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EVIDENZE ARCHITETTONICHE NEL PARCO DEL POLLINO

The history and the culture of the Park. An heritage to protect and enhance.

Credo sia opportuno iniziare questo breve excursus sulle più importanti emergenze architettoniche dai numerosi edifici sacri disseminati nel parco. Essi testimoniano la trascorsa egemonia degli ordini religiosi che svolsero un ruolo essenziale nell'ambito dei processi d'insediamento e di sviluppo economico nei territori montuosi del Pollino. II più importante è senz'altro il celeberrimo monastero dei Santi Elia e Anastasio a Carbone, tanto da essere posto al centro della ricerca scientifica di numerosi studiosi di storia medioevale.
Nel X sec. giunsero, provenienti dal Mercurion (sui pendii occidentali del Pollino), i monaci basiliani che costituirono una nuova Eparchia monastica nella valle del Sinni, quella del Latiniano. Questi monaci dissodarono i terreni, trasformarono la foresta in terra coltivata, raggrupparono la gente rurale creando i presupposti per la rinascita della vita economica nell'unità spirituale e religiosa.
Con l'avvento dei Normanni si assistette alla creazione di grandi centri monastici e la concentrazione del comando in Basilicata si attuò con l'abate di Carbone che ebbe fin dal 1153 il titolo di archimandrita, vale a dire di superiore da cui dipendevano gli altri abati. Le donazioni dei signori feudali aumentarono le rendite del monastero che ben presto divenne uno dei più grandi dell'Italia meridionale, giungendo a possedere numerose terre e chiese dal Raparo allo Jonio, fino in Puglia. Nel 1168 gli furono sottoposti i monasteri greci di Lucania; nel 1174 un incendio lo distrusse; I'imperatore Federico II ne confermò i possedimenti ed i privilegi così come nel 1361 fece papa Innocenzo VI; nel 1432 fu distrutto da un secondo incendio in seguito al quale abitanti e monaci decisero di cambiare il nome del paese (che si chiamava Montechiaro) in quello odierno, in omaggio al primo Abate del monastero: S. Luca Carbone di Armento che ne completò la costruzione; nel 1647 vi fu I'assalto del popolo (che mal sopportava le angherie della nobiltà e dell'alto clero) e la decapitazione di un monaco che non era riuscito a fuggire.
Quando nel 1806 il paese fu assalito dai briganti e saccheggiato, i cittadini si rifugiarono nel convento ed organizzarono una strenua difesa sino all'arrivo di un reparto francese; un secondo assalto dei briganti si ebbe nel 1809 da parte di 1600 masnadieri. Nello stesso anno il monastero fu distrutto dalle soldatesche di Gioacchino Murat.
Oggi dell'antico monastero restano soltanto poche tracce a testimoniare con quanta distrazione si è conservata la memoria storica di questo territorio. Anche l'unica grande Abbazia Cistercense di tutta la Basilicata, S. Maria del Sagittario in territorio di Chiaromonte, svolse un ruolo autonomo e fondamentale all'interno dell'organizzazione socio-economica territoriale dell'area in virtù dei poteri feudali e dei vasti domini di cui venne a disporre nel tempo a seguito delle donazioni elargite.
La fondazione dell'Abbazia, edificata secondo molti nel 1152, è avvolta da una suggestiva leggenda. Si racconta che un cacciatore, inseguendo una cerva, ritrovò la statua della Madonna che inspiegabilmente era sparita dalla chiesa di Chiaromonte. Ricollocata nella chiesa principale il dì seguente scomparve nuovamente. Ritrovata dopo alcuni giorni nello stesso luogo, e resasi inutile ogni altra sistemazione, il conte Ugone di Chiaromonte decise di far sorgere il monastero nell'esatto sito del ritrovamento.
II monastero circondato da monti e da boschi di colossali cerri e abeti godeva della massima venerazione presso i popoli vicini avendo il privilegio di custodire il corpo del Beato Giovanni da Caramola.
L'Abbazia, fedele ai canoni dell'architettura cistercense, era caratterizzata da un'estrema semplicità, con decorazioni ridotte al minimo. Restaurata nel 1572 in seguito ad un incendio doveva risultare imponente come attestano i ruderi ancora esistenti di arcate slanciate e ariose e di vasti cortili decorati con affreschi. Nel 1807, con le leggi eversive della feudalità e l'incameramento dei beni ecclesiastici al demanio, il monastero venne soppresso decadendo rapidamente nelle strutture architettoniche. 
