INIZIO DELLA DEVOZIONE ALLA BEATISSIMA VERGINE DEL CARMINE
Si
incominciò così, d'allora, a solennizzare il 16 luglio, festa della Madonna
del Carmine, con una solenne processione, cui partecipava, con il clero, la
maggior parte del popolo, cantando le litanie ed il Santo Rosario.
Giunti alla Cappella del Carmine, si posava la Statua sull'altare e si
celebrava la Messa in canto da parte dell'Arciprete o da un altro dignitario
del Capitolo.
Anche la festa esterna si svolgeva sul monte.
Era un brulicar di gente e di cavalcature fra le baracche di frasche e
tavolati all'aperto, dove si vendeva frutta, pane, vino, mozzarelle ed altri
squisiti manufatti caseari, prodotti dai massari e dai pastori che
alloggiavano con le loro gregge al fresco dei cerri di Montecaruso, lì, nei
dintorni del MONTE, che nella riputazione dei pellegrini incominciava a
diventare ormai già sacro.
Mala cosa non durò a lungo!
A causa del vino, ingerito oltre misura, e della presenza sul Monte di molte
persone provenienti da diversi paesi, a volte in lotta tra di loro per
ragioni feudali, numerosi incidenti con risse e ferimenti si verificavano
nel giorno della festa, sul Monte, per cui si pensò bene in un primo momento
di abolire la festa esterna sul Monte, in seguito si evitò addirittura di
portarvi la Statua della Madonna nel giorno stabilito.
La decisione - stando a quanto ci ha tramandato gente dell'epoca - non
dovette essere di gradimento da parte della Madonna, la quale per bocca di
una giovinetta così parlò: "Io sono la Vergine del Carmine e dite al popolo
di Avigliano di riprendere l'antica costumanza di portare in processione la
statua sul Monte Carmine il 16 luglio di ogni anno e celebrarvi la festa,
altrimenti mali maggiori vi sovrastano".
La cosa fu riferita all'Arciprete del tempo dalla stessa verginella.
Quell'anno infatti - era il 1719 - nel mese di agosto cadde tanta pioggia,
che ogni ruscelletto usciva fuori dagli argini, seminando tutt'intorno lutti
e rovine.
Una giovane donna, che si era appena avvicinata al torrente "pisciariello"
per sciorinare i panni, fu travolta dalla piena delle onde e stava quasi per
annegare, quando le apparve una bella donna nelle sembianze della Madonna
del Carmine e la trasse in salvo, accompagnandola fino alla "croce di San
Biagio" e le ingiunse di riferire al popolo di Avigliano le parole che
abbiamo sopra riportate. Il fatto è ricordato anche da un dipinto votivo
dell'epoca.
L'Arciprete, il clero e tutto il popolo decisero allora di riprendere
l'antica veneranda tradizione, che d'allora si rinnova immancabilmente ogni
anno.
E' una fede lontana, dunque, questa della gente di Avigliano, - e non solo
di essa che ripete da secoli gli stessi riti, scandisce gli stessi canti,
rinnova le stesse antiche venerande tradizioni, in un tripudio di gioia e di
concorso popolare; una fede che continua a manifestare in un'epoca che pare
del tutto stravolta da altri riti, pagani o paganeggianti, e che nel
denunciare i limiti e le carenze delle manifestazioni popolari fondate su
sentimenti religiosi e su correlazione psicologiche ed umane con il proprio
passato, non fa che rinnegare ogni giorno se stessa.
SVILUPPO DELLA DEVOZIONE ALLA MADONNA DEL CARMINE
Man mano che gli anni passavano, la devozione alla Madonna del Carmine di
Avigliano si diffondeva sempre più e numerosi accorrevano, non solo da
Avigliano, ma anche dai paesi circonvicini, i pellegrini, che - a ricordo di
grazie ricevute - incominciavano ad offrire alla Madonna castelletti di cera
(i così detti " cinti") che portavano a spalle durante tutto il percorso
della processione, per lasciarli poi nella Cappella ed altri oggetti d'oro
che pian piano vennero a formare un tesoro inestimabile, non tanto per
valore venale, quanto come attestato di fede sincera e riconoscente,
ammirato ancora oggi, nel giorno della festa, sulla Statua.
