DON GIUSEPPE MOROSINI
(Ferentino 1913 - Roma 1944)

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Alla Curia di Roma

Il sottoscritto Antonio Molfese, medico pubblicista, residente a Roma in Via Umberto Saba n.18 tel. 065016411, cell. 3389677905, per proprio conto ed anche a nome di Virgilio Virgili, nipote di Don Giuseppe Morosini,e del Comitato Onoranze Pubbliche Per Don Giuseppe Morosini di Ferentino chiede alle S.V. di voler valutare se vi sono i presupposti per l’inizio della causa di beatificazione di Don Giuseppe Morosini, nato a Ferentino (FR) e morto a Roma a Forte Bravetta .
E’ disposto a prendere contatti con persone indicate dalle S.V. per adempiere alle richieste necessarie, utili ad iniziare questo percorso per onorare la figura di Don Morosini con il titolo iniziale di Beato.
Tutto ciò è determinato dal fatto che, essendo Don Morosini morto a Roma ,su indicazione anche della Congregazione della Causa dei Santi, la sede dell’iter procedurale iniziale deve essere Roma.
A questo proposito informo le S.V. che per rendere attuale l’avvenimento e rinverdire nella memoria dei credenti le sue opere meritorie, dato il troppo tempo trascorso dalla sua morte(oltre 70 anni), Il Centro Studi Sulla popolazione Torre Molfese ed altre organizzazioni hanno indetto a Roma un convegno di cui si allega locandina.
Confido in una risposta e sono a disposizione per ogni altro chiarimento

Prof Dott Antonio Molfese medico giornalista
 


Giuseppe Morosini: “Ci vuole più coraggio per vivere che per morire”

Giuseppe Morosini è un prete di Roma condannato a morte dall’occupante tedesco per l’aiuto che dà agli antifascisti: per la sua salvezza si muove il Papa Pio XII – egli è un suo prete! – che chiede la grazia a Hitler, che la rifiuta. E don Giuseppe viene fucilato in Roma, al Forte Bravetta, il 3 aprile 1944, lunedì santo, assistito – per conto del Papa – dal vescovo vice gerente di Roma, Luigi Traglia, che sette anni prima l’aveva ordinato prete. Aveva 31 anni.
Di carattere espansivo e appassionato di musica, già cappellano militare, alla caduta del fascismo reagisce da missionario qual era della Congregazione di San Vincenzo De’ Paoli – ai disagi della popolazione, ingigantiti dai primi bombardamenti alleati, raccogliendo in una scuola 150 ragazzi delle zone sinistrate. La sua formazione lontana dal fascismo l’aveva segnalata già al momento della prima messa, scegliendo come ricordo per i giovani di Ferentino (suo paese natale) un’immagine di Pier Giorgio Frassati, il futuro beato torinese, antifascista della prima ora.
L’aiuto ai ragazzi in difficoltà e ai giovani sbandati, tra i quali erano tanti che sceglievano la clandestinità per non andare in guerra, o perché si ribellavano all’occupazione tedesca, lo mette in contatto con l’ambiente resistenziale romano. Un tale Dante Bruna lo tradisce per un compenso di 70 mila lire: viene arrestato il 4 gennaio e subisce tre mesi di interrogatori, ma non fa nomi.
Non poteva celebrare la messa, ma dalla cella ogni sera intonava il rosario, invitando i carcerati a pregare “per la nostra cara patria, per coloro che soffrono, per quelli che ci fanno soffrire”.
Al cappellano del carcere che gli annunciava l’esecuzione dice: “Monsignore, ci vuole più coraggio per vivere che per morire”. Allo stesso cappellano, aveva detto un giorno, con riferimento a un pensiero di Teresa di Lisieux: “Vorrei avere mille cuori! Il cuore del martire, il cuore del confessore vorrei! Invece quel poco che ho fatto finora è poco e imperfetto”.
Ottiene di poter celebrare un’ultima messa: gliela serve il vescovo Traglia che l’aveva ordinato. Eppoi si abbracciano e quel vescovo l’accompagna sul cellulare dal carcere al forte della fucilazione e intona il rosario con i “misteri gaudiosi”, perché era lunedì. Ma don Giuseppe chiede quelli “dolorosi”. E quando il vescovo recita il quarto, nel quale “si contempla la condanna a morte di Nostro Signor Gesù Cristo e il suo viaggio al Calvario”, don Giuseppe lo guarda e sorride.
Viene fucilato in veste talare. Davanti al plotone di esecuzione chiede al vescovo di ringraziare il Papa per il tentativo che aveva fatto di salvarlo. Afferma che offre la sua vita secondo le intenzioni del Papa. Bacia per l’ultima volta il suo crocifisso di missionario e lo consegna al vescovo perché lo dia al fratello: “e gli dica che il mio pensiero, in questo momento è rivolto a lui, so quanto soffrirà”.
Il vescovo Traglia un giorno sarà cardinale e sempre difenderà la memoria di don Morosini: “Io ho pensato che sotto un certo punto di vista il Signore lo premiava, perché faceva una morte santa: una morte accompagnata da tanto sacrificio sarebbe stata certamente considerata dal Signore in attivo e non in passivo” (Venier).
Pio XII volle essere informato minutamente da Traglia, il giorno stesso dell’esecuzione “e grande fu il suo dolore nel non essere riuscito a salvare neppure un suo sacerdote” (Venier).

