per le terre che possedevano ma che a fatica potevano
far lavorare. Inoltre le angherie che i feudatari rivolgevano ai sudditi
venivano poi da questi rivolte ai più deboli che erano i soli che
pagavano lo scotto. In un paese a prevalente economia agricola
l'artigianato era fiorente, così come non doveva mancare il lavoro agli
artigiani che si prendevano a cura degli arnesi ed utensili, che
servivano agli animali per lavoro, trasporto e per tutte le mansioni
connesse all'agricoltura e alla vita quotidiana dei campi.
Luigi Carafa (1561) stabilisce poi un principio mediante il quale agli
operai che lavoravano per la corte doveva essere loro dato vitto e
salario secondo le prammatiche, la dove Antonio Carafa, cinquant'anni
prima, stabiliva un salario di convenienza per il Principe senza che
l'operaio potesse ribellarsi.
10 - ROCCANOVA:
terra in Basilicata compresa nella diocesi di Anglona e Tursi distante
da Matera miglia 38, e 4 da Santarcangelo. Si vuole una volta distrutta,
ed indi riedificata, onde venne col nome di Roccanova appellata. Ella è
su di un monte, e tiene il territorio atto alla semina, ed alla
piantagione. Il vino vi si fa soprabbondante. Confina con Gallicchio,
Castronuovo e Sammartino, col feudo di Battifaroni, e Senise. Da
settentrione tiene il fiume Acri. Gli abitanti ascendono a circa 1760
addetti all'agricoltura, ed alla pastorizia. Nel dì 16 agosto, festività
di S. Rocco, vi si fa una fiera di varie merci, ed un'altra nell'ultima
domenica di maggio nel luogo, ove un tempo era un monistero di
Basiliani, come si dice, ridotto in oggi ad una Abazia. Questa terra nel
1532 fu tassata per fuochi 55, nel 1545 per 69, nel 1561 per 90, nel
1595 per 169, nel 1648 per 120, e nel 1669 per 60.
Fu acquistata da Eligio della Marra, a cui succedé Guglielmo, e da costui
passò poi alla famiglia Colonna de' principi di Stigliano.
(Cfr. L. Giustiniani, op. cit., Lo. 8., Napoli, 1804, pp. 4041).
11 - ROCCA IMPERIALE:
terra di Basilicata in diocesi di Anglona e Tursi distante da Matera
miglia 40 incirca, e 2 dal mare Jonio. E' situata in un rialto dopo le
grandi, ed estese sue pianure; quindi le abitazioni, veggonsi dal basso
all'alto situate, e senza che l'una impedisce la veduta dell'altra.
Guardandosi questa terra da mare in tempo di notte quando è illuminata,
reca all'occhio molto piacere. Vi si respira un'aria sana perché
ventilata, ed a veduta del golfo Tarantino. Sulla parte più eminente vi
si vede un castello.
Il suo territorio confina con Montegiordano, Oriolo, Canna, paesi di
Calabria citeriore, Bollita, e feudi di Traisaja, e Caramola. Le
produzioni consistono in grano, granone, ottimo olio, agrumi, e
bambagia, di cui se ne fa molta industria. Presso al mare evvi un
magazino capace di circa 50000 tomola di grano, ove si rimette
incettandolo per altri luoghi, facendose poi degli'imbarchi.
Gli abitanti ascendono a circa 2330. Oltre dell'agricoltura, si esercitano
molto nella negoziazione di varie specie di vettovaglie. Nell'ottava dì
Pasca vi si fa una fiera di animali. La tassa del 1532 fu di fuochi 425,
del 1545 di 577, del 1561 di 688, del 1595 di 342, del 1648 di 310, e
del 1669 di 154.
Ogn'un vede esser mancata la di lei popolazione, e infatti nel 1737 fu
tassata per fuochi 172.