Come si è detto, il monastero, oltre ad avere un'ampia rinomanza come centro religioso e culturale, esercitò un'importante funzione economica incrementando le attività produttive con le sue numerose Grancie. Una di queste, la Grancia di Ventrile, sebbene intitolata alla "Visitazione di Maria Vergine", era posta alla confluenza del torrente Frida con il fiume Sinni. Centro di smistamento di prodotti agricoli e pastorali, in particolare del latte che confluiva dal monastero attraverso una conduttura di terracotta, era col tempo divenuta residenza invernale per i monaci anziani. II piano terra del fabbricato era destinato a magazzini, stalle e cantine, quello superiore alle abitazioni dei monaci e del granciere. Era dotato di due torri e una chiesa che conservava una pittura murale di Madonna. Con la soppressione del Sagittario la Grancia decadde e andò in rovina.
Non molto distante dalla Grancia del Ventrile, in territorio di Francavilla in Sinni, è la Certosa di San Nicola fondata nel 1395 da Venceslao Sanseverino conte di Tricarico e Chiaromonte. La certosa, ubicata nella contrada Santa Eliana comunemente detta Frà Tomaso, doveva essere grande e magnifica, come appare dall'austerità dalle sue mura ora diroccate, ed era la terza nel napoletano dopo quella di Padula e di Serra San Bruno in Calabria. Dall'incontro con i figli di San Bruno prenderà avvio la storia del centro rurale di Francavilla sul Sinni. 
II centro venne fondato tra la fine del XIV sec. e gli inizi del XV sec. proprio in relazione alla presenza della Certosa, quale villaggio libero da obblighi feudali. II toponimo denunzia infatti come l'esigenza di mettere a coltura e di rendere produttivi i propri territori, spingesse i monaci a favorire l'insediamento dei coloni sia con l'esenzione dai pesi fiscali sia con l'abolizione delle prestazioni più gravose. Sino all'eversione della feudalità il nucleo urbano e il territorio di sua pertinenza continuarono a dipendere dalla certosa di S. Nicola il cui priore vi esercitava la piena giurisdizione con il titolo di barone.
Numerosi altri villaggi sorsero in seguito alla fondazione di case religiose. Analoga è infatti la nascita della cittadina di S. Basile, da mettere in relazione con la presenza del monastero di S. Basilio Craterere fondato tra la fine del X e gli inizi dell'XI sec. da parte dei monaci bizantini. Intorno al cenobio ben presto si costruì il primo nucleo di abitazioni. Alla fine del XV sec. profughi albanesi giunsero nella zona e si aggregarono al borgo fino ad allora scarsamente popolato e, quando il villaggio passò nel 1515 sotto la giurisdizione del vescovo di Cassano che ne divenne "utile signore", ottenne gli statuti con i quali agli abitanti, ormai in maggioranza albanesi, si concedeva di coltivare le terre del vecchio monastero dietro versamento della "decima" domenicale.
Parimenti trovarono sede, presso il monastero baronale di S. Maria della Saectara in qualità di vassalli, i profughi albanesi provenienti dalla città di Korone in Morea. Del monastero, sorto presumibilmente tra il X e il XI sec in prossimità del torrente Rubbio, restano soltanto pochi ruderi.
Diversi sono invece i monumenti religiosi posti in contesti paesaggisticamente spettacolari come la chiesa medioevale di Maria S.S. di Costantinopoli (XVII-XVIII sec.) a Papasidero. Incastonato nelle gole del Lao in un posto suggestivo, il santuario conserva un importante affresco raffigurante la Madonna Odigitria con Bambino e una Statua lignea della Vergine della fine del XVIII sec.
Altro esempio è il Santuario di S. Maria delle Armi a Cerchiara, aggrappato alla parete rocciosa, significativa testimonianza di arte rinascimentale. Antico edificio di culto testimoniato già dal sec. X, come provano i resti delle grotte rupestri del monte Sellaro, ove si insediarono nel X secolo i monaci anacoreti di origine greca. La sua costruzione iniziò nel 1440 in seguito al ritrovamento di alcune tavolette bizantine tra le più antiche mai rinvenute. L'edificio, inizialmente una piccola cappella ricavata nella roccia, fu ben presto ampliato in seguito ad un nuovo ritrovamento di un'immagine della Vergine dipinta su una lastra di pietra. La chiesa venne notevolmente arricchita dalle opere d'arte apportate dai Pignatelli marchesi
di Cerchiara.
