Cattedrale di S.
Maria Assunta
Il complesso monumentale è costruito
sostituendolo ad un precedente impianto paleocristiano sorto sulle
vestigia del tempio pagano dedicato ad Ercole Acherontino.
Nel 1059 il Vescovo Godano inizia la costruzione della nuova Cattedrale ed
i lavori proseguono sotto il successore Arnaldo dal 1067; quest'ultimo,
abate del monastero benedettino di Cluny, si ispira alla tipologia
dell'abbazia francese nel realizzare, prima in Italia del genere, la
Cattedrale acheruntina. Nel 1281 Carlo I d'Angiò invia il Giustiziere di
Basilicata ad Acerenza per erigere una nuova cattedrale, della quale non
si hanno altre notizie.
Il sisma del 1456 provoca gravi danni al monumento che, anche per la
frequente assenza degli Arcivescovi, vive un lungo periodo di abbandono.
Nel 1524 la Contessa Maria Balsa, moglie del Conte di Acerenza Giacomo
Alfonso Ferrillo, finanzia il restauro completo della Cattedrale con
16.000 ducati. Nel 1555 il Cardinale Michelangelo Saracino, Arcivescovo
della cittadina, fa ricostruire la torre campanaria destra, in stile
rinascimentale, da Mastro Pietro da Muro Lucano.
Dopo l'evento sismico del 1921 è demolita la cupola della torre campanaria
e viene sostituita da una terrazza.
Il prospetto principale della Cattedrale seguendo il profilo delle navate
presenta una parte centrale a due spioventi, la laterale sinistra a
spiovente unico; sul lato destro, invece, si erge il campanile del XVI
sec., il quale aveva il gemello sinistro crollato per eventi sismici.
Le pareti sono in filari di pietre squadrate ad assetti regolari; un
portale con arco a tutto sesto, di semplice fattura, si apre in asse con
la navata laterale sinistra; il portale d'ingresso centrale ha due mensole
con gruppi scultorei raffiguranti animali in forme leonine e scimmiesche
che avvinghiano un uomo ed una donna; sopra le sculture poggiano
pilastrini ottagonali in marmo colorato, con capitelli a fogliame
affastellato, sopra questi ultimi sono mensole antropomorfe che sembra si
guardino. L'antico arco a tutto sesto che voltava al di sopra, del quale
ne rimangono due tronconi, aveva nell'intradosso mezzi busti di figure
angeliche. Questo splendido portale si colloca nel filone decorativo
romanico-pugliese, degnamente rappresentato in Basilicata dagli
architetti-lapicidi Mastro Sarolo da Muro Lucano, Melchiorre da Montalbano
e Mele da Stigliano; alla base del portale erano due leoni in pietra, uno
dei quali è collocato sullo spigolo sinistro della facciata.
Tra il portale ed il rosone è murato un bassorilievo rappresentante "il
Basilisco", mitico animale che fu l'antico stemma di Acerenza; il rosone è
del 1601, rifatto nel 1928; il secondo stemma sul portale è quello dei
Conti Ferrillo, che nel XVI sec. finanziarono il restauro della
Cattedrale. Il campanile, con leggera scarpa alla base, è su quattro
livelli, al secondo, nel prospetto anteriore, si vede una finestra con
decorazioni rinascimentali; nella cornice a toro al di sotto erano
affiancati gli stemmi del Cardinale Saracino, della città e dei Conti
Ferrillo - l'ultimo è perduto -.
Un'epigrafe in pietra sotto la cornice ricorda la ricostruzione del
campanile del 1555 e, sotto il cornicione al primo livello si legge la
firma dell'architetto Pietro da Muro Lucano, mentre, su una pietra
angolare in alto a destra è la data 1554; si vedono anche una piccola
finestra ed uno spazio incassato ove si trovava l'epigrafe di un monumento
dedicato all'imperatore Giuliano l'Apostata (363-331 a.C.); di
quest'ultimo si conserva un pregevole busto marmoreo, nel Museo
della Cattedrale, rimasto, per molto tempo al vertice del timpano di
facciata in quanto ritenuto il busto di San Canio.
Elementi scultorei di epoca romana e paleocristiana sono usati nella
ricostruzione della torre campanaria e nel prospetto. Il lato sinistro
della Cattedrale è in conci di pietra squadrati alleggerito da una cornice
di archetti pensili sostenuti da paraste.
La zona posteriore presenta una serie di pareti curve con le absidiole dei
bracci del transetto, le absidi radiali dell'abside maggiore e, verso
l'alto, le torri scalari che spingono lo sguardo al tiburio ottagonale che
domina la Cattedrale. Nelle absidi radiali si vedono quattro colonnine in
marmo, in parte tortili, del ciborio della chiesa paleocristiana, insieme
ad elementi architettonici di varia provenienza. La torre scalare destra è
collegata con l'interno del tiburio mediante un arco rampante esterno.
