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STELLA & STRISCE – Star and Stripes un film di Fulvio Wetzl

Il progetto di un film su Joseph Stella, nasce da alcune considerazioni e concomitanze: il più grande pittore futurista americano, è nato a Muro Lucano nel 1877 e ci rimarrà sino all’inizio del 1896. Quindi 19 anni di formazione, fondamentali, non solo “origini lucane”. I fondamenti della sua poetica si formeranno in questi anni, in alternanza con gli studi al Liceo Classico Umberto I di Napoli, dove si diplomerà nel 1895. Già nella prima adolescenza Stella dimostra una grande disposizione per il disegno e la pittura, se prendiamo per vero l’episodio della pala d’altare commissionata dal parroco di Muro che viene portata in processione alla chiesa madre (del quadro non c’è più traccia, ma l’episodio andrà ricostruito perché è suggestivo e racconta bene il misticismo e l’arcaismo, la devozione popolare cui Joseph Stella ritornerà, dopo il 1922-23) Di questi primi anni sarà importante ricostruire la vita di un paese come Muro alla fine dell’800, animato da bambini e ragazzi, privilegiando l’ottica contemplativa di Giuseppe che fisserà alcuni scorci, alimento di disegni e quadri sia giovanili che della maturità (dal fondo della valle del cosiddetto ponte di Annibale, le ripe scoscese ricorrenti in molti quadri, le visioni dalla casa del padre). A livello di ambientazione Muro è rimasto sufficientemente intatto, soprattutto nel rione Pianello e nella valle del Rescio, superata solo nel 1918 dall’alto ponte in cemento armato che unisce il Pianello a Capodigiano.
Anche gli anni di Napoli al liceo Umberto I andranno ricostruiti, proprio perché formativi delle forti basi culturali di respiro europeo che Giuseppe Stella, a contatto con il mondo culturale e accademico napoletano ebbe modo di crearsi; determinando oltre che la profonda conoscenza dell’arte, e Napoli in questo gli permetteva una verifica de visu dei grandi capolavori di tutte le epoche, dai giotteschi ai caravaggeschi, anche la sua assoluta facilità nell’apprendere le lingue, inglese e francese, che creerà quelle basi che gli faciliteranno poi i suoi trasferimenti, a New York e a Parigi.
Nel 1896 parte alla volta degli Stati Uniti, e approderà a New York il 1° marzo. La sua non è una migrazione classica alla ricerca di un lavoro che la povera Lucania non gli offriva, (gli Stella a Muro erano una famiglia tra le più agiate) ma è ante litteram, una migrazione culturale, chiamato dal fratello Antonio, medico già stabilitosi in città, dov’è diventato un punto di riferimento sanitario per tutta la comunità italiana, oltre che medico e ricercatore di grande levatura. Sarà interessante descrivere questo rapporto tra fratelli, e invece essere rapidi nel raccontare i primi due anni di Giuseppe-Joseph a New York, dediti a cercare di seguire le orme di Antonio, campo, la medicina, che Joseph abbandonerà per riprendere e perfezionare le sue doti di pittore con maestri come William Merritt Chase, in bilico tra accademia, preziosità fiamminghe, e postimpressionismo, e Robert Henri che partendo da basi impressionistiche approderà ad un realismo più crudo.
Joseph arriverà in contatto quindi da una parte con il realismo pittorico e del disegno, aiutato in questo anche dalle problematiche connesse al dolore e alla malattia conosciute nello studio del fratello, dall’altra con l’universo dell’emigrazione, delle condizioni di lavoro precarie di gran parte dei suoi connazionali. Che lo metterà in contatto con ambienti progressisti americani. Questo nuovo aspetto del suo lavoro di artista impegnato nel sociale troverà coronamento nell’incarico di disegnatore per il “Charities and the Commons” un giornale riformista, che lo manderà in missione a documentare con disegni la tragedia nel 1907 alla miniera di Monongah nel West Virginia, dove perirono ufficialmente 347 minatori (in realtà probabilmente quasi 1000, tenuto conto che non tutti venivano registrati), di cui una buona parte provenienti dall’Italia e in particolare dal paese calabrese di San Giovanni in Fiore. E poi nel giro di due anni nel secondo incarico del “Charities and the Commons” che lo invierà a testimoniare, in disegni di crudo realismo e di grande resa fisiognomica, il mondo delle fabbriche e degli slums di Pittburgh, luogo della prima evidente frattura tra le “magnifiche sorti e progressive” del mondo industriale, e gli effetti devastanti sull’umanità e la dignità delle persone coinvolte in quel meccanismo produttivo. Come un reporter moderno Joseph Stella indagherà con il “bisturi” della sua penna a china, tutta l’umanità dolente ammassata nei miserabili quartieri intorno alla fabbrica, anche questi descritti senza abbellimenti.
Nel 1909 Joseph Stella torna in Italia e per la prima volta ritorna a Muro. E’ diverso oramai dai suoi concittadini (veste con una “giacca americana” e il cappello a larga tesa che lo caratterizza nelle foto) e direttamente da lì, andrà a Parigi dove entrerà in contatto tramite il salotto di Gertrude Stein con Picasso, Matisse, Modigliani, Fernand Leger e i futuristi Carrà, Boccioni, Severini. Sarà bello descrivere il grande fermento sperimentale di quegli anni a Parigi, in cui cubismo, futurismo, fauve, si alternano vorticosamente, in un’esaltazione modernista delle macchine, della velocità, dell’azione tumultuosa e in una scomposizione e ricomposizione cinetica, quella del cubismo, atta a mettere definitivamente in crisi il concetto del bello e della verosimiglianza nell’arte.
Ripartendo per New York Stella troverà nella città, nelle sue volumetrie, nei tracciati luminosi che disegnano i suoi ponti e le sue strade, il corrispettivo realistico ai presupposti teorici del futurismo. In grandi quadri Battle of lights, Coney Island , Mardi Grass, The procession – A chromatic sensation e più tardi nel 19-’20 la serie dedicata al Ponte di Brooklyn, vera icona futurista di New York, esaltato da Stella nei suoi archi ogivali altissimi che lo fanno sembrare una cattedrale gotica di notte, e il polittico in cinque pannelli New York Interpreted – the Voice of the city, chiaramente ispirato alle pale d’altare del rinascimento italiano, non stilisticamente, ma concettualmente.
Contemporaneamente Joseph darà vita insieme agli amici pittori, Francis Picabia, Marcel Duchamp, Man Ray , Katherine Dreier, al musicista “concreto” Edgar Varése nel salotto dei coniugi Walter e Louise Arensberg, al movimento New York Dada. Ricostruiremo anche questo provocatorio e contaminato movimento, tra il teatro, il cinema, la pittura, la performance, che utilizza tutto ciò che è esistente decontestualizzandone la funzione. Joseph stesso comprerà la famosa fontana di Marcel Duchamp (un orinatoio montato orizzontalmente), ma qualcuno, considerandolo troppo provocatorio prima dell’esposizione lo farà cadere intenzionalmente incrinandolo.
Al Ritorno a Muro una novità attende Joseph Stella: i suoi compaesani, quasi per fargli una sorpresa lo portano verso la valle sotto il Pianello. Così Joseph trova un’immagine inaspettata: quello che i Muresi chiamano “un pezzo d’America volato fino a qua” il nuovo ponte di cemento armato ad un’unica campata inaugurato nel 1918, dal ministro Francesco Saverio Nitti. Ma Joseph non è felice: quel ponte altissimo non è l’equivalente dell’amato ponte di Brooklyn ma rompe l’armonia della valle del torrente Rescio, che tante volte, nei disegni e nei dipinti Stella ha rievocato. “mi spezza l’orizzonte” mormora davanti ai suoi amici e parenti, delusi della sua reazione.

Autore: Fulvio Wetzl

 

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