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IL "MIRACOLO DEL BASTONE" IN UNA CRONACA NOTARILE DEL 1779

Francesco Paolo Saluzzi è notaio ad Acerenza dal 1751 al 1781, anno in cui nell'esercizio della professione gli subentra il figlio Gabriele (1) . Egli è il notaio di fiducia del clero acheruntino, che spesso lo interpella per la stipula di contratti di vario genere riguardanti sia il capitolo della cattedrale che i singoli canonici. Così, è lui ad esser interpellato per gli atti più importanti riguardanti, ad esempio, l'acquisto da parte del capitolo di un nuovo palazzo da destinare a residenza del vescovo (2) , oppure i restauri all'antica chiesa metropolitana, come quelli previsti nella convenzione stilata nel mese di novembre del 1755 fra l'arcivescovo Ludovico Antonio Antinori e l'appaltatore barese Giuseppe de Grecis, finalizzata all'esecuzione di consistenti lavori di riattazione, decorazione e arredo corrispondenti al valore di ben tredicimila ducati (3).
Uomo, dunque, abituato ad intrattenere rapporti di lavoro quasi quotidiani coll'ambiente ecclesiastico locale. Ma non solo. Egli stesso si presenta infatti a noi come uomo credente e profondamente religioso. Al punto tale, da spingersi a riempire diverse pagine di un suo protocollo, destinato ad accogliere atti di compravendita, testamenti e capitoli matrimoniali, con la minuziosa cronaca degli eventi prodigiosi occorsi nella cattedrale il 30 maggio 1779 e nei giorni seguenti (4). E ciò, con un fine genuinamente spirituale: quello di lasciare ai posteri il suo racconto di testimone diretto dei fatti, "acciò si infervoriscono verso detto glorioso santo nostro protettore, per mezzo della di lui intercessione possiamo, e possimo avere beni temporali in questa vita, e beni eterni nell'altra." Egli si spoglia allora della veste della sua professione, abbandona il rigido formalismo del linguaggio notarile e veste i panni dell'uomo comune, affascinato e pienamente coinvolto dinanzi alla manifestazione della divinità.
Gli eventi raccontati dal Saluzzi si riferiscono ai due prodigi attestati svariate volte nella cattedrale già da autori più antichi, e che nei secoli scorsi ne hanno fatto meta di numerosi pellegrinaggi da vaste zone della regione. Si tratta, in particolare, dei miracolosi spostamenti di quella reliquia identificata dalla tradizione locale come un pezzo del bastone usato dal santo vescovo nei suoi viaggi, conservata all'interno dell'altare del santo e da qui visibile e toccabile attraverso un'apertura circolare (vedi fig.1), e dell'altro un po' meno famoso prodigio della fuoriuscita dai marmi del sarcofago dello stesso santo della cosiddetta "manna", liquido di grandi proprietà terapeutiche (5). Nel XVII secolo ne parla anche l'abate cistercense Ferdinando Ughelli nella sua Italia Sacra allorquando fa cenno ai tre altari della cripta: "in quorum medio jacere dicunt corpus Divi tutelaris Canionis ibi reconditum a Leone laudatissimo ejus urbis episcopo, anno Domini 799. Ejus translationis festus dies celebratur 11 martii, festivitatis vero 15 maii; in qua die, quod mirum est dictu, ex lapideo loculo liquor pretiosus manare solet dulcis et omnibus infirmitatibus salutaris. Prope sacrarium visitur locus ubi asservatur simulacrum ejusdem sancti in altari compaginato ex candido marmore, vacuo tamen: in eo asservatur pastorale pedum martiris, quod per foramen conspicitur, et tangitur; aliquando vero per menses multos nec apparet,nec tangi potest; quod ferunt cum accidit flagellum, iram divinam haud longius abesse. Asservatur in argentea pretiosa statua ejusdem insignis reliquia ad populorum confugium, et devotionem." (6)
Ancora alla fine del XVII secolo, pertanto, sia quello che veniva ritenuto il sarcofago del santo, sia l'altare contenente un pezzo del suo pastorale, erano collocati entrambi nella cripta, alla quale i numerosi pellegrini potevano facilmente accedere tramite una scalinata in asse con la navata mediana (7). Alcuni autori locali ci informano che dietro il sarcofago c'era un incavo in cui si raccoglieva la manna miracolosa: ogni anno, il 25 maggio, le porte della cripta venivano spalancate alla folla di pellegrini che vi accorreva numerosa e che, per scopi terapeutici, nella manna raccoltasi in quell'incavo inzuppava i propri fazzoletti (8).