L'interno della Cattedrale evidenzia la maestosità del sacro edificio; a
destra è la porta di accesso al campanile con scala a chiocciola in pietra
che, al primo livello, si collega alla cantoria sopra l'ingresso;
terminata la navata destra si trova la porta della sacrestia, dove sono
antichi paramenti sacri e oggetti lignei e metallici anche di periodo
angioino. Nel braccio destro del transetto è collocato un grande polittico
di Antonio Stabile del 1583 con "Madonna del Rosario in trono e Bambino
che porge il rosario a San Domenico con San Tommaso" e quindi tele minori
con vita, morte e resurrezione di Cristo, racchiuso in una cornice del
1585 ed una "SS. Trinità" di autore ignoto. Nella conca absidale destra è
il Battistero, con colonnina scanalata elicoidale - la vita eterna -,
sotto una vasca monolitica in porfido ascritta all'XI secolo; la piccola
porta a fianco è quella della torre scalare destra. Si entra nel
deambulatorio, che gira attorno al coro, dove si nota il reimpiego di
colonne, capitelli e frammenti lapidei provenienti da edifici più antichi;
vi sono anche tre cappelle dedicate a San Michele Arcangelo, con una
statua del XVII secolo; a San Mariano, con reliquie del Santo ritrovate
nel 1613 e la statua fatta per l'occasione a San Canio, patrono di
Acerenza, con altare barocco del XVII secolo che racchiude quello in
pietra dell'VIII secolo, visibile da un'apertura circolare, simile ad un
sarcofago, sul quale sarebbe poggiato un nodoso bastone che si muove
spontaneamente, talora a portata di mano, altre sul fondo della nicchia -
tradizione documentata sino dall'VIII secolo indica l'appartenenza del
bastone a San Canio-; il busto ligneo del Santo è del XVII secolo.
Sulle pareti del deambulatorio si vedono alcuni affreschi con"Madonna con
Bambino in trono" della prima metà del XVI secolo, con San Francesco e San
Girolamo negli stipiti della nicchia ed un "San Pietro" o "Papa Urbano
VIII" con una epigrafe. La parete di fondo del braccio sinistro del
transetto ha la porta di accesso della seconda torre, mentre sulla parete
di testata è sistemato un grande dipinto con la "Deposizione" di Antonio
Stabile, datato 1570, ed un secondo dipinto con "L'Ultima Cena" nella
sovrastante lunetta di autore ignoto; le opere sono in una edicola
marmorea rinascimentale, della seconda metà del XVI secolo, probabile
opera di Pietro da Muro Lucano. Tra il transetto e la navata centrale si
eleva il coro e la conca absidale con cinque vetrate che raffigurano San
Canio, San Pietro, Santa Maria Assunta, San Paolo e San Mariano; al centro
del coro è un Crocifisso ligneo del XVII secolo ed un altare provvisorio
con mensa in pietra poggiata su un grande capitello corinzio. I sottarchi
e la base dell'abside sono affrescati con motivi floreali, zoomorfi ed
antropomorfi fantastici, forse tardo rifacimento di decorazioni
precedenti.
Sotto il presbiterio è stata costruita, nel 1524, una cripta che risulta
uno dei migliori esempi di architettura rinascimentale del meridione.
È costituita da un vano rettangolare con quattro colonne al centro, su
alti basamenti con capitelli corinzi a sostegno di una volta a crociera
ribassata a nove campate. Di fronte all'ingresso è situato il
piccolo altare sormontato da una nicchia dove è un sarcofago, preparato
per la sepoltura del Conte Ferrillo; nella zona inferiore si vedono gli
stemmi delle famiglie Ferrillo ed Orsini. Alla base di una colonna una
epigrafe data la costruzione all'anno 1524. I ritratti, in bassorilievo,
del conte Giacomo Alfonso Ferrillo e di Maria Balsa si vedono nel fregio,
sopra le paraste, della parete sinistra.
La cripta è decorata con affreschi di Giovanni Todisco da Abriola con San
Matteo Apostolo, Sant'Andrea, l'Adorazione dei Magi e Santa Marina di
Antiochia. A sinistra dell'ingresso è collocata un'acquasantiera che
contiene un rilievo con quattro pesci; la gemella, ora distrutta, aveva la
frase Sl CREDIS NUDA LAVATA 1524.
Testo
tratto da "Itinerari di Federico II " A. Borghini, 2000 |