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Chiesa di Santa Maria del Sepolcro
Dai Templari ai Francescani

I Figli di San Francesco in Basilicata e a Potenza

 

Comunemente si ritiene che S. Francesco, nel Capitolo Generale del 1217, tenuto a S. Maria degli Angeli in Assisi, nell’inviare i suoi frati ad evangelizzare il mondo, abbia istituito undici Province. Altre due sarebbero state istituite tra il 1219 e 1223.
In questa divisione dell’Ordine in Province, la parte nord-est della Basilicata fu aggregata alla Provincia di Puglia mentre la parte sud-ovest alla Provincia di Terra di Lavoro.
Le Province costituite da S. Francesco fin dal 1223, furono suddivise in Custodie in conformità al dettato della Regola approvata proprio in quell’anno da papa Onorio III ove si parla di Ministri Provinciali e Custodi.
Secondo il Provinciale Ordinis Fratruum Minorum che il Golubovich attribuisce a fra Paolino da Venezia, vescovo di Pozzuoli (+ 1344) da lui scritto verso il 1334-35, cinque conventi lucani facevano parte della Provincia di Puglia: Matera, Irsina e Tricarico che formavano la Custodia materana; Melfi e Venosa aggregati alla Custodia di Barletta. Altri cinque conventi lucani invece, appartenevano alla Custodia di Principato, una delle cinque in cui era divisa la Provincia di Terra di Lavoro: Potenza (S. Francesco), Muro Lucano, Saponara (oggi Grumento Nova), Marsico Nuovo e l’eremo di S. Maria dell’Aspro di Marsico Vetere.
La regione lucana, aspra e montuosa e quindi quasi inaccessibile, divenne una delle mète preferite dagli Spirituali sia provenzali che italiani.
Gli Spirituali, in Italia chiamati anche Fraticelli, formavano una corrente dell’Ordine Francescano caratterizzata da atteggiamenti radicali riguardo alla povertà francescana e perciò più volte ammoniti e poi condannati da Pontefici e dall‘Ordine.
Fra Angelo Clareno, capo degli Spirituali Italiani per oltre trenta anni, vi si rifugiò per circa tre anni e vi morì, il 15 giugno 1337, nell’eremo di S. Maria dell’Aspro presso Marsico Vetere.
Ancor vivo il Clareno, nel 1334, in seno all’Ordine per opera di fra Giovanni della Valle, nasce un movimento chiamato dell’Osservanza che si propone un ritorno alle origini del Francescanesimo, movimento che, nel 1368, viene rinvigorito dall’opera intelligente di fra Paolo Vagnozzi dei Trinci.
Per merito dell’Osservanza, l’Ordine Francescano, nel primo ‘400, ritrova in sé la capacità di esplodere in una meravigliosa primavera.
Uomini insigni come Giacomo della Marca, Giovanni da Capestrano, Alberto da Sarteana e, soprattutto, Bernardino da Siena, con l’esempio e la parola, inculcano nei confratelli un vivo desiderio di ritorno alla genuinità delle origini e, nel popolo cristiano, l’impegno di una vita più conforme ai principi evangelici.
Anche la Basilicata, nel primo ‘400, ha il suo apostolo francescano: il beato Antonio da Bitonto, diletto discepolo di S. Bernardino, « vir virtutis ac sanctitatis opinione msignis », oratore esimio e profondo teologo, il quale fondò il convento di S. Maria di Vitalba, nel 1439, ove morì in concetto di santità, nel 1465.
Tra il 1430 e il 1450, oltre al convento di Atella, in Lucania, ne sorgono altri quattro: S. Maria della Pace in Venosa, S. Francesco di Miglionico, S. Francesco di Tursi e Ognissanti di Melfi.
Nel XII Capitolo Generale dei Frati Minori Osservanti tenuto a L’Aquila nel maggio del 1472 si affacciò l’idea di creare la Provincia autonoma di Basilicata. Nacque così il Commissariato degli Osservanti di Basilicata per volere del Vicario Generale, P. Angelo da Chivasso; primo Commissario ne fu il P. Giacomo da Molfetta. Dal 1474 al 1517, data della costituzione della Provincia autonoma degli Osservanti di Basilicata, sorgono molti altri conventi: Pietrapertosa, S. Maria d’Orsoleo, S. Antonio di Stigliano, S. Maria di Gesù di Viggiano, S. Antonio di Tricarico, S. Maria di Gesù di Oppido Lucano, S. Maria della Neve di Laurenzana, S. MARIA DEL SEPOLCRO di Potenza, S. Francesco di Pisticci, S. Bernardino di Lauria, S. Francesco di S. Martino d’Agri, S. Antonio di Tito e S. Antonio di Rivello.
Amanti della povertà, araldi instancabili dell’annuncio evangelico fra il popolo, stimati e amati dai principi e dalle popolazioni semplici e buone dell’Italia meridionale, i Frati Minori Osservanti, nel 1488, furono chiamati a dar nuova vita all’antica chiesetta rurale di S. Maria del Sepolcro da Antonio di Guevara, conte di Potenza, secondogenito di Innigo di Guevara che, primo di tal casato, dal 1444 al 1471, governò la contea di Potenza, avuta da Alfonso I d’Aragona in premio della sua fedeltà alla Casa Aragonese.
Le fonti francescane (Gonzaga e Wadding) non fanno menzione del nome del Conte di Potenza che, nel 1488, fecenristrutturare quasi radicalmente l’antica chiesetta rurale di S. Maria del Sepolcro (già del S. Sepolcro) e costruirvi accanto un convento per i figli del Poverello d’Assisi.
