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Carmine Curcio

Picerno

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STORIE DI SANTI, DI EROI E DI EMIGRANTI

"LA PORTA DI SAN NICOLA A PICERNO"

 

Carmine Curcio

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INDICE

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CAPITOLO  II°

SAN NICOLA: VITA, MIRACOLI, LEGGENDE E CULTO

 

PREMESSA

Sulla vita, le opere, i miracoli, le leggende e tutto ciò che riguarda San Nicola, esiste un gran numero di pubblicazioni prodotte da studiosi ed esperti. Io non mi reputo tra questi e mi limiterò a raccontare quanto basta a spiegare le immagini e gli eventi proposti dal bassorilievo della porta.
Prima di affrontare il progetto della porta, sapevo pochissime cose di San Nicola, quasi nulla. È stata per me una sorpresa persino apprendere che il Santo fosse vissuto in epoca paleocristiana e che il mondo gli avesse costantemente dedicato una grande attenzione. Gerardo Cioffari, uno dei massimi esperti viventi di cose nicolaiane, dice di Lui: «San Nicola è uno dei santi più venerati e amati al mondo. Ogni popolo lo ha fatto proprio, vedendolo sotto una luce diversa, pur conservandogli le caratteristiche fondamentali, prima fra tutte quella del difensore dei deboli e di coloro che subiscono ingiustizie»
(1 -fonti bibliografiche e sitografiche).
L’idea che io mi sono fatto di San Nicola dopo alcune letture, è quella di un personaggio poliedrico, generoso e intrepido, che interveniva con autorevolezza e autorità in tutte le questioni che riguardavano la sua gente e di solito le risolveva, tanto da meritare il titolo di defensor civitatis.
Un soldato della fede con forti connotati di laicità, che faceva molto, e non so quanto tempo gli rimanesse per pregare.
Prodigo, premuroso e sempre attento ai bisogni del suo gregge, fece molti miracoli nella sfera sociale. Grazie a queste sue doti che lo qualificarono come uomo di grande generosità e all’episodio del dono alle tre fanciulle, la figura di San Nicola ha generato, nei tempi moderni, quella universalmente conosciuta e amata di Santa Claus, il nostro Babbo Natale. San Nicola era dunque un uomo al quale poco si addice l’aspetto grave, severo e ieratico che ci viene tramandato dalla iconografia classica. Quanto a Santa Claus, occorre subito chiarire che si tratta di una creatura della fantasia e della pubblicità che ha poco o nulla a che vedere con San Nicola.



