Chiesa Matrice di S. Michele Arcangelo

Da molto tempo il suolo, su cui sorgevano la Chiesa ed il vicino castello, dava segno di poca efficienza statica, infatti nel 1560 crollò una parte del castello. Nel 1603 l'arciprete Altobello Donati fece rifare la pericolante sagrestia. Nel 1703 minacciava rovinare un'altra parte del castello, come dall'atto per notar Giuseppe Pantaleo, altrove riportato. Poco dopo dell'anno 1714, in cui la chiesa era ancora in discreto stato, tanto che il Capitolo decretò "..dalla massa comune di fare gli stipi nella sagrestia...", in vista del pericolo che andava accentuandosi per nuove lesioni apparse nei muri di essa, si pensò alla costruzione di un'altra, di dimensioni maggiori per i bisogni nuovi della popolazione, durante l'arcipretura di D. Saverio Giordano; il quale ebbe la ventura di collocare la prima Pietra dell'edificanda chiesa, con atto, per notar Alessandro Palma, del 20 ottobre 1748, foglio 50, previa concessione a tale uopo nell'istesso anno per ducati dieci, di un pezzo di terreno olivetato del Capitolo, intestato a S. Carlo; dandosi il rimanente del territorio ad enfiteusi a varii cittadini per adibirsi a suoli edificatorii. Questo oliveto apparteneva a D. Oronzio Aspello, ultimo erede maschile di questa illustre antica famiglia pomaricana, morto nel novembre 1636. Nel febbraio del 1637 il Capitolo se ne impossesso insieme ad altri beni del defunto, in virtù della Bolla, spedita dalla Curia arcivescovile, che concedeva ad esso tale eredità, per mancanza di eredi maschili della famiglia Aspello.