Imponente, accorata e commovente la lunga teoria di pellegrini che si
rincorrevano - e tutt'ora si rincorrono - con i canti e con le preghiere
lungo l'erta dell'attuale Calvario, per i sentieri delle "serre", la salita
delle "breccie", per il "varco dei rotesi" e per le pendici della
MONTAGNOLA, tutta stipata di gente che allo sventolio lontano degli
"stendardi" veniva pervasa - come tutt'ora avviene - da un brivido e si
commoveva fino alle lacrime.
Con la proclamazione della Madonna del Carmine a protettrice di Avigliano,
avvenuta - come abbiamo già ricordato -l'anno 1811, tale venerazione aumentò
ancora di più e si estese anche alla vicina Puglia, tanto che pure da
Spinazzola accorse intorno alla nostra Madonna, in devoto pellegrinaggio al
Monte Carmine, gente che si unì agli abitanti di Avigliano, Ruoti, Forenza,
Maschito, Pietragalla, Acerenza e San Fele, per ottenere la grazia di una
copiosa pioggia, dopo mesi di siccità.
Era l'anno 1844: la Madonna concesse la grazia e la pioggia desiderata venne
fresca ed abbondante a salvare il raccolto da sicura distruzione.
STORIA DI UN VOTO: 16 DICEMBRE 1857
Intanto nuovi fatti vennero a rafforzare l'attaccamento degli aviglianesi
alla " loro" Madonna e... non degli aviglianesi soltanto!
Il 16 dicembre del 1857 - a distanza di 163 anni dalla data del terribile
terremoto che risparmiò Avigliano da sicura rovina, per la speciale
protezione - si ritenne - della Beatissima Vergine Maria, in onore della
quale il popolo, grato, eresse sul Carmine il Santuario di cui stiamo
trattando - un altro evento tellurico, di particolare violenza, si abbatté
sulle nostre contrade, colpendo pesantemente le nostre popolazioni umili e
pacifiche.
Anche in quella grave sventura la Beata Vergine del Carmine fu - per
Avigliano segno di consolazione e di speranza: il sogno di quel nostro
concittadino che - come ebbi modo di leggere in un antico manoscritto
chiedendo da lontano notizie sull'accaduto, diceva di aver visto la Madonna
dall'alto del Calvario proteggere con la mano Avigliano, ancora una volta si
era avverato. La popolazione di Avigliano, anche in quella circostanza, non
subì alcun danno ad uomini e cose. Eppure ben 9.337 furono i morti
registrati nella solo Basilicata e 1.359 i feriti e molti i paesi
completamente distrutti.
Il popolo - raccontano i vecchi - devoto e riconoscente, in atteggiamento
penitenziale portò la statua della Madonna in piazza e 13 per parecchio
tempo, in ginocchio, sotto la guida del clero, rimase a ringraziare la
Vergine per lo scampato pericolo.
A ricordo di quella grazia, fu fatto voto di fare del 16 dicembre, per tutto
il territorio aviglianese, un giorno di rigoroso digiuno e di astinenza, di
sospendere in quel giorno ogni lavoro manuale e di portare ogni anno in
ricorrenza di quella data, per le vie del paese, in processione, la Statua
della Madonna con il clero parato a penitenza, tradizione quest'ultima
ripresa lo scorso anno dopo essere stata per qualche tempo trascurata.
UN POPOLO "CARMELITA"
La devozione alla Madonna del Carmine è così intimamente sentita dal nostro
popolo e così profondamente radicata che nessuna cosa al mondo è stata ed è
capace di cancellarne il ricordo, anche in chi il delitto - a volte ha
spazzato via dal cuore ogni affetto verso la patria nativa ed ogni
sentimento umanitario.