La testimonianza dell'Ughelli, ma più ancora quella del notaio Saluzzi, ci attestano dunque quanto fosse forte nei secoli XVII-XVIII il fervore devozionale verso San Canio, il santo vescovo africano le cui spoglie sarebbero state trasferite ad Acerenza nel 799 per iniziativa del vescovo Leone dal paese di Atella, in Campania, dove si trovavano (9): ad Acerenza, secondo il racconto della translatio, subito dopo il trasferimento la sua tomba avrebbe cominciato a rifulgere per la fama di insigni miracoli (10). Il culto verso il santo è attestato in Basilicata già a partire dalla metà del secolo XI: ne costituisce una valida testimonianza, tra l'altro, l'inclusione della sua festa nel martirologio del monastero della SS. Trinità di Venosa del XII secolo (11).
La cronaca del Saluzzi narra a tinte vivaci come nel maggio del 1779, durante gli otto giorni della festa del santo, avente inizio dal giorno 25, e precisamente nella notte fra il 30 ed il 31, dopo aver aperto lo sportellino a protezione del luogo di custodia del sacro bastone, al lume di una candela si poté osservare la venerata reliquia sospesa a mezz'aria, in sfregio ad ogni legge di gravità. La notizia del prodigioso fatto si diffuse immediatamente in tutta la città, facendo riversare in chiesa una folla di gente, tra cui molti forestieri, che vi si precipitò ad osservare con i propri occhi il miracolo in mezzo ad un tripudio di luci e di suoni: pianti, preghiere gridate ad alta voce, litanie, Te Deum, rintocco di campane, note d'organo, campanelli, torcie che illuminavano l'altare del santo... Tra la folla straripante e commossa, anche il notaio Saluzzi. Dopo circa tre ore di generale eccitazione mistica il sacro bastone venne visto, altrettanto miracolosamente, calare verso il basso, e ciò alla presenza di un prelato materano (12) che si trovava al seguito di mons. Francesco Zunica (13), arcivescovo di Acerenza e Matera, proprio in quei giorni - quando si dice la coincidenza! - residente nel capoluogo acheruntino perché in visita pastorale nella zona "alta" della sua vasta arcidiocesi (14). E quanto più era forte la competizione e la gelosia fra le due sedi arcivescovili, tanto più appare volutamente messa in risalto, dalla sottile penna del Saluzzi, la meraviglia ed il turbamento dell'ecclesiastico materano, il quale "tramortì a terra, ed appena gridò "grazie S. Canio", e da tal trimore cercò d'insagnarsi, ed immediate si confessò al penitenziero signor don Nicola Alfani, e fece il voto, che ritirato(si) in Matera voler mandare una torcia quanto lui era alto".
Tramortito e spaventato, il sacerdote si recò subito dall'arcivescovo e lo informò degli eventi, ma mons. Zunica, e anche qui traspare dalla penna del notaio acheruntino l'antica vena polemica verso gli arcivescovi che risiedevano a Matera, "forsi come miscredente, come inimico di questa chiesa sua sposa non volle venire in chiesa, scusandosi di essere giunto in questa città lasso per il viaggio fatto da Pietragalla".
Ma pur dinanzi a questo che certamente non dovette apparire come un atteggiamento di incoraggiamento da parte dell'autorità ecclesiastica, la folla, nonostante la tarda ora notturna, continuò a pregare in chiesa. Le manifestazioni non sempre discrete del forte sentimento religioso popolare non potevano essere frenate facilmente, ma trovavano quasi sempre agio di esprimersi nelle maniere più spontanee e impreviste. La fede e la costanza dei devoti di San Canio, in quella circostanza, sembrarono esser premiate attraverso altre due manifestazioni soprannaturali: la fruoriuscita dal sarcofago del santo e dal volto del suo simulacro della "santa manna" e la caduta di una inaspettata dolce pioggia "che fu di grande utilità alla raccolta" al posto della temuta tempesta precedentemente preannunciata da "l'aere tempestosa, con lambi, e tuoni che minacciava rovina, e devastamento della campagna".
