Chiesa di S. Antonio e Convento
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Pomarico
La Chiesa di S. Antonio del Monastero. Per
notar Cesare Petrarca a foglio 49 "...nel maggio 1603 si è convenuto tra
il Sindaco, notar Guglielmo Recco, insieme al Superiore dei Padri
Francescani, Riformati da Clemente VIII, ed il mastro, Pernozio Bagnolo da
Ancona, muratore, di costruire il Monastero, con la chiesa, nella contrada
"Piana" o , secondo il modello fatto dall'Università, a carlini 5 e mezzo
la canna nella parte di sopra e carlini 3 nella parte di sotto....".
Si ignorano le ragioni per cui non andò in
attuazione tale contratto; ma è certo, che il lavoro fu eseguito da altri
muratori, come dal seguente istrumento, redatto dall'istesso notaro nel
1604, foglio 84, tra il Sindaco, notar Geronimo Minora, ed i mastri
muratori, Giovanni Martino e Lucio da S. Nicola "...di costruire il
Monastero in contrada "La Piana" o , secondo il modello del Monastero dei
Cappuccini di Grottole, a carlini 5 e mezzo la canna, come si era
stabilito nel primitivo contratto....". Nel 1610 il clero concesse circa
di terreno nella sua vigna, in contrada richiesti dal Padre Guardiano del
Monastero per ampliare il relativo orto.
Per notar Francescantonio Petrarca, 1622 "...contratto tra il pittore,
Ferro Pietrantonio di Tricarico e D. Tiberio Vinciprova, per sé e per i
suoi nipoti, Cornelia e Francescantonio Recco, figli del fu notar
Guglielmo, per far dipingere un quadro su tela nella Chiesa del Monastero,
a mano sinistra entrando, grande e largo tanto da coprire il muro
sottoposto all'arco, rappresentante la SS. Vergine col Bambino in seno,
che porge la croce a S. Francesco d'Assisi alla sua destra, mentre alla
sua sinistra sta S. Antonio di Padova, ed ai piedi un angelo nell'atto di
sollevare un'anima dal Purgatorio. Come compenso D. Tiberio dà un vecchio
quadro e ducati ventiquattro....".
Per il notaro Pacilio D. Giuseppe, nel 1710, si stipulò l'atto di
donazione tra D. Giovanni Damieno ed il Guardiano del Monastero in parola,
Padre Bonaventura da Pomarico, di un calice di argento con nove statuette
a basso rilievo al piede (tra le quali primeggiavano S. Francesco, S.
Antonio e S. Bonaventura ), del valore di ducati sessanta in beneficio del
Monastero.
Dall'Ughelli erroneamente è stato asserito, che il suddetto Monastero non
fosse stato edificato, ex novo, nel 1604, bensì fosse sorto sui ruderi di
un vetusto cenobio, fatto costruire dal venerabile S. Francesco nel
transitare per queste contrade diretto in Palestina, e che, in tale
evento, il Santo d'Assisi, scosso dalle lacrime e dalla fede di una madre,
richiamò dalla morte alla vita una donzella che, nella bara, avvolta nel
bianco sudario, era portata a seppellire.
Benché prestare fede a tale opinione ridondasse ad onore del paese, se
veramente questo avesse avuto la somma ventura di ospitare, anche per poco
tempo, nelle sue mura il gran Santo taumaturgo e fosse stato prescelto da
lui luogo degno di essere celebrato per l'azione miracolosa, che egli si
fosse benignato di fare, ad edificazione del popolo pomaricano in quei
tempi di fede tiepida inquinata dalla sete dell'oro e del potere, pure non
risponde a verità.
Il Monastero, come risulta dai su citati atti, fu edificato, e per la
prima volta, nel 1604; mancando assolutamente qualsiasi notizia, anche
tradizionale, sulla pregressa e remota esistenza di un altro, di cui gli
avanzi murari i superstiti giammai hanno rivisto la luce.
Circa poi il miracolo, ecco quanto è scritto nelle Cronache dei Frati
Minori: madre d'avere altri figliuoli, fu tanto il lor dolore, che furono
per morire con essa lei; et venuti che furono gli amici ed i parenti al
duolo, per seppellirla, la madre era talmente addolorata e dall'affanno
oppressa, che tutto si struggeva in pianto, ed era così fattamente
occupata dal dispiacere, che non vedea, né intendeva cosa alcuna, che ivi
vi facesse. Ma mentre, ch'erano in tanta amaritudine, e tutti quanti come
disperati, apparve a quella donna, sua devota, il glorioso Padre San
Francesco con un compagno solo, e le disse con parlare pietosissimo: non
piangere più o donna, perché il lume della tua candela, che tu piangi per
morto, t'ha hora da essere per la mia intercessione, riacceso; ciò detto,
disparve. Onde la donna fece sapere a tutti i circostanti quello, che gli
disse allora il -Santo, ne volse che portassero più il corpo della
figliuola a seppellire; ma con gran fede chiamando il nome del suo San
Francesco, ed accostatasi ai cataletto, né levò la sua figliuola viva e sana alla
presenza dei parenti ed amici; i quali innalzarono le voci fino al Cielo
dando gratie al Signore ed al suo servo Santo". Fu dunque un'apparizione e
non la presenza reale di S. Francesco: ciò rilevasi da questa narrazione.
Testo tratto da "Cenni cronostorici di
Pomarico" di Donato Pasquale
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