Il 16 marzo 1754 una delle sue campanelle....". 
L'arciprete D. Tommaso Pizzolla, zelantissimo nell'adempimento del proprio dovere, si cooperò in modo esemplare per il proseguimento della costruzione della chiesa per la relativa dotazione in arredi sacri. 
Il 1 agosto 1783, col permesso dell'arcivescovo Zunico, sollecitato dal detto arciprete, dalla vecchia chiesa si portarono processionalmente alla nuova il SS. Gesù Sacramentato con tutte le statue dei santi; iniziandosi pure da quel giorno la celebrazione dei sacri ufficii, anche per eccitare e promuovere la devozione del popolo nelle volontarie elargizioni per far fronte alle ingenti spese, occorrenti per completare ed arredare la chiesa. 
Il 23 luglio 1786 il detto arciprete comprò a proprie spese l'organo dai Padri Benedettini di Montescaglioso per mille ducati, da pagarsi in dieci anni a rate annuali di cento ducati. 
Sin dal 1748, durante l'arcipretura di Giordano, furono eletti dall'arcivescovo del tempo due deputati, D. Vincenzo Selvaggi e D. Tommaso Abbate Porcellini, per curare i lavori della edificazione della chiesa. 
Il Porcellini attese con tanto zelo al mandato affidatogli, specie quando fu eletto arciprete, che dal 1748 fino alla sua morte avvenuta il 24 settembre 1757, si erano spesi per la costruzione millecentodieci ducati e quarantasette grana. Tale somma unita all'altra, erogata da suo fratello, D. Vito Porcellini, formavano ducati millecinquecentotre e grana trentadue. 
Il deputato D. Cesare Padula, successo al precedente, ne spese altri ducati settecentoquarantotto e grana sette, dall'anno 1762 al 9 aprile 1770. 
Dal 10 aprile 1770 fino al 17 settembre 1773 furono spese dal deputato, Giovanni Gualtieri, altri ducati settecentosedici e grana quattordici, in tutto ducati duemilanovecentosessantasette e grana cinquantatre. Dall'anno 1773 il detto arciprete Pizzolla, che diuturnamente si prodigò tutt'uomo a sorvegliare i lavori ed a provvedere a tutto quello che occorresse alla bisogna, fino al 31 luglio 1783 spese ducati quattromilaseicentosessanta e grana novantotto. 
Dal 26 luglio 1786, in poi, fece dorare la sedia e la statua di S. Michele Arcangelo, ordinò la manifattura dei confessionali, acquistò tutti gli arredi sacri occorrenti all'altare maggiore ed a quello di S. Michele. 
Nell'agosto dello stesso anno fece trasportare l'organo, già acquistato dai Padri Benedettini di Montescaglioso, spendendo ducati duecentoquattro e cinquantadue grana. 
Il 23 agosto del detto anno contratto con i mastri milanesi, Giuseppe Santillo, Berardino Tabacco e Sante Regolo per far decorare la chiesa con cornici ed ornati di stucco. Il lavoro fu cominciato dal coro per il compenso di ducatii centosessanta e grana cinquantasei; poscia fu proseguito con lo stuccare la cupola, per ducati settanta, indi la cappella della S. Concezione e la navata maggiore, per ducati quattrocentonovantatre e grana novantanove, spendendosi infine ducati quarantasei e grana ottantotto e mezza per la copertura necessaria a proteggere lo stucco. 
Fin dal 29 settembre 1788 l'infaticabile ed ammirabile arciprete dispose per la costruzione del campani}e, la quale, iniziatosi il 29 settembre 1788, in quattro riprese, si completò il 7 ottobre 1792, spendendosi cinquecentonovantatre ducati e grana sessantasette e mezza, completandosi così la facciata barocca della chiesa. 
Mercé l'elargizione di quaranta ducati fatta da Giovanni Massarotti, con quella di pari somma fatta da Rocco Ramaglia e con venti ducati, offerti da Modesto Mazzaferri, rimettendoci l'arciprete per conto suo altri quaranta ducati, per saldarne il costo, acquistò, in Andria, la macchina in ferro battuto, con la nicchia per collocarvi la statua di S. Michele Arcangelo, mani fatturata dal maestro Francesco Paolo Giordano del peso di cantaio tre e mezzo. Fu essa situata il 12 aprile 1789, e con grande giubilo del popolo, fu illuminata, per la prima volta, dalle candele infissavi nella festività dell'otto maggio 1790 di S. Michele Arcangelo. 
Il 17 agosto 1793 per ducati trentotto e grana quaranta lo stesso arciprete acquistò in Napoli la statua di Gesù Bambino con la corona di argento. Il 14 ottobre 1793 presso l'orafo Giuseppe de Martiis, cambiò il vecchio ostensorio con un nuovo e di maggior pregio per dare maggiore magnificenza e decoro alle funzioni religiose. 
 Per impedire che l'antica statua di S. Michele Arcangelo, sita nella nicchia della macchina sull'altare -maggiore, fosse rimossa nella ricorrenza delle due festività annuali, con pericolo di rottura o di altro, ne comprò una nuova, per ducati cinquantuno e grana venti, il 16 febbraio 1794, l'attuale, che si porta in processione. 