LA VITA

San Nicola Nacque a Patara, sulla costa meridionale dell’Asia minore, oggi Turchia, intorno all’anno 260 d. C. Il suo nome Nikòlaos è composto da due parole: niké che in greco significa vittoria, e laòs che significa popolo. Popolo vittorioso è dunque il significato del nome Nicola e nella vita di San Nicola il popolo ebbe sempre un notevole ruolo(1-2 - fonti bibliografiche e sitografiche).
Della sua vita prima dell’elezione a vescovo si conosce solo l’episodio della dote alle fanciulle, il resto è leggenda.
Venne eletto vescovo nel 295 d.C. da laico, in una cornice a dir poco miracolosa. Essendo morto il vescovo di Mira, i vescovi dei dintorni si erano riuniti in una domus ecclesiae, per eleggere il successore (La domus ecclesiae era una casa privata abbastanza grande, appartenente di solito ad un aristocratico
che aveva abbracciato la fede, dove si riuniva la comunità cristiana agli albori del cristianesimo. In sostanza era l’antesignana dell’attuale chiesa). Durante la notte, uno dei presenti fece un sogno rivelatore secondo il quale avrebbero dovuto eleggere il primo giovane, di nome Nicola, che si fosse presentato in chiesa all’alba. Quando all’alba la porta si aprì ed entrò un giovane che disse di chiamarsi Nicola, lo acclamarono vescovo all’istante, sebbene fosse un laico e non un sacerdote come richiedeva la prassi
(1-3 - fonti bibliografiche e sitografiche). Probabilmente le cose non andarono esattamente così, anche perché all’elezione di un nuovo vescovo non partecipavano solo prelati ma anche il popolo, il racconto è però abbastanza indicativo del peso che si è voluto dare alla volontà di Dio nell’elezione di Nicola a vescovo di Mira. C’è inoltre da osservare che San Nicola nel 295 d.C. aveva 35 anni e di conseguenza non era più un giovane per quei tempi. Pertanto le indicazioni fornite dal sogno furono forse rispettate solo in modo approssimativo.
Sembra probabile che Nicola abbia sofferto la persecuzione di Diocleziano in un periodo collocabile tra il 303 e il 313 d.C., o forse quella di Licinio un po’ più tardi. Nel 325 partecipò al concilio di Nicea. Su questa partecipazione, non supportata da documenti unanimemente riconosciuti, sono state tramandate alcune simpatiche leggende, in particolare la leggenda del mattone che Nicola avrebbe utilizzato per spiegare la trinità ad Ario, e la leggenda dello schiaffo, che gli avrebbe dato, perché si ostinava a negare la divinità di Cristo. Interagì senza sosta con le problematiche sociali e politiche del suo tempo e risolse molti problemi, alcuni dei quali in maniera ritenuta miracolosa. Appartengono a questa categoria l’episodio della dote alle tre fanciulle, il miracolo del grano, l’episodio dei tre innocenti salvati dalla decapitazione, la liberazione dei generali dalla prigione e se è vero, la riduzione delle tasse per i miresi. È invece sicuramente una leggenda quella dei tre bambini resuscitati.
La sua chiesa di Mira era meta di pellegrinaggi quando il santo era ancora in vita, un po’ come è successo ai nostri tempi con Padre Pio, dice Cioffari. Morì intorno al 335 d.C.
Il suo culto si diffuse subito in tutto l’oriente cristiano e nel volgere di pochi secoli anche in tutto l’occidente
(4 - fonti bibliografiche e sitografiche).


·
IL MIRACOLO DEL GRANO

Il miracolo del grano è uno degli esempi più celebri dell’impegno di San Nicola per i bisogni del suo popolo.
Durante gli anni dell’episcopato di San Nicola si verificarono a Mira come in tutta la Licia ed altre province dell’impero due gravi carestie, la prima negli anni 311-313 d.C. e la seconda nel 333-334. L’episodio tramandato come miracolo potrebbe essersi verificato durante la seconda delle due.
Nel racconto infatti, viene menzionata la città di Costantinopoli che fu fondata nel 324 d.C.
Mentre era in atto la carestia, approdarono al porto di Mira delle navi cariche di grano provenienti da Alessandria d’Egitto e dirette a Costantinopoli. San Nicola salì su una di quelle navi ed esortò il capitano a scaricare un certo quantitativo di grano per soddisfare i bisogni della sua gente. Il capitano obbiettò che quel grano era destinato all’imperatore e che non gli era possibile scaricarne una parte perché se l’imperatore se ne fosse accorto lui ne avrebbe pagato di persona, ma San Nicola insistette sostenendo che all’imperatore ci avrebbe pensato lui, assumendosi l’intera responsabilità di tutta la faccenda. Alla fine del tira e molla San Nicola riuscì ad averla vinta e una parte del grano venne scaricato
(1 - 2 - fonti bibliografiche e sitografiche).
Il Santo avuto il grano, lo misurò e lo distribuì a tutti, e tutti furono grati al proprio vescovo per quella grazia di Dio.
Ripartite da Mira, le navi frumentarie, così erano denominate le navi che trasportavano il frumento, proseguirono il viaggio per Costantinopoli. Al loro arrivo nel porto, il grano fu scaricato e pesato, come aveva temuto il capitano, ma grande fu la sorpresa e la meraviglia nello scoprire che non risultava nessun ammanco. La quantità di grano era la stessa che avevano caricato al porto di Alessandria. Fu questo il miracolo.
In un’altra leggenda San Nicola apparve in sogno a dei mercanti siciliani inducendoli a dirigere le proprie navi verso la città di Mira per vendervi il loro grano. Per convincerli lasciò loro, in sogno, una caparra. I mercanti al risveglio, resosi conto che avevano avuto tutti la stessa visione e, trovata in concreto la caparra che avevano ricevuto in sogno, si convinsero a far rotta per Mira. Questa versione, come appare evidente è molto meno realistica della precedente, che è incentrata su una normale contrattazione tra San Nicola e il capitano della nave, e solo successivamente assume connotati miracolistici. Questo miracolo è all’origine del patronato di San Nicola sui contadini e di tradizioni quali quella del pane di San Nicola e quella delle serte di taralli che vengono date a Bari ai pellegrini durante la festa di Maggio.
Il miracolo è stato raffigurato in vario modo in tanti quadri. Il Lorenzetti rappresenta la scena del miracolo con due angeli che restituiscono il grano facendolo cadere da sacchi aperti nel cielo sulle navi dei benevoli marinai. Il Beato Angelico ricorre a una rappresentazione pittorica più complessa in cui sono presenti due scene e due miracoli diversi: sul lato sinistro San Nicola contratta con i mercanti che trasportano il grano da Alessandria a Costantinopoli, sul lato destro si osserva una nave in difficoltà su un mare in tempesta i cui marinai chiedono aiuto a San Nicola che appare nel cielo
(5 - fonti bibliografiche e sitografiche).


