INDICE

Avanti >>

.

LUIGI LA VISTA

Nipote di un patriota del 1799, orfano di madre, ebbe a Venosa, nei primi anni della dolorosa fanciullezza, la guida, l'assistenza ed il conforto del padre che, avendolo educato all'amore per la libertà ed all'odio per la tirannia dei Borboni, ebbe poi lo straziante orgoglio di vederlo cadere, mentre si batteva eroicamente per le vie di Napoli, la mattina del 15 maggio 1848.

Scriveva quando il padre entrò, già armato della sua carabina, nella stanzetta a chiamarlo. Discese rapidamente in istrada armato anche lui e combattè contro i gendarmi disperatamente, finché una palla lo colse in fronte e lo fece stramazzare al suolo fra altri morti o morenti, che ebbero con lui comuni la fede ed il destino.

Il suo cadavere non fu ritrovato. La ferocia dei tiranni volle negare allo straziato cuore del padre anche il conforto del rito religioso, che attenua il dolore dei superstiti e rende meno triste e più mite la pace lagrimata del sepolcro.

Ma non sparirono né il ricordo del suo sacrificio, né quelle carte nelle quali egli consegnava la espressione dei sentimenti che gli bollivano nel cuore.


"La gloria", egli scrisse, "non deve cercarsi per meritarla. Io non sarò niente perché ho desiderato di essere tutto. La fede è il sorriso della giovinezza; chi crede, ama; chi ama, opera; chi opera o è un eroe o è un martire. La fede in una idea genera l'abnegazione di se stessi".


E tanta fede egli ebbe, e tanta abnegazione sentì, che andò eroicamente sereno incontro al martirio.

Autore: tratto da "LA BASILICATA" di F. Di Sanzo (primi del '900)

 

[ Home ]  [Scrivici]