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IKOLIVITHRA: IL RITO DEL BATTESIMO FRA GLI ARBERESHE


Enzo Spera, docente di Antropologia all'Università dl Siena, ha curato recentemente, per la RAI TV, un servizio su " Il battesimo delle bambole a Barile"; mentre Giovanni B. Bronzini dell'Università di Bari, cattedra di Tradizioni Popolari e V. Presidente nazionale F.I.T.P., lo ha ampiamente studiato a San Paolo e San Costantino Albanese (Potenza), pubblicando diversi saggi e pubblicazioni.
Il battesimo fra gli Arbereshe, come rito di ingresso ufficiale nella comunità cristiana, ha tutt'altro significato e diversa modalità di somministrazione. Emerge - soprattutto - in tale evento la suggestiva figura, in sfarzosi paramenti greco-bizantini, del papas (il sacerdote orientale, presente in circa trenta comunità etniche del territorio italiano) davanti all'ikonostasi, mentre l'ispirata corale intona i canti dell'iniziazione, in lingua: "Ndrikulla-kumbari e/o Ndrikulla-Nuni") il papàs - dopo aver introdotto "prindet" (i genitori) e tutti i parenti ("gjirit") alla liturgia bizantina con le litanie diaconali - avvia la benedizione dell'acqua e dell'olio.
Questa fase rituale viene accompagnata, dal celebrante, con tre segni di croce sulla "Kolinvithra" e da una triplice alitazione. Indi il papas invita i testimoni a porgergli la creatura (fàmulli - se maschio, fàmulla - se femmina) senza alcun indumento, perché possa immergerla - tre volte ancora - nel bagno "di purificazione" dal peccato originale (lo stesso in India si effettua, mutatis mutandis, nelle acque del "sacro" fiume Gange).
Un'altra caratteristica della spiritualità bizantina risiede nel conferimento - immediatamente successivo - secondo quei canoni, del sacramento della cresima e dello stessa comunione. La "Kolinvithra" è, generalmente, una grande bacinella in rame artisticamente lavorato. Segue, dopo la cerimonia religiosa, lo scambio dei recali da parte dei testimoni che entrano, cos', a far parte di quella famiglia e di quella rete sociale di solidarietà, in arberesh, definita "gjktonie" oppure, con il poeta, "besa gjiakut" (la promessa inalienabile di fede e lealtà verso la memoria ed il sangue degli antenati skipetari). Va anche detto che l'originale tradizione, testè descritta, sta diffondendosi, a macchia d'olio, nelle numerose comunità alloglotte d'Italia, così come nelle grandi città (che ospitano folti gruppi di immigrati della nostra "Arberia"): Torino. Milano, Firenze. Roma, Bari, Cosenza e Palermo.
 


Bibliografia:

"ARBERIA" (Storia, Cultura, Folklore) di Demetrio Emmanuele. 1988, grafica Pollino, Castrovillari-Cosenza.

"BESA" Corrispondenza del Circolo italo-albanese di Roma (Via dei Greci, 46).

"ARBERESH" Periodico degli Italo-Albanesi del Piemonte, TORINO.

"IL VESCOVADO Dl MELFI E GLI ALBANESI DEL VULTURE" Estratto da "Rassegna dell'Economia Lucana" Anno XXV, nn. 5/6 Dicembre 87 : Potenza.

"MAGIA, MITI E CREDENZE POPOLARI" di Antonio Bellusci, 1983, Stab. Tip. Biondi, Cosenza.

"CONTRASTI CONFESSIONALI ED ECCLESIASTICI TRA ALBANESI GRECO-ORTODOSSI O CATTOLICI LATINI IN CALABRIA E LUCANIA" 1969, Tip. GRAFICA. Perugia.

MINORANZE ETNICHE E LINGUISTICHE IN CALABRIA E BASILICATA" di Pietro DELEO, 1988, Grafiche DIMAURO, CAVA dei TIRRENI.
 


Testo di di Donato Mazzeo               
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie", 1989

 

 

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