Dove la terra finisce
"i lucani in Cile"

 

 

PARTE I°  -  NEL PAESE DOVE LA TERRA FINISCE - Maria Schirone
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Le politiche di Emigrazione nella storia cilena La guerra del Pacifico Indigeni, conquistadores, immigrati
Sch. 1 - La leggenda e la festa de La Tirana
La presenza italiana in Cile Le organizzazioni associative degli italiani Le Compañías dei bomberos
Sch. 2 - Le Compañías dei bomberos
Il viaggio: "Ma non riconoscevo le stelle..." Parte II°
A Iquique. Dove il deserto incontra l'oceano

Il viaggio: “Ma non riconoscevo le stelle...”

 

Dell’iniziativa cilena di istituire in Europa l’Agenzia generale di colonizzazione e Emigrazione (nel 1882), allo scopo di far conoscere il Cile e reclutare manodopera, s’è già detto. Come incentivo, un anticipo fino al 75% del costo del biglietto per l’emigrante e la sua famiglia. Ciò coincide con i grandi flussi migratori che, dal secolo scorso fino alla prima guerra mondiale, portano fuori dall’Italia 16 milioni di persone, di cui 4 verso l’America latina, 4 verso gli USA, il resto in Europa. In Italia, agenti generali per il Cile erano i Gondrand di Genova, che così pubblicizzavano la linea di navigazione mensile tra Genova, Valparaíso e Talcahuano:

«Il governo del Chili, in presenza del considerevole sviluppo preso dalI'Agricoltura, Miniere, Lavori pubblici, ecc., e per mettere a profitto le ricchezze naturali del suolo, fa appello ai lavoratori di buona volontà, anticipando loro il passaggio per trasferirsi dal porto di Genova a Talcahuano o Valparaíso. Alloro arrivo al Chili gli emigranti sono ricevuti dai delegati del Governo chileno, che li alloggia e nutrisce durante la settimana successi va allo sbarco. I delegati del governo chileno si occuperanno di indicar loro ove troveranno lavoro in rapporto colla loro professione, e li dirigeranno senza spese sui punti in cui meglio troveranno ad impiegarsi: gli emigranti non contraendo nulla di meno alcuna obbligazione al riguardo, essendo sempre liberi di lavorare come meglio preferiscono».

Tra le “avvertenze” si legge: «Sono soltanto ammesse a godere del passaggio anticipato le persone capaci di giustificare l’esercizio di un lavoro manuale (...) Gli emigranti non devono avere più di 45 anni, a meno che non siano accompagnati dalle loro famiglie. Le donne possono partire da sole e usufruire dei vantaggi di cui sopra, ma a condizione di giustificare una professione»50.

Dagli anni ‘80 del secolo, la linea di bastimenti tra Genova e i porti cileni divenne bimestrale51.

 

Nonostante la linea di navigazione diretta tra l’Italia e il Cile, gran parte degli arrivi dall’Italia continuava ad avvenire per via terrestre attraverso l’Argentina e le Ande, per ferrovia o sulle mulattiere, per percorsi accidentati, come si vedrà anche dalle testimonianze raccolte dai lucani, figli e nipoti di coloro che si trovarono ad affrontare queste esperienze a cavallo tra i due secoli. Le ragioni sono diverse; né vanno sottovalutati i maggiori disagi di un viaggio più lungo. Intanto, il canale di Panama non viene aperto che nel 1915; fino ad allora la rotta scende dal terribile Capo Horn e risale lungo la costa cilena. Ma anche dopo quella data, la navigazione tra Genova e Valparaíso è più lunga di quasi 1700 miglia rispetto a quella tra Genova e Buenos Aires, più o meno alla stessa latitudine. Inoltre le promesse che vengono dal Cile sono sempre al di sotto delle speranze offerte dai tre grandi poli di attrazione: Argentina, Brasile, Uruguay. In nessun momento gli italiani in Cile arrivano a rappresentare 1’ 1% della popolazione.

Il clima del deserto, le condizioni di lavoro, il sistema dei salari spesso non corrisposti in denaro ma con buoni-acquisto da spendersi negli spacci della compagnia, non sono aspetti incoraggianti per le esigenze dell’emigrazione di massa. Scrive M. R. Stabili: “Per molti la scelta di arrivare in questo paese matura dopo un primo tentativo di inserimento in Argentina e Brasile: non riuscendovi, anziché ritornare nei paesi d’origine, decidono di fare un altro tentativo nel paese più periferico dell’America del Sud”.

Dunque, l’arrivo in terra cilena è di frequente mediato da altri paesi. Più spesso dall’Argentina e dall’Uruguay, anche perché queste sono le destinazioni verso le quali le numerose agenzie aiutavano a risolve tutti i problemi burocratici fino al momento dell’imbarco52. L’ultima nave a partire colma di emigranti da Napoli verso il Sudamerica, prima della 2° guerra mondiale, fu la Neptunia della Lloyd Sabaudo, neI 1937. Su quella nave erano imbarcati anche Rosina Atella e Luigi Vignola, con la figlia Raffaella (Lilina), partiti da Satriano di Lucania verso Montevideo. Lilina compì sulla nave i suoi cinque anni. Sbarcati il 10 agosto si accorsero di soffrire il freddo dell’inverno. “Il vestitino leggero di seta con le maniche corte si gonfiava al vento del sud. Che paese strano, pensai: ad agosto fa freddo? Capii dopo che sì, ad agosto fa freddo e a gennaio fa caldo, e mai un fiocco di neve.., e qui non si balla la tarantella, ma il tanga 53.

Comunque, che la destinazione fosse Buenos Aires o Valparaíso, i problemi cominciavano col viaggio, nelle cuccette aperte della terza classe, al “piatto dell’acqua”, il rancio servito nei gavettini come ai soldati. La nave partiva da Genova. Poi, a Napoli, l’imbarco dei “terroni”, gli emigranti del meridione, “gente ancora più povera, gente che mangiava tanto e sempre, e poi vomitava” 54. Poi ancora a Palermo, l’incontro con gli emigranti algerini, marocchini, turchi, “e la scoperta che al mondo siamo tutti uguali, tutti di carne e ossa “. Oppure a Genova arrivava un vaporetto da Napoli che si collegava al carico in partenza. E poi il viaggio vero, quello lungo, interminabile e rischioso: Marsiglia, Valenza. Oppure Barcellona, Malaga, Cadice. E la paura dell’oceano. Quelli che avevano già affrontato un viaggio consigliavano di mangiare poco o niente. “Invece i napoletani avevano una fame, mangiavano, buttavano giù quei maccheroni interi, poi vomitavano, e andavano subito a prendere il rancio un ‘altra volta, avevano fame oh, erano gente più misera amiche com'erano vestiti...” 55.

Un medico di bordo, Teodoro Ansermino, così descriveva nel 1890 alcuni aspetti di una sua traversata verso il Cile, su un bastimento che portava milleseicento emigranti italiani: “MArica lo spazio, mArica l’aria,’ l’igiene e l’umanità sono costantemente in contrasto colla speculazione. (..) Il bagno c’è, ma nella prima classe, non per il branco umano accatastato a prora 56

E i primi approdi: “Era tanto orribile quello che avevo visto giungendo in Venezuela che quando arrivai in Cile ripigliai coraggio.(...) Ricordo che nel porto di Caracas tutta la gente portava un fazzoletto sul viso per non respirare la polvere, le farmacie non avevano vetri (...). E poi siamo arrivati in Ecuador... Dopo siamo passati da Panama (...). Da Curucaao andammo direttamente a Lima. Là fu un disastro! EI Callao era orribile... volevamo andare in un albergo per riposare, per dormire.., e mi ricordo che l’albergo era pieno di cimici, pieno di pulci, pieno di tutte quelle cose (...) E dicevo a mio marito: ‘Come sarà il Cile?’ Perché sempre più brutto, sempre più brutto, ogni volta peggio... Poi siamo arrivati a Valparaíso... Mi è piaciuta perché assomiglia un poco a Genova" 57.

Quello che invece notò Rosina Atella una volta arrivata a Montevideo fu di non riconoscere le stelle. “Non riconosceva l’aria salata della costa, né il vento di mare, né il vento di terra, né la Croce del Sud che tutte le notti illuminava il mio viso. Non riconosceva la lingua, i cibi, la musica, il cemento delle strade della capitale, così larghe, così diverse dalle piccole stradine di pietra di Satriano” 58

Ma, come abbiamo detto, buona parte del flusso migratorio si snoda via terra, attraverso la Cordigliera delle Ande durante la stagione estiva. Inoltre, per gli immigranti privi di documentazione risulta facile eludere i controlli della polizia internazionale, con una frontiera lunga più di quattromila chilometri e con scarsi punti di controllo. Di conseguenza, i dati dei censimenti relativi all’Emigrazione italiana e diffusi a più riprese dal Ministerio de Relaciones Exteriores de Chile potrebbero essere sottostimati. In un’indagine condotta nel 1983 presso la Scuola italiana di Santiago su un campione di cinquecento persone di origine italiana, trecento di essi raccontarono che i loro nonni o padri erano arrivati in Cile dall’Argentina attraversando le Ande a piedi o a dorso di mulo senza aver subito alcun controllo59. Questa l’odissea raccontata da Enrico Draj, contadino piemontese, classe 188460: “Siamo partiti da Buenos Aires, ventidue ore di treno in pianura, siamo arrivati a Mendoza. Poi altre sette ore di treno per arrivare alla frontiera, a tremila metri di altezza. Lassù c’è la Cuova, una specie di stazione con due ferrovieri e basta. Lassù abbiamo perduto il treno. L’indomani siamo ripartiti a dorso di mulo, siamo andati a prendere la ferrovia a Caracol dall’altra parte del colle, che freddo ad attraversare quel colle, di là dal colle nevicava, era il mese di dicembre,... in Argentina tagliavano il grano e qui nevicava. Poi abbiamo preso un treno merci, vagoni da bestie, e dopo cinque ore siamo arrivati in fondo alla Cordigliera delle Ande. ...Il giorno dopo abbiamo raggiunto Santiago del Cile “. Odissea non più grave di quella che ci racconteranno i lucani nelle pagine che seguiranno.

 

Per quaranta giorni
e quaranta notti,
uno più, uno meno,
solcarono l’Atlantico
fino a giungere a lquique;
nel fazzoletto l’umidore
delle lacrime.

Così partirono uomini
audaci, coppie unite,
bambini, vecchi.

Nel suo modesto bagaglio
più d’uno portava
una vecchia fisarmonica
o una chitarra ferita...

In quella traversata
la canzone italiana
fu diversa,

il mare aggiunse il concerto
delle onde selvagge,
e il firmamento
tutte le stelle.

         (Iris Di Caro)

 

 

50 V. Grossi, Guida pratica dell’emigrante italiano al Chili, Genova 1890, cit. in il contributo italiano..., pp. 373-374.

51 P. Salvetti, L’emigrazione italiana in Cile ... cit.. pp.368-371.

52  Nel 1903 il viaggio per l’America costa centocinquanta lire; nel 1907 centosessantacinque lire. L’anno dopo dalle centottanta alle trecento lire. Nel 1922, tremila lire. fr. N. Revelli, cit., pp. 7, 17, 147, 154; F.S. Nitti, inchiesta... p. 9; M. Schirone, Quelli dal Volto bruno, I°, p.35.

53 Testimonianza di Maria Rosa Atella Vignola, resa in Senza lamenti, senza lacrime: la storia di Rosina, racconto autobiografico, premio sez. Sud America al concorso letterario “Storie di donne lucane”, a cura delle Commissioni Regionali Pari Opportunità — Lucani nel Mondo, 15 maggio 1999.

54 Le cit. sono in N. Revelli, Il mondo dei vinti, I°, Einaudi, 1977, p. XCIC.

55 Testimonianza resa da Enrico Draj, classe 1884, a N. Revelli, cs., p. 154.

56 Cit. in P. Salvetti, L’emigrazione italiana in Cile ... cit., p. 374.

57 Testimonianza raccolta da P. Zaldìvar H., L’immagine e il ricordo: storie di donne italiane in Cile, in il contributo italiano  cit., pp. 137-8.

58 Maria Rosa AtelIa Vignola, cit.

59 Cfr. M.R. Stabili, ne Il contributo italiano..., p. 53.

60 Nuto Revelli, il inondo dei vinti, 1, p. 155.

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