Nel 1463 si possedea da Roberto Sanseverino principe di Salerno. Nel 1504
da Antonio Guevara. Nel 1568 fu venduta sub hasta S.C. con Torre di Mare
per ducati 82000 alla cassa Carafa de' principi di Stigliano. Passò poi
a Marcantonio Floccaro. Dal Carafa nel 1596 fu venduta altra volta a
Gio. Antonio Carbone per ducati 43000. Nel 1610 fu venduta per ducati
30000. In oggi si possiede dalla famiglia Crivelli. (Cfr. L.
Giustiniani, op. cit., to. 8., Napoli, 1804, pp. 86-87).
12 - TORRE DI MARE:
terra in provincia di Terra d'Otranto in diocesi di Acerenza, e Matera.
Nel 1532 la ritrovo tassata per fuochi 41, nel 1545 per lo stesso
numero, nel 1561 per 26, nel 1595 per 57, nel 1648 per lo stesso numero,
e nel 1669 fu data per disabitata. Situata vicino al mare di aria
malsana. (Cfr. L. Giustiniani, op. cit., to. 9., Napoli, 1804, p. 210).
13 - SAN CHIRICO
RAPARO: terra in Basilicata, in diocesi di Anglona e Tursi, distante
da Matera miglia 44. E situata alle falde del monte appellato Raparci, e
vi si respira buon'aria. Il suo territorio confinante con Castronuovo,
Sanmartino, e Carbona, è atto alla semina del grano, granone, legumi in
alcune parti, ma la massima raccolta è quella del vino, che vendono in
altri luoghi della provincia. Gli abitanti ascendono a circa 3600. Oltre
dell'agricoltura, esercitano ancora la pastorizia. Vi si fa una fiera il
giorno di S. Sinforosa di varie merci; ed un'altra il dì 20 agosto di
animali sotto il nome di S. Vito. Si dice esservi stato un tempo un
monistero di Basiliani. Vi è uno speciale per i poveri, e vi si osserva
una torre, opera de' mezzi tempi. Nel 1532 fu tassata per fuochi 164,
nel 1545 per 215, nel 1561 per 268, nel 1595 per 249, nel 1648 per 299,
e nel 1669 per 128. In tutte le dette numerazioni è detta Santo Chirico,
e nell'ultima delle medesime se le dà l'aggiunto di Rapato.
Alfonso Sanseverino la vende ad Antonio Caraffa de Marra principe di
Stigliano per prezzo liquidando a ragione di dui et mezzo per cento
dell'intrate. In oggi si possiede dalla famiglia Pignatelli de' principi
Marsiconuovo. (Cfr. L. Giustiniani, op. cit. to. 8, Napoli, 1804, pp.
136-137).
14 - SPINOSO, o
Spinuso: terra in Basilicata in diocesi di Anglona e Torsi,
distante da Matera miglia 46. E' situata in un monte ove dicono
respirarsi buon'aria. A non molta distanza vi passa il fiume Acri, del
quale vi si vede un antico ponte. Il suo territorio confina con Castello
Savareno, Sanquirico, Sarcone, e verso settentrione col detto fiume che
divide il suo tenimento da quello di Montemurro. Non è molto fertile. Le
produzioni di prima necessità appena servono per la popolazione. Il vino
vi avanza. Vi è della caccia. Vi si vede una fontana perenne, e di
copiosa acqua. Gli individui ascendono a circa 2580.
La tassa del 1532 fu di fuochi 123, del 1545 di 143, del 1561 di 177, del
1595 di 110, del 1648 di 64, e del 1669 di 55. La sua popolazione è
mancata da quella, ch'era nel secolo XVII. Nel 1737 fu tassata per
fuochi 93. Si possiede dalla famiglia Spinelli de' marchesi di Fufcaldo.
(Cfr. L. Giustiniani, op. cii., in. 9, napoli 1805, pp. 100-101).