Martirologio del clero italiano, p. 158.
Salvatore Morosini, Mio fratello don Giuseppe, Roma 1954.
Don Giuseppe Morosini martire per la fede, la libertà e la patria, Roma 1969.
Dizionario storico del movimento cattolico, III\2, p. 579.
Elio Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della Resistenza, in Rivista diocesana di Roma, settembre-ottobre 1999, p. 999-1000.
 


INTERVENTO MOLFESE
Convegno del 19 dic 2015 don Morosini

Signore e signori siamo qui riuniti per onorare la figura di un soldato di Cristo e della Patria. Don Giuseppe Morosini nato a Ferentino per il quale chiediamo che venga avviata la causa di beatificazione. E’stato molto ricordato dal cinema per il fatto che durante la occupazione tedesca aiutò i partigiani non solo nascondendo le armi, ma dando loro il conforto della parola.
Era stato chiamato a svolgere il compito di cappellano militare che lo portò avanti con competenza per qualche tempo ma poi fu richiamato dai superiori a svolgere la sua missione nel sud Italia dove maggiore e più apprezzata era la sua presenza.
Ringrazio di cuore gli oratori che partecipano al convegno anche per aver accettato il mio invito. Aprirà i lavori il Prof Rigano per il fatto che potrà illustrare e farci comprendere l’atmosfera che viveva l’Italia in quel periodo che Don Morosini fu così attivo sul territorio. Ci illustrerà i rapporti tra la Chiesa ed i nazisti a Roma nel’ 43 e forse meglio comprenderemo in quali circostanze e condizioni svolgeva la sua azione.
Seguirà poi l’Avv. Valeri che illustrerà la vita poco conosciuta di Don Giuseppe avendo egli potuto attingere dai tanti documenti del fondo Don Morosini esistente al Comune di Ferentino notizie che solo negli anfratti degli archivi si possono ritrovare.
Seguirà il filmato da me realizzato per far conoscere alla gente comune il personaggio molto più conosciuto dagli anziani che non dai giovani in quanto la cinematografia del tempo ha delineato in numerose occasioni la sua figura.
Seguirà il Prof Giannone che illustrerà le virtù etiche di Don Morosini in un periodo nel quale la lealtà ed il coraggio era merce rara e solo pochi dotati di uno spirito forte potevano avere e dimostrare tali virtù..
La prof Ascione ci parlerà di Don Morosini. cappellano militare a Lovran (LAURANA)L’esperiemza di Laurana il bombardamento di Roma l’assistenza alla scuola Pistelli e le tante emergenze tra il 1942 e 1943 avevano sottoposto la sua coscienza ad una elaborazione di pensieri a condividere con altri giovani quel movimento di riscatto che fu chiamato resistenza. Fu un atto naturale pur nella continuità del suo servizio sacerdotale. Anche davanti al giudice sostenne che”si trovava al servizio della Patria perché al servizio dell’uomo nel nome della sua missione sacerdotale.
Concluderà il Convegno Don Nicola Albanese dei Fratelli di San Vincenzo dei Paoli che ci illustrerà i tempi ed i modi come iniziare la causa di beatificazione che avverrà a Roma luogo della morte di Don Morosini.
E’ stato avanzata da qualche parte una qualche resistenza ad iniziare la causa di beatificazione dovuta al fatto che don Morosini fu trovato in possesso di armi nel luogo dove risiedeva. E’ bene confermare che Don Giuseppe mai usò quelle armi ma,aiutò perdutamente i partigiani .Anche Giovanni Paolo II nelle sue omelie sui martiri ha sostenuto che il martirio(,al quale fu sottoposto anche Don Morosini) secondo il Cristianesimo è la condizione che il martire subisce per difendere la propria fede in Cristo o per difendere la vita degli altri cristiani. Se poi riteniamo noi Don Morosini un partigiano della chiesa e dello stato anche la,figura del partigiano è stata riprodotta nella porta santa da poco aperta. Quale migliore riconoscenza potrebbe essere che quella di iniziare la sua causa di beatificazione e poi se il Signore lo vorrà potrà guidare la mano e la volontà degli uomini a farlo diventare santo. Noi siamo certi che questa posizione di Santo l’ha già raggiunta in paradiso spetta solo a noi uomini divulgare presso i nostri simili questo suo riconoscimento divino. Il nostro impegno sarà quello di sostenere la sua beatificazione con tutte le nostre forze ed il nostro amore.
 


Don Giuseppe Morosini

Trasformate le vostre asce in spade e le vostre falci in lance anche i deboli abbiano il coraggio di combattere (Gioele, 4, 10)

Don Giuseppe Morosini figura eroica del martirologio italiano, balza nitida nel suo carattere sacerdotale e nel suo indomito amor di patria.
Luminosa figura di soldato di Cristo e della patria fu fucilato Lunedì Santo 3 Aprile 1944 a Forte Bravetta di Roma.
L’aurora che sorge sui colli di Roma appare più rossa, perché tinta del sangue di un Martire in più .

Don Giuseppe Morosini merita di essere Santo.
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