E' il caso del brigante aviglianese Ninco Nanco, la cui crudeltà, nota in
tutta la Basilicata, non si fermò neppure di fronte ad un eventuale
spargimento di sangue da parte dei suoi concittadini, presi d'assalto,
improvvisamente, con una ferocia inaudita, il pomeriggio del 19 novembre
1861.
Ebbene, pur sotto il peso di tanti e così gravi delitti, Giuseppe Nicola
Summa - questo era il suo vero nome - non riuscì a disfarsi dell'affetto
verso la Madonna del Carmine, come risulta da un dattiloscritto, datato
1-1-1910, senza firma, rinvenuto presso l'archivio diocesano di Potenza,
redatto certamente dall'Arciprete del tempo, don Leonardo Pace, dove si
legge: "...egli, il terribile e crudele peccatore, non seppe resistere al
fascino di Maria SS.ma, e nel cuore di una notte buia e fredda si portò, con
rischio della propria vita, ai piedi del Santuario, deponendo, per voto,
d'accanto alla miracolosa Statua di Maria, una doppietta, una ricca collana
d'oro con stella, ed un paio di orecchini, anche d'oro, affinché con il
ricavato della vendita di questi oggetti, si restaurasse la Chiesa della
Madonna".
E il culto che il popolo di Avigliano tributa alla Beata Vergine del Carmine
era talmente noto già d'allora e da più parti conosciuto che taluni non
esitarono ad attribuirgli l'appellativo di popolo "carmelita", figlio, cioè,
della Beata Vergine del Carmine.
Ed infatti, nel nome di Maria, venerata sotto questo titolo, al popolo di
Avigliano si può chiedere qualsiasi cosa, anche gravosa, che comporti
sacrifici, spese o stenti, certi di ottenerla ed in brevissimo tempo.
Così, nel passato, si ricorda la costruzione del campanile della Chiesa
Madre, per la quale venne speso in pochi anni la somma - allora
ragguardevole - di trenta mila lire e la fondazione di un Ospizio di
mendicità, eretto e donato con la sola elemosina domandata in nome della
Beata Vergine del Carmine e, recentemente, si fa menzione dell'acquisto
immediato di un tabernacolo, di una pisside, di due corone, di un'artistica
stella in oro e di altri oggetti sacri, trafugati dalla cappella del Carmine
da ignoti malviventi la notte tra il 26 e il 27 luglio 1973, con offerte
chieste in nome di Maria SS. del Carmine.
E a riprova di questa notorietà del culto che il popolo di Avigliano ha
sempre reso alla Madonna del Carmine e della sua estensione in un vasto
raggio del territorio diocesano si ricorda come S.E. Mons. Agnello Rossi,
carmelitano, nella relazione ad limina del 24 maggio 1698 chiese che la
Beata Vergine del Carmine venisse proclamata protettrice di tutta la diocesi
e che la sua festa fosse dichiarata festa della Patrona della diocesi con
ufficio doppio e messa festiva e solennità con ottava, come per il primo e
principale patrono, salva restando quella di S. Gerardo.
E la Madonna ha mostrato sempre di gradire il nostro attaccamento a questa
sua Immagine.
Il raccolto del 1903 sembrava inesorabilmente compromesso dalla lunga
carenza di piogge, verificatasi in quasi tutta la Basilicata nella primavera
di quell'anno.
Gli aviglianesi, però, non si fecero prendere dalla disperazione.
Fiduciosi dell'aiuto della loro cara Mamma del cielo, organizzarono una
solenne processione di penitenza.
A piedi scalzi e con il cuore riboccante di viva fede, presero la miracolosa
Statua della Madonna del Carmine dalla Chiesa Madre e la portarono fin sul
Monte, nella cappella a Lei dedicata, implorando la pioggia tanto
desiderata.
Mentre si celebrava la Santa Messa "tra le lagrime e i singulti del popolo
accorso" -si legge nel summenzionato dattiloscritto -alcuni aviglianesi
videro "formarsi nel cielo, sovrastante alla Chiesa, una nube a foggia di
stella, che, dilatatasi con celerità, ricoprì tutto il cielo e poscia si
disciolse in una benefica pioggia, che durò per circa otto giorni...".