Il Wadding, sotto l’anno 1488, dice testualmente: Prope Potentiam, Basilicatae urbem, aedicula erat beatae Mariae, frequentibus in ea miraculis illustris. Incolebant eremitae duo, non tamen quo par erat cultu decorabant. Decrevit itaque, Potentiae Comes aedem’ nobiliorem reddere et Fratruum Observantium coenobium adiicere. Id praestit hoc anno, sub invocatione Sanctae Mariae de Sepulcro. Habetur hic Theologiae gymnasium.
La data di fondazione della chiesa e del convento si legge anche nella lapide collocata, nel 1652, sopra la porta a destra, sotto il porticato d’ingresso alla chiesa, ma non vi si fa menzione alcuna del nome del Conte di Potenza che costruì detto convento: Coenobium hoc — a Comitibus Potentinis aedificatunz 1488 — iam pervetustum — una unio resarcivit 1652 — sed si boni — sed si bene.
Le fonti storiche civili quali il De Lellis e il Parrino, attestano che il Conte di Potenza il quale, nel 1488, costruì a sue spese il convento per i Frati Minori Osservanti di Basilicata, alla periferia di Potenza e ne ristrutturò la chiesa precedente, fu Antonio di Guevara, Conte di Potenza dal 1471 al 1514.
In merito alla figura di Antonio di Guevara, il Parrino così scrive: « Don Antonio di Guevara, Il Conte di Potenza, Gran Siniscalco del Regno e Luogotenente Generale, nel 1509, da Re Ferrante I fu destinato, nel 1491, quale ambasciatore al Re di Castiglia. Nel 1496, fu Capitano della sola città di Napoli con le prerogative di Vicerè... Re Federico che lo stimò molto, lo volle come precettore di suo figlio, don Ferrante d’Aragona, duca di Calabria ».
Antonio di Guevara, uomo pio e virtuoso, governatore saggio e prudente, diplomatico intelligente e capitano valoroso, amò teneramente i figli di S. Francesco e ne fu riamato con pari intensità di affetto.
Egli volle fare di S. Maria del Sepolcro il centro della sua pietà personale e di quella dei suoi familiari costruendo, in una sala attigua al pronao d’ingresso, il sepolcro gentilizio della sua famiglia ove, nota il Parrino, « conservansi, dentro tombe honorate, le nobili ossa de’ successori Conti di Potenza della Gran Famiglia Guevara, discendente della Casa dei Conti d’Ognatte in Ispagna ».
Antonio di Guevara possedeva una residenza di campagna poco distante dalla chiesa di S. Maria del Sepolcro: l’Angilla vecchia che corrisponde all’attuale villa comunale, ove si recava frequentemente per ritemprarsi nel corpo e nello spirito.
In quei momenti di riposo, egli amava intrattenersi familiarmente con i frati tra i quali, in quel periodo, spiccavano per santità e cultura, P. Gianfrancesco Caporella da Potenza che, nel 1517, verrà eletto quale I° Provinciale della neonata Provincia Osservante di Basilicata e il B. Edigio da Laurenzana (1433-1518), il fraticello dalla vita semplice che, come S. Francesco, ebbe il dono di intrattenersi in dolce comunione con le creature del buon Dio, specie gli uccelli.
Nei cori lignei di S. Maria d’Orsoleo (1614) e di S. Antonio di Rivello (1653) il nostro Beato è raffigurato mentre si intrattiene affabilmente con gli uccelli.
Divenuta autonoma nel 1517, la Provincia dell’Osservanza di Basilicata, durante tutto il ‘500, non solo aumenta nel numero dei conventi e dei Frati ma risplende di fulgore per uomini eminenti per santità, doti di governo e cultura.
Oltre al B. Egidio da Laurenzana il cui culto ab immemorabili fu confermato da Leone XIII con decreto del 24-VI-1880, ricordiamo i tre martiri per la fede, a Damasco: fra Vincenzo da Stigliano, fra Evangelista da Calvello e fra Giovanni da Viggiano.
Sul piano della cultura e del governo, ricordiamo il P. Potito da Saponara, filosofo e teologo insigne, poi vescovo di Marsico (1413-1483); il già citato P. Gianfrancesco Caporella da Potenza, primo Provinciale di Basilicata nel 1517, Commissario presso la Curia Romana, Nunzio Apostolico presso i Maroniti, Definitore Generale e Procuratore dello Ordine, prima vescovo di Skara in Isvezia e poi di Canosa e Nazareth; il P. Gianfranco da Salandra, prima Vicario (1585) e poi Custode di Terra Santa (1593); il P. Girolamo da Anzi, professore all’Università di Bologna e il P. Giacomo Benincasa di S. Martino d’Agri, professore alla Sorbona di Parigi, per citare solo qualche nome.
Accanto a queste eminenti figure, per dovere di giustizia, bisogna ricordare il numeroso stuolo di fratelli scultori, tutti anonimi, che ci hanno lasciato autentici capolavori di intarsio e di intaglio nei meravigliosi cori lignei di Senise, S. Martino d’Agri, Pietrapertosa, Oppido Lucano, S. Maria d’Orsoleo e Rivello, testimonianze di una autentica civiltà fiorita nei chiostri francescani di Basilicata, vere oasi non solo di spiritualità ma anche di cultura e di arte.

 

   testo tratto da: Chiesa di S. Maria del Sepolcro "1974"
di  P. Daniele Murno O.F.M.         

 

 

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