Il giorno seguente l'arcivescovo intervenne all'adorazione del Ss. Sacramento ma, come sembra si possa capire tra le righe del Saluzzi, non assistette all'altro miracolo del Sacro Bastone, visto dapprima "lontano dal buco circa due palmi nel fonno dell'altare traversalmente" e subito dopo invece "avanti il buco a direttura che quasi voleva uscirsene".
Per diverso tempo continuarono i prodigiosi spostamenti della reliquia. Dopo otto giorni, un artigiano che lavorava al tetto del cappellone del Ss. Rosario cadde da una impalcatura e riuscì miracolosamente a salvarsi invocando il nome di S. Canio. La registrazione di quest'ulteriore miracolo, da parte del Saluzzi, costituisce, tra l'altro, una indiretta conferma dei lavori di restauro decisi da mons. Zunica al tetto della cattedrale (15).
Attraverso la puntuale cronaca dei miracoli, il notaio Saluzzi ci rappresenta dunque uno spaccato piuttosto vivace della vita religiosa, ma non solo religiosa, di una comunità. Testimonianza chiarissima, ci sembra, di quel forte senso del sacro che contraddistingue anche in epoca moderna la vita delle popolazioni lucane. Testimonianza ancor più chiara di una devozione marcatamente interclassista, che unisce in uno stesso spirito di fede le diverse classi sociali di un' unica comunità: dai ceti più umili agli artigiani, ai pochissimi esponenti delle professioni e allo stesso ceto degli ecclesiastici che così forti legami poteva vantare col mondo della nobiltà. Una intera comunità che si riconosceva e si identificava nel santo patrono, facendone il principale destinatario delle proprie richieste di grazie sia per l'eterna, ma ancor di più per la terrena vita.



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MEMORIA AD ONOR DI S. CANIO GLORIOSO


Nella città d'Acerenza capitale nella provincia di Basilicata al di 30 maggio del corrente anno 1779 infra l'ottava del glorioso S. Canio martire, e padrone di questa città, e sua diocesi, e provincia, la di cui festività si celebra a 25 maggio verso l'ore 22 di detto giorno, si aprì la portellina dell'altare di detto santo con due chiavi, in cui sta riposto il Sagro Bastone, qual altare concavo di marmaro, che da detto buco visibile, e palpabile, lumatasi la candela per osservare il Sagro Bastone, non si vidde, ne nel fonno dell'altare, ne alli lati, indi rivolti gl'occhi al di sopra, si vidde detto Sagro Bastone pieno, ed involto di ragni pensolo, ed inestesi da sopra il buco quattro deti in equilibro traversalmente, per cui le persone, che ivi si sono trovate rimasero atterrite, e gridando il miracolo fatto, a quali schiamazzi occorse il sagristano don Angelo Salvatore, ed avendo visto detto S. Bastone in aria dentro l'altare, tutto piancente principiò a gridare, "Miracolo, miracolo", e mandò subito a sonare a gloria le campane, a qual aviso, e publicatosi per la città il miracolo, si raddunò tutto il popolo, grandi, piccoli, e molti forastieri di diversi paesi, che qui si trovorno, tutti con pianti, schiamazzi, e preghiere entrorno in chiesa, gridando, e cercando grazie, dal capitolo tutto si cantò il Te Deum, e litanie, suoni delle campane continuatamente, luminazioni di torcie all'altare, ed altro non si diceva dal numeroso popolo, con profondità di lagrime e sospiri, "Grazie, grazie", e molte persone che giuns(ero) prima, come anche io notaro Saluzzi osservai, e viddimo detto S. Bastone in estesi da sopra il buco, e così da mano in mano, alla fine verso un'ora, e quarto della notte si vidde prodiciosamente calare il S. Bastone, e signalatamente alla presenza del volante dell'odierno monsignor Zunica arcivescovo di questa città, e residente in atto della S. Visita, e per il concorso del canonico teologo di questa chiesa in persona del reverendo don Donato Guglielmucci monaco osservante secularizzato, e dell'arcipretura di Pisticci, ed ordinazione. Il qual volante nativo materano, ciò visto, ed osservato tramortì a terra, ed appena gridò "grazie S. Canio", e da tal trimore cercò d'insagnarsi 1 , ed immediate si confessò al penitenziero signor don Nicola Alfani, e fece il voto, che ritirato(si) in Matera voler mandare una torcia quanto lui era alto (1), e così tramortito, e spaventato si portò nel palaggio arcivescovile, e raccontò il successo a detto prelato, il quale forsi come miscredente, come inimico di questa chiesa sua sposa non volle venire in chiesa, scusandosi di essere giunto in questa città lasso per il viaggio fatto da Pietragalla, e ciò inteso non si distancò il popolo, e capitolo intero di trattenersi in chiesa sino alle ore tre della notte, sempre in orazioni, colla recita di litanie, e suoni di campane, suono d'organo, campanelli, pianti, e preghiere in rendimento di grazie al Signore di un sì portente miracolo del nostro protettore glorioso S. Canio; e nello stesso punto si vidde il succorpo ove giace il corpo di detto glorioso santo bagnate le mura, e le colonne tutte di marmi di preziosa manna, e continuandosi le fervorose preghiere, e rendimento di grazie, si osservò il volto del glorioso santo sudato. Nel qual giorno all'ora sudetta si vidde l'aere tempestosa, con lambi, e tuoni che minacciava rovina, e devastamento della campagna, ed in un subito si disciolse in dolcissima acqua, che fu di grande utilità alla raccolta. La mattina seguente 31 di detto mese il popolo tutto, ed intero capitolo nuovamente si raddunò nella chiesa si cantò la messa cantata col suono delle campane, ed organi, illuminazioni di torcie all'altare, e per sopra la ferriata col Te Deum in rendimento di grazie all'altissimo, tutti universalmente ottennero la grazia di baciare il S. Bastone diggià calato nel pristino luogo. Il giorno poi di detto di 31 maggio persistendo il popolo nella fervorosa divozione si portò nuovamente in chiesa all'adorazione del Ssmo Sagramento, che si fece nell'altare di detto santo glorioso, perché la chiesa stavasi riparando nel suffitto del cappellone del Ssmo Rosario; doppo fattasi la adorazione in cui ne la mattina ci volle intervenire detto buon prelato, che come pastore avesse dovuto fare qualche sermone al popolo di un sì tale portente miracolo, ed infervorire gl'animi alla divozione verso detto santo, si aprì la portellina del buco dell'altare, ove giace il S. Bastone, e postosi il lume dentro; si vidde di essere detto S. Bastone lontano dal buco circa due palmi nel fonno dell'altare traversalmente, indi tirato il lume, quei astanti piegati avanti l'altare piancenti, e sospiranti, immediatemente viddero detto S. Bastone avanti il buco a direttura che quasi voleva uscirsene, ed inteso ciò, dal capitolo si recitò la litanie, e Te Deum; immanieracche non cessorno li mirac(oli). Pertanto affinché questa grazia a noi concessa, e veduta, non tralascio di lasciarla in memoria de posteri, acciò si infervoriscono verso detto glorioso santo nostro protettore, per mezzo della di lui intercessione possiamo, e possino avere beni temporali in questa vita, e beni eterni nell'altra. Amen.