Tutto il popolo fu invaso da un'indicibile gioia e da devota riconoscenza,
che esplosero in un vero trionfo, quando si trattò di riportare la
miracolosa Icone in paese.
"Precedevano tutte le verginelle" - si legge ancora nel dattiloscritto
citato - poi tutti i giovani, i maestri, le maestre, le autorità del paese,
le confraternite, i Sodalizi, tutto il clero, la Banda provinciale ed un
popolo immenso".
Ne parlarono persino i giornali di Napoli del tempo.
I fatti miracolosi che si moltiplicavano, la folla dei pellegrini che
accorreva sempre più numerosa sul Monte, non solo nel giorno della festa, ma
anche durante tutto il periodo di permanenza del simulacro della Madonna
nella Cappella, le pressioni del popolo, del clero, e delle autorità civili,
la previsione di un incremento conseguente, ancora più vistoso, della
devozione alla Beata Vergine del Carmine indussero l'autorità religiosa del
tempo, l'Ordinario diocesano Mons. Ignazio Monterisi, ad inoltrare al
Capitolo Vaticano istanza a che il Simulacro della Madonna di Avigliano
venisse incoronato.
La richiesta, però non ottenne esito favorevole.
MAMMA, MAMMA": GUARIGIONE DI UNA
SORDOMUTA
Molte sono le guarigioni, molti i miracoli che il Signore - per la premura
con cui gli aviglianesi venerano la mamma sua - opera incessantemente in
questo lembo di terra lucana, specie in occasioni di .sismi, di calamità
naturali ,come abbiamo visto, ma anche in altre circostanze e in periodo di
guerre.
La tradizione popolare ce ne ha tramandati tanti, che ci riesce difficile
farne una cernita, anche perché, non essendo tutti suffragati da documenti
storici, la mentalità scettica e razionalistica del nostro tempo
difficilmente li accetta, a differenza di quella dei nostri padri, i quali,
vivendo in un'epoca tutta impregnata di fede, non trovavano difficoltà
alcuna ad ammetterli.
Non posso però tralasciare il racconto che mi faceva mia nonna di un
miracolo inedito ottenuto da una sua parente, nella cappella del Carmine,
all'inizio del secolo.
Vita Crescenzia - questo il nome della donna fortunata, .sposa di un certo
Nicola Claps, aviglianese di nascita, ma residente a Potenza - era disperata
perché aveva una figlia sordomuta.
Si recò al Carmine, nel periodo in cui la Statua della Madonna veniva in
quella cappella venerata, e con un gesto di dolore misto a speranza, lasciò
cadere la figlioletta Carmela sull'altare della Madonna.
Sarà stata la caduta, sarà stata l'emozione, certo è che la fanciulla gridò:
"mamma mamma" e così ebbe la parola, anche se non in modo perfetto, in modo
però da farsi capire, ed anche l'udito.
Fu ritenuto un miracolo della Beata Vergine del Carmine, tanto che - finché
erano in vita ed hanno potuto, lei, la mamma e tutti parenti più vicini,
compresa mia nonna, non hanno mancato mai di recarsi, almeno una volta, al
Carmine, durante il periodo di permanenza della Statua sul Monte.
Sempre in rispetto al prescritto del Papa Urbano VIII, che - finché la
Chiesa non si sia pronunziata - ai fatti miracolosi che si ricordano non
bisogna attribuire altra fede che l'umana, ricordiamo come fu pure ascritta
alla particolare protezione di Maria la grazia ottenuta da una certa Lioj
Domenica il 16 aprile del 1913, la quale - come si legge nella didascalia di
un dipinto votivo - caduta nella fiumara di Forenza e trasportata con la "
vettura" circa 20 metri, invocando il nome della Vergine del Carmine, fu
salvata.