Il 18 ottobre del detto anno comprò il baldacchino, laminato d'oro, con le relative aste, manifatturato a Bari, per il prezzo di ducati centonovantadue, a mezzo di monsignore arcivescovo unico, il quale donò all'uopo ducati trenta; i quali, insieme a ducati settantacinque dati dal Priore della Confraternita del SS. Rosario e ducati ottantasette offerti da lui formarono la somma occorrente al saldo del costo del baldacchino. 
Il 5 gennaio 1795 acquisto, per ducati trentaquattro e grana quaranta, l'ombrello, laminato d'oro. Di essi ducati tredici furono donati da lui ed il resto da devoti cittadini. 
Lo zelantissimo arciprete il 6 agosto 1795 contrattò col maestro, Francesco Paolo de Bellis, la  costruzione delle scalinate, dell'abside del Cappellone di Gesù Cristo e di quello di S. Michele Arcangelo, con pietre trasportate da Santeramo, per ducati duecentoquattro e grana due. 
Il 14 agosto 1795, per ducati trentasei e grana sessanta, acquistò due parati nuovi per l'altare maggiore e per quello di S. Michele Arcangelo. 
Nell'aprile del 1796 comprò la balaustrata, in ferro battuto, attorno al presbiterio, deI peso di cantaia trenta, costruita dal maestro Giordano Giuseppe da Andria, spendendosi in tutto, compreso il trasporto, il lavoro degli scalpellini, ecc. ducati duecentosessantaquattro e grana ventidue. 
Il 29 aprile 1797 egli spese ducati centocinquantuno, per cinque confessionali nuovi e l'abbellimento della nicchia di San Michele Arcangelo sull'altare maggiore, che il 27 novembre dello istesso anno fece dorare dal maestro Nicola Maria Bruni da Pisticci, per ducati venti. 
Il 29 settembre 1798 fu collocata l'inferriata al Cappellone del SS. Sacramento, del costo di ducati centocinquantotto e nove grana: dei quali centodieci ducati sborsò un devoto ed il resto l'arciprete. 
Questi il 26 ottobre dell'istesso anno comprò per ducati settantotto tre pianete ricamate in seta ed oro a beneficio del Capitolo; ed il 27 settembre 1799 spese trecentosessanta ducati per l'acquisto di una pianeta, due tonacelle, un piviale ed un omerale, riccamente ricamati in oro, portanti l'effige di S. Michele Arcangelo, ed altri ducati cinquantotto e grana cinquantasette, per un'altro piviale, due tonacelle e tre pianete. 
Il 10 ottobre dell'istesso anno spese ducati quindici per far costruire in selenite, uso marmo, la custodia del SS. Sacramento dal maestro stuccatore, Pietro Ronaro. 
Il 6 maggio 1800 cambiò i vecchi calici di argento con nove nuovi, del medesimo metallo, dall'orefice Emmanuele de Mutiis, di cui uno dorato, acquistando anche una pisside di argento, rifondendoci ducati duecentosei. 
Il primo agosto del detto anno spese ducati otto e grana venticinque per far verniciare l'inferriata del SS. Sacramento, e ducati diciasette per l'acquisto dell'orologio. 
Il 26 marzo 1801, per ducati centequattordici e grana sei, acquistò tre paramenti sacerdotali completi. 
Il 18 agosto 1802 si completò la costruzione della sagrestia, iniziatasi nel 1798, dal maestro muratore Giambattista Selvaggi, con i relativi ornati di stucco, spendendosi in tutto ducati ottocentodiciannove e grana novanta, oltre le porte, finestre, ecc. per le quali furono erogati ducati ottantasette e grana diciasette. Nei primi del settembre 1803 i preti presero possesso della sagrestia. 
Il 5 febbraio 1802 il sullodato arciprete, che era stato colto da emorragia cerebrale, si portò a Napoli, per tale motivo onde consultare un illustre clinico, ed ivi acquistò a proprie spese, una bellissima pianeta del costo di ducati sessantatre, ed una croce di ottone argentata per conto del Capitolo. 
Nel giugno 1802 pensò di far costruire il coro nuovo dal maestro Cherubino Curcio da Lagonegro per ducati settecentocinquanta. (Atto per notar Donato Glionna). 
Nell'agosto del 1803 fece circoscrivere con un muro l'atrio davanti la chiesa, per impedire l'accesso dell'acqua delle piogge, spendendo quaranta ducati ed in questo stesso anno fece fondere la campana, rottasi nel 1802. 
Il 22 ottobre 1803 affranto dal lavoro, colto da crudele malattia e dolente di non poter vedere compiute tutte le opere da lui vagheggiate nella chiesa e già da lui iniziate con tanto ardore, rassegnato morì, compianto dal clero e da tutto il popolo, che, nella morte di lui, vedeva scomparso il suo Padre. 

Testo tratto da "Cenni cronostorici di Pomarico" di Donato Pasquale
Pubblicazione autorizzata dall'autore

 

 

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