A capo dell'otto giorni s'è veduto un' altro portentissimo miracolo di detto glorioso santo, che uno delli maestri, che accommodavano il cappellone del Ssmo Rosario cascò da sopra la travatura a basso, e siccome cascava colla testa a terra sopra la calcina, e pietre, che a terra v'erano, così a mezza ar(ia) si vidde il povero voltato, e cascò con una mano, ed un pie(de) a terra sopra quelle pietre, e per miracolo di detto santo, che si trovò detto maestro in bocca dicendo S. Canio, non si fece di male, se non che una semplice doloratura nella pianta del pied(e) e tutta la machina del corpo restò sano, e libero. Ed a capo de altri otto giorni susseguenti si osservò nuovamente il S. Bastone in estesi quattro dete intieramente, e fra poco tempo si ripose nel suo pristino luogo, e tale miracolo si osservò da molte persone, e così giornalmente continua li suoi miracoli, osservandosi, e vedendosi detto S. Bastone ora in un sito, ora in un'altro, ora vicino al buco, ed ora nel fonno dell'altare; e perciò dobbiamo sempre ringraziare detto nostro glorioso protettore, delle grazie, che ci compatisce contro li nostri meriti. Amen.
Il notaro Saluzzi a gloria, ed onore di S. Canio glorioso ave lasciata a posteri questa memoria.

1 Lettura dubbia


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Note

1 Archivio di Stato di Potenza (d'ora in poi ASPZ), Archivi notarili, Distretto di Potenza, I versamento, Notaio Francesco Paolo Saluzzi di Acerenza, vol. 3408, c. 155;
2 Ibid., vol. 3384, cc. 74r-76v, 90v-93v;
3 Ibid., vol. 3385, cc. 83v-95r;
4 Ibid., vol. 3406, cc. 58r-59v;
5 Il prodigio della cosiddetta "manna" è documentato, oltre che ad Acerenza, anche a Maratea e a Latronico. A Maratea, nel santuario di San Biagio, il liquido sarebbe più volte fuoriuscito dai marmi e dalle colonne del trono del santo: cfr. D. Damiano, Maratea nella storia e nella luce della fede, Roma, s.d., pp. 164 sgg. A Latronico il miracolo si sarebbe verificato per la prima volta nell'aprile del 1716 e si sarebbe ripetuto più volte nei venerdì di marzo tramite la fuoriuscita dall'altare, dalle mura della cappella e dalla statua di S. Egidio abate di un "liquore di color d'ambra che raccoglievasi con ispugna o con bambagia, e riposto in caraffine, non alteravasi, non corrompevasi": cfr. Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato. Opera dedicata alla maestà di Ferdinando II, VI, 5, Basilicata, Napoli, 1853, p. 29; G. Arcieri, Monografia storico-statistica di Latronico, Sapri, 1995, pp. 95-97;
6 Ferdinando Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae..., VII, Venetiis, Apud Sebastianum Coleti, MDCCXXI (rist. anast., Bologna, Forni, 1973), coll. 8-9;
7 Solo negli anni '50 del nostro secolo l'accesso alla cripta fu modificato attraverso la realizzazione delle attuali due rampe affrontate. La precedente soluzione, oltre a facilitare l'accesso dei pellegrini era anche di miglior impatto visivo, in quanto permetteva a chi si trovava nella navata di vedere anche la fronte del sacello: cfr. Nuccia Barbone Pugliese, La cripta Ferrillo nel duomo di Acerenza, in "Napoli Nobilissima", vol. XXI, fasc. V-VI, sett.-dic. 1982, p. 181, nota 20. Attualmente, inoltre, l'altare dove si conserva un pezzo del "Sacro Bastone" è situato non più nella cripta bensì nel deambulatorio della cattedrale;
8 P. A. Grillo, Percorsi di una cattedrale, Lavello, Tipolito Alfagrafica Volonnino, 1995, p. 34; Id., Acerenza. I Portali. La Cattedrale. Il Convento delle Monache, Rionero, Litostampa Ottaviano, 1994, pp. 14-15;
9 Le narrazioni medievali più antiche sulla vita di San Canio (o San Canione) risalgono al IX e X secolo. Quella più chiara (X sec.) è attribuita a Pietro Suddiacono; vi sono poi narrazioni anonime che si integrano a vicenda e riportano fatti e vicende di San Canio legati ai luoghi della sua presenza: una parla brevemente del processo a Cartagine, un'altra riporta la traslazione del corpo ad Acerenza, ed un'ultima è svolta in maniera riassuntiva. Il codice della seconda narrazione anonima, che parla della traslazione di S. Canio ad Acerenza, è il manoscritto 99 della Biblioteca Alessandrina di Roma (ff. 584-589). Il testo canonico di Acerenza, dal titolo De Sancto Canione episcopo Afro confessore, Acheruntiae in Lucaniaè pubblicato in: Acta Sanctorum Maii, V, Venezia, 1741, pp. 493-501; F. Ughelli, op. cit., coll. 14-24; Bibliotheca Hagiographica Latina, 1541;
10 Cfr. anche A. Vuolo, Tradizione letteraria e sviluppo culturale: il dossier agiografico di Canione di Atella (secc. X-XV), Napoli, D'Auria, 1995, p. 27;
11 Ibidem, pp. 25-26;
12 Col termine di "volanti" venivano generalmente chiamati, anche in ambito civile, quei funzionari privi di una assegnazione fissa, come i nunzi e gli ambasciatori;
13 Il 20 maggio 1783 mons. Francesco Zunica dimostrerà la sua benevolenza verso la sede acheruntina donando al capitolo della cattedrale alcuni "argenti necessarii per lo Pontificale": ASPZ, Archivi notarili, Distretto di Potenza, I versamento, Notaio Gabriele Saluzzi, vol. 4687, c. 51r-v;
14 L'arcivescovo risiedeva generalmente nell'altro capoluogo dell' arcidiocesi, a Matera. Le due sedi vescovili di Acerenza e di Matera, entrambe risalenti al IV secolo e divenute metropoli nell'XI, furono unite aeque principaliter... ut altera alteri in honore con bolla di papa Innocenzo III del 7 maggio 1203. La vasta arcidiocesi si suddivideva così in due zone: quella cosiddetta "alta" o "di montagna" comprendente i paesi dell'attuale provincia di Potenza, e l'altra "bassa" o "di marina" con i paesi ricadenti nell'area del Materano. Fra i due capoluoghi di provincia vi furono continue controversie e rivalità campanilistiche riguardanti, ad esempio, la precedenza dell'aggettivo Acheruntinus o dell'altro Materanus da anteporre nel titolo dell'arcivescovo, la sede del Tribunale ecclesiastico, ecc. Le due sedi saranno separate soltanto il 2 luglio 1954. Su queste antiche controversie cfr. Pasquale Vosa, Chiesa metropolitana e seminario diocesano di Acerenza, Napoli, Tip. Mazzocchi, 1906; Il Regno delle Due Sicilie... cit., pp. 121-124. Cfr. anche, a tale proposito, il saggio che ricostruisce l'opera di mons. Antonio Antinori, arcivescovo di Acerenza e Matera dal 1754 al 1758: Mario Morelli, Antonio Ludovico Antinori. L'uomo e il prelato, in Antinoriana IV. Atti del convegno di studi antinoriani per il secondo centenario della morte di Anton Ludovico Antinori (L'Aquila, 20-22 ottobre 1978), L'Aquila, Nella sede della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi, 1979, pp. 189- 192. Le due sedi saranno separate il 2 luglio 1954; 15 Nell'atto già citato del 20 maggio 1783 mons. Zunica dichiara di essersi recato per la prima volta nella cattedrale acheruntina pochi mesi dopo la sua consacrazione, avvenuta il 21 dicembre 1776, e di averla trovata "bisognosa di essere rijattata in tutto il tetto della crociera (...) motivo per cui fu egli necessitato di fare la spesa di rijattare tutto il tetto della detta crociera, con averci fatto collocare tutte le tavole nuove, ed anche buona parte di canali nuovi, perché molti di essi erano infragiditi...". Pochi mesi prima degli eventi prodigiosi, nel marzo del 1779, il procuratore pro tempore della Mensa arcivescovile attesta che fra le spese per la cattedrale devono essere compresi anche "docati quarant'otto, e carlini otto spesi in compra di tavole, canne ottanta, e docati diecisette, ed un carlino in compra di travi, li quali non ancora si sono posti per riparo del coverto di questa chiesa": cfr. ASPZ, Archivi notarili, Distretto di Potenza, I versamento, Notaio Francesco Paolo Saluzzi di Acerenza, vol. 3407, c. 49v.



tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1998"

Autore: Testo di Valeria Verrastro

 

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