E cos? si ritennero protetti anche i superstiti combattenti della prima
guerra mondiale, i quali - ritornati sani e salvi alle proprie case - ogni
anno, il 4 novembre, anniversario della vittoria, facevano una solenne
processione di ringraziamento, che aveva il suo punto di maggior commozione
nel momento in cui, di fronte al monumento ai caduti, un superstite prendeva
la parola, per rievocare quei giorni tristi, ma di grande fede.
NESSUNO DEGLI AVIGLIANESI E" MORTO:
23 LUGLIO 1930
Il 23 luglio del 1930 è un'altra data che gli aviglianesi non
dimenticheranno mai: ancora un tremendo sisma scuote violentemente le nostre
terre.
L'epicentro non è lontano: la zona del Vulture! A Melfi si contano ben 300
morti, altri a Rionero, Atella e nelle zone più vicine, danni immensi anche
in altre località... nell'aviglianese invece non vi fu che solo panico e
terrore.
Anzi - come si legge in un diario scritto dall'Arciprete Mons. Nicola
Loffredo e conservato presso l'archivio parrocchiale di Avigliano - "nessuno
degli aviglianesi è morto, anche quelli che erano a Melfi, Rionero, Atella.
La Vergine, da loro invocata, li aveva protetti".
Eppure la scossa avvenne di notte e durò con ripetizione ben 50 secondi.
"Il popolo" - è ancora l'Arciprete che ricorda - "esce dalle case e al
mattino sull'albeggiare si porta sul Monte a ringraziare la Vergine del
Carmelo". Poi si formano squadre che si recano a Melfi ,per portare
soccorso.
"Il 26 luglio si fa una processione di penitenza al Carmine per ringraziare
Maria per lo scampato pericolo... si prende al mattino la Statua dal Carmine
processionalmente e si riporta nel pomeriggio di nuovo sul Monte. Tutto il
popolo è appresso a Maria".
L'usanza viene, poi, ripetuta per parecchi anni ancora.
In seguito, abolita la processione, la data veniva ricordata sul Monte con
una Messa solenne di ringraziamento, seguita da una processione con il SS.
Sacramento intorno al Santuario, alla quale partecipavano numerosi
pellegrini giunti da ogni dove.
Anche questa è andata oggi in disuso: perché non riprendere l'antica usanza,
non dico della processione fino al paese, ma almeno della Messa di
ringraziamento e della processione intorno al Santuario con il SS.
Sacramento?
E' vero che in genere la riconoscenza - come suol dirsi - è un fiore che
presto appassisce, ammesso pure che nasce, ma per noi cristiani non deve
essere così: le generazioni future non devono dimenticare quanto la Mamma
del cielo ha fatto nel passato per i suoi figli devoti.
E certamente non lo dimenticarono mai i 29 soldati aviglianesi che, fatti
prigionieri nell'ultimo conflitto mondiale tra le arsure del deserto
cirenaico, inviarono i loro miseri risparmi perché fosse costruita una nuova
"cosa" al posto della vecchia malandata per portare la Statua della Madonna
in processione, come lo si deduce dalla scritta che ancora oggi è possibile
leggere, ivi scolpita: "I detti soldati prigionieri, memori e grati della
prima grazia (essere cioè sopravvissuti alla tremenda battaglia n.d.r.) già
ricevuta da Maria, a cui fidenti hanno rivolto la loro prece e consacrato il
loro cuore nel fervore del combattimento fra le arsure del deserto cirenaico
e nella speranza di ritornare sani e salvi e con la vittoria italiana a
ringraziare la Regina del Carmelo, offrono questa cona, consigliati
dall'Arciprete Mons. Loffredo che per loro ha pregato e fatto pregare".
La cona, con dentro scolpiti tutti e ventino. ve i nomi degli offerenti, fu
intarsiata a pezzi dai vari artigiani aviglianesi, i quali vollero così
manifestare anche la loro devozione alla Madonna: è quella nella quale
ancora oggi è custodita la Statua della Madonna quando viene portato in
processione. |