Altri luoghi di culto estremamente interessanti sono il Santuario di S. Maria dello Spasimo a Laino Borgo, conosciuto meglio con il nome di S. Maria delle Cappelle: un complesso di 15 cappelline, alcune delle quali così piccole da accogliere un visitatore per volta, costruite intorno ad una Chiesa più grande che è il Santuario vero e proprio. 
Ricordiamo inoltre la Cappella di S. Sofia (XI-XIII sec.) a Papasidero, edificata tra le antiche case dell'abitato dai monaci Basiliani, che custodisce un ciclo di affreschi eseguiti a partire dal XVI sec. La Chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Frascineto, risalente al XII sec., risulta di chiare origini bizantine, sebbene sia stata rimaneggiata ed ingrandita nel 1500. Essa ha mantenuto l'antico impianto e le primitive caratteristiche architettoniche di basilica greca, anche se è stata successivamente restaurata in epoca contemporanea. L'interno è a croce latina a tre navate ornate di stucchi, con volta a botte e tre absidi a trifoglio. In origine era completamente affrescato ma oggi conserva solo quattro affreschi del XVII sec., molto deteriorati. II Convento del Collereto posto a qualche chilometro da Morano e ben visibile anche dall'autostrada del Sole, costruito nel 1546 dal Beato Bernardino da Rogliano, era arricchito da numerose opere d'arte che in parte ritroviamo nelle chiese di Morano. Per finanziare la costruzione dell'Albergo dei Poveri a Napoli venne soppresso nel 1751. L'anno seguente venne riaperto per essere definitivamente chiuso nel 1809 dai francesi. Divenuta una vera e propria cava di materiali, oggi riusciamo a riconoscere solo la chiesa sul cui muro terminale si aprono tre nicchie, la torre campanaria e le stalle.
Accanto agli edifici sacri nei tanti paesi del parco si trovano anche numerosi palazzi nobiliari e strutture fortificate. Chiaromonte ne è uno splendido esempio. La cittadina nel corso del medioevo assunse le caratteristiche di terra murata tramite la trasformazione dell'antica roccaforte in vero e proprio castello edificato e con la costruzione della potente cinta muraria dotata di tre porte che racchiudeva un alto numero di abitanti.
Innumerevoli sono i castelli: il Castello Aragonese di Castrovillari risalente al 1478, straordinario esempio di architettura militare attribuita a Francesco Giorgio Martini, giunto a noi pressoché intatto; quello di Senise del periodo normanno, dipendente dalla contea di Chiaromonte, parte di un complesso sistema difensivo creato a difesa della valle sottostante; del castello feudale di Episcopia del XIV sec., con torre duecentesca, sorto su un preesistente fortilizio normanno del XII secolo che, seppur manomesso da successivi interventi, conserva l'aspetto e l'imponenza originaria.
All'interno dei centri storici rileviamo una cospicua presenza di palazzi signorili, in genere edificati tra il XVI e il XIX secolo. Tra i più belli ricordiamo i palazzi Dolcetti, Lauria e Di Giura a Chiaromonte; l'originale palazzo Mazzilli a Calvera ornato sulle pareti esterne con un cornicione rappresentante le quattro stagioni, di medaglioni marmorei nonché di statue, teste di angeli e sculture diverse. Le case nobiliari Frabasile e Verderosa a Episcopia, il palazzo Amato a Rotonda e il palazzo De Filpo a Viggianello, caratterizzati dalla presenza di portali di marmo scolpito, spesso di finissima fattura, opera della sapienza artigiana di scalpellini locali.
 


Bibliografia
- AA.VV., Sottosistema storico-culturale, Regione Basilicata, Progetto Pollino, Quaderno n. 3, Tip. Arti Grafiche Finiguerra, Lavello 1977.
- FONSECA C. D. e LERRA A. (a cura di), II Monastero di S.Elia di Carbone e il suo territorio dal Medioevo all'età Moderna, Atti del Convegno 26-27 giugno 1992, ed. Congedo, Lecce. 
CAPPELLI B., II Monachesimo Basiliano ai confini calabro-lucani, ed. F.IIi Fiorentino, Napoli 1963.
- ELEFANTE F., Luoghi sacri, casali e feudi nella storia di Chiaromonte, Amministrazione comunale di Chiaromonte, Rionero in Vulture 1988.
- ELEFANTE F., Saggio storico su Chiaromonte. II territorio dalle origini all'Unità d'Italia, Arti Grafiche Racioppi, Chiaromonte 1987.
- DE LEO P., LA TERZA G., E.M.S. ROSETO, TOMMASELLI M., II Pollino Storia Arte Costume, (a cura di P. De Leo), Editalia, Roma 1984.

 

Testo di  Bruno Nicola                       
 tratto da  "BASILICATA REGIONE Notizie", 2001

 

 

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