15 - SARCONI:
terra nella Provincia di Matera, ed in Diocesi di Marsiconuovo, situata
alle falde de' monti Riparo, e Moliterno, d'aria non buona, e nella
diftanza di un miglio da Molitemo, e di sessantuno dalla Città di
Matera, che si appartiene in Feudo alla Famiglia Pignatelli, Principe di
Marsiconuovo. Sono da marcarsi in quefta Terra, di cui non si ha notizia
alcuna del tempo della sua edificazione una Chiesa Parrocchiale sotto il
titolo dell'Assunta; varie Cappelle, tra le quali si ammira quella di
Sant'Antonio; e due Monti Frumentarj per varie opere pie. Il suo
territorio produce grani, legumi, frutti, vini, lini, canapi, ghiande e
pascoli per armenti. Il numero de' suoi abitanti ascende a mille e
seicento sotto la cura spirituale di un Arciprete. Quefta flessa Terra è
rinomata per una gran Fiera, che vi si fa nel giorno di San Giovanni
Battista.
(Cfr. F. Sacco, Dizionario geografico-istorico-fisico del Regno di Napoli,
lo. 3, Napoli, 1796, p. 382. Manca in Giustiniani).
16 - MOLITERNO:
terra in provincia di Basilicata, compresa nelle diocesi di
Marsiconuovo, distante da Matera miglia 72, 10 da Sanmartino, e 2 da
Sarconi. Si avvisano i paesani che avesse presa la determinazione da una
torre, che vi si vede quasi molis aeterna; ma per quanto dice l'Antonini
se il nome l'è venuto dalla medesima non dee essere di molta antichità,
giudicando egli la detta torre opera dell'VIII o IX secolo.
La sua situazione è in collina, ove respirasi aria sana, e il suo
territorio è atto a la semina, alla piantagione, ed al pascolo degli
animali, di cui se ne fa molta industria da quegli abitanti in oggi al
numero di circa 5000. La sua popolazione nel 1532 fu tassata per fuochi
144, nel 1545 per 184, nel 1561 per 251, nel 1595 per 345, nel 1648 per
362 e nel 1669 per 323. Vi è dalla caccia per le sue campagne. I detti
naturali commerciarlo le loro soprabbondanti derrate con altre
popolazioni della provincia e fuori. Vi si vede un ospedale fondato da
un suo benemerito paesano.
Nel 1477 Guglielmo Sanseverino conte di Capaccio la vendé a Gio. Antonio
Sanseverino Principe di Bisignano suo fratello per ducati 5000, mediante
l'assenso del Re Ferrante. Passò poi alla famiglia Caraffa de' principi
di Stigliano. Finalmente fu acquistata dalla famiglia Pignatelli de'
principi di Marsiconuovo.
(Cfr. L. Giustiniani, op. cit. Lo. 6, Napoli, 1803, p. 49).
17 - MONTEMURRO:
terra in provincia di Basilicata, compresa nella diocesi di Tricarico,
distante da Matera miglia 46. Da taluni si chiama città, ma io non
saprei quando avesse avuto un tal privilegio. Non è molto felice la sua
situazione, avendo assai vicino il fiume Acri, o Aciri, che rende la sua
aria non molto salubre. Questa terra si vuole edificata da' Saraceni
secondo avvisa il Marchese di S. Giovanni citato dall'Antonini, e perciò
fu chiamata Mons Morus.
Il suo territorio è atto alla semina, alla piantagione, ed al pascolo
degli animali. Oltre del frumento, vi si fa dell'olio, e del vino. I
suoi abitanti al numero di circa 5000 sono industriosi e commercianti le
loro soprabbondanti derrate, ed animali ancora, che ne han molti. Vi è
della caccia di quadrupedi e di volatili, e dal detto fiume vien loro
somministrato del pesce.
Nel 1068 nel dì 10 agosto, si vuole donato coll'altra terra di Armento,
che l'è a poca distanza, da Roberto conte di Montefuscolo alla chiesa di
Tricarico fondata dallo stesso Conte, essendo Vescovo Arnoldo, colla
giurisdizione civile e criminale. Nel 1564 si trova assenso sulla
vendita di questa terra fatta dalla balia e tutrice di esso Berardino
Sanseverino a Luigi Caraffa coll'altra terra di Armento per ducati
10500. Vi furono moltissimi litigi dal 1590, ma nel 1633 Anna Caraffa
principessa di Stigliano la vendé ad Alessandro Ursone. Nel 1722
Antonio, e Berardino Ruggiero, eredi di Berardino d'Elia, che l'ebbe
dall'Ursone nel 1634, la venderono al duca Vespasiano Maria Andreassi.
In oggi è Regia.
La tassa di fuochi del 1532 du fi 410, del 1545 di 560, del 1561 di 539;
del 1595 di 317, del 1648 di 300, e del 1669 di 239.
(Cfr. L. Giustiniani, op. cit., to. 6., Napoli, 1803, pp. 109-110).
18 - ARMENTO:
Terra in provincia di Basilicata in diocesi di Tricarico, distante da
Matera miglia 46 in circa. E' situata su di una collina cinta
d'ogn'intorno da alte rupi, e l'aria v'é buona. La di lei poplazione nel
1532 fu tassata per fuochi 274, nel 1545 per 450, nel 1561 per 448, nel
1595 per 316, nel 1648 per 236 e nel 1669 appena per 66. In oggi
ritrovasi alquanto rimessa, essendo giunti i suoi cittadini al numero di
circa 243. Dal loro territorio raccolgono il bisognevole, ed evvi tra i
medesimi qualche commercio, ed industria. Non vi manca della caccia né
luoghi di lepri, di volpi, e di vari volatili nelle proprie stagioni. La
pastorizia più, che altrove, quivi avrebbesi a coltivare, indicandolo
appunto il di lei nome, derivato forse dagli armenti, che vi si menavano
al pascolo, e cominciò poi a sorgere da povere abitazioni di pastori.
Nel 1477 si possedeva da Girolamo Sanseverino principe di Bisignano. Nel
1564, Berardino Sanseverino principe di Bisignano la vendé a Luigi
Caraffa della Marra principe di Stigliano, insieme coll'altra terra di
Monte-Murro per ducati 10500. (Cfr. L. Giustiniani, op. cit., to. 1,
Napoli, 1797, pp. 290-291).
19 - CASTELGRANDINE:
terra in provincia di Basilicata, in diocesi di Muro, distante da Matera
miglia 60, e dal mare 40 incirca. Ella ritrovasi diversamente nominata
dagli scrittori, e nelle carte de' bassi tempi. In un diploma della
Regina Giovanna II del 1428 si chiama Castrum de Grandis.
Il cardinal di Luca l'appella Castrum Grandinis, ed altri la dicono pure
Castellogrande, Castellograndino, e Castello di Grandine.
Ella è posta sopra di una rupe di pietra, calcaria, che guarda il
mezzogiorno. L'aria è freddissima, essendo molto dominata da borea.
Nella parte più alta tiene un castello diruto opera de' mezzi tempi.
I suoi cittadini sono addetti all'agricoltura, ed alla pastura, che pure
per difetto di comodi pascoli, e fertili terreni, nutriscono pochissimi
armenti, ed hanno poco commercio colle altre popolazioni limitrofe.
Nel 1532 furono tassati per fuochi 78, nel 1545 per 88, nel 1561 per 113,
nel 1594 per 162, nel 1648 per 189 e nel 1669 per 102. Inoggi acendono a
circa 3500.
Si ha memoria che Carlo Ruffo conte di Montalto, e Corigliano tenne in
feudo questa terra insieme con Rapone.
Nel 1648 si possedea da Anna Caraffa principessa di Stigliano e così anche
nel 1669. Inoggi si possiede dalla famiglia d'Anna, col titolo di
baronia.
(Cfr. L. Giustiniani, op. cit., io. 3, Napoli, 1797, pp. 298-299).
20 - RAPONE: è
una picciola terra in Basilicata, in Diocesi di Muro, distante da Matera
miglia 54. Vedesi edificata alle falde di un monte detto Pisterola verso
oriente. Scopre le montagne di Pietrarasa, il Gargano, ed una parte del
mare verso Manfredonia. Il suo territorio confina da settentrione col
fiume Ofanto, con Ruvo verso levante, e similmente con Sanfele, colla
difesa di Pisterola, e col bosco di Piescopagano. Gli abitanti ascendono
a circa 1550 addetti all'agricoltura. La massima produzione è quella del
grano, e del granone, che vendono in Salerno, in Avellino ecc. La tassa
del 1532 fu di fuochi 34, del 1545 di 40, del 1561 di 50, del 1595 di
77, del 1648 di 1646, e del 1669 di 121.
Questa terra fu posseduta da Pietro di Alamagna, sive de Alanio, che perde
poi per delitto di fellonia; e il Re Ferrante II nel 1469 a 20 giugno
insieme con Laviano, Castelgrande, Castelnuovo, e Sanlorenzo la vende ad
Antonio Caraffa a ragione del 10 per 100, e rilevo che tal investitura
fu fatta per fellonia di Amelio di Senerchia. In oggi si possiede dalla
famiglia d'Anna con titolo di Marchese.
(Cfr. L. Giustiniani, op. cit., to 7, Napoli, 1804, p. 341).
21 - LAVIANO:
terra in provincia di Principato citeriore in diocesi di Conza, distante
da Salerno miglia 40 in circa, e da Conza 7.
La medesima è situata in luogo montuoso su una pietra giallastra calcaria,
e non vi si respira un'aria molto sana. Nell'entrare al paese vi ammirai
una fontana di buon'acqua. Il suo territorio è molto irregolare, e poco
ferace anche nel produrre le biade. Vi sono de' vigneti, e tiene un
bosco, che fa confine colla provincia di Basilicata. Tiene benanche
un'alta montagna per pascolo degli animali, nella quale vi nasce un'erba
rassogliante al sellere, ed è molto nociva agli animali vaccini. Questa
è chiamata erba Luparia. Le ghiande del suddetto bosco le osservai ben
grosse, ma poco dolci nella fine di settembre.
La tassa di questa terra nel 1532 fu di fuochi 132, nel 1545 di 159, nel
1561 di 182, nel 1594 di 261, nel 1648 di 189, e nel 1669 di 53. Ad oggi
gli abitanti ascendono a circa 1650, addetti per la più parte
all'agricoltura, ed alla pastorizia. Si possiede dalla famiglia Anna col
titolo di Duca.
(Cfr. L. Giustiniani, op. cit., to 5, Napoli, 1802, p. 226).
22 - VOLTURARA,
o Vulturara: città vescovile in Capitanata, suffraganea di
Benevento, sotto il grado 33, 15 di longitudine, e 41, 40 di latitudine.
Da Lucera è distante miglia 12, e ... da Benevento.
La situazione di Volturara è tra gli Appennini, e propriamente in una
collina prossima al Regio tratturo. Le produzioni del territorio
consistono in frumento, e vino. Gli
abitanti ascendono in oggi a circa 2400, in massima parte addetti
all'agricoltura. Niente hanno di particolare industria, o manifattura.
Nel 1532 la tassa de' fuochi fu di 56, e poi nel 1545 di 86, nel 1561 di
115, nel 1595 di 125, nel 1648 di 133, e nel 1669 di 139. Nell'ultima
del 1737 di 142. Dal che vedesi ch'ella fosse andata sempre crescendo di
popolo, ma in una meschina maniera, per cui il vescovo non ci fa
residenza, avendofi eletto la terra di Sanbartolomeo in Galdo.
(Cfr. L. Giustiniani, op. cit., to. 10, Napoli, 1805, pp. 25).
Glossario SEGUE >>
|