Beato Angelico, S. Nicola procura il grano ai miresi, Pinacoteca Vaticana.
Dal libro di Gerardo Cioffari “San Nicola - la Vita, i miracoli, le leggende”.
(Per gentile concessione dell’autore)

 

IL PANNELLO 3

Paolo Cataldi ha rappresentato Il miracolo del grano offrendo alla nostra osservazione una scena in pieno svolgimento e molto dinamica. In alto sono raffigurate delle navi con le vele gonfie e i marinai affacciati ad osservare ciò che sta avvenendo sulla banchina; più in basso, un barcaiolo trasporta a terra dei sacchi pieni di grano; sulla banchina, marinai in sosta seduti sui sacchi già scaricati e San Nicola che ancora contratta con il capitano.


Pannello 3 - Miracolo del grano -  Foto Raffaele Martino

 

LA DOTE ALLE TRE FANCIULLE

L’episodio più celebre della vita di San Nicola è senza dubbio quello della dote alle tre fanciulle da maritare, grazie al quale il Santo meritò il simbolo delle tre palle d’oro che hanno reso facilmente riconoscibile la sua immagine nei secoli e inoltre conquistò il patronato su tutte le ragazze in età da marito. L’episodio si svolse a Mira dove il giovane Nicola si era trasferito con i genitori che erano molto ricchi. C’è anche chi sostiene che erano morti e che Nicola, avendone ereditato il cospicuo patrimonio, aveva mezzi propri a sufficienza per alimentare la sua forte propensione alla carità.
Nicola avendo saputo che un uomo del suo quartiere caduto in miseria cercava di avviare alla prostituzione le sue tre figlie allo scopo di raccogliere il denaro necessario per farle maritare, decise di intervenire in aiuto delle ragazze e poiché la virtù, secondo il dettato evangelico, deve essere nota solo a Dio e non agli uomini (
Mt 6, 2-4), decise di agire nottetempo. Mise un bel mucchio di monete d’oro in un sacchetto di stoffa e, avvicinatosi alla casa delle fanciulle, lo lasciò cadere all’interno attraverso l’inferriata di una finestra. Per il padre disperato, quel sacchetto piovuto dalla finestra non poteva che essere frutto di un miracolo.
Utilizzò quei soldi per organizzare in brevissimo tempo il matrimonio della figlia maggiore. Nicola, realizzato che il denaro era stato speso bene, rifece la donazione, e così poté sposarsi anche la seconda figlia. A questo punto il padre era quasi sicuro che sarebbe arrivato anche il terzo sacchetto e, nell’attesa fiduciosa, incominciò a dormire con un occhio chiuso e l’altro aperto sperando di riuscire a scoprire lo sconosciuto benefattore.
Quando finalmente avvertì il tintinnio del terzo sacchetto, uscì a razzo dalla porta di casa e si mise a pedinare l’uomo che l’aveva lanciato. Raggiunto e riconosciuto, Nicola si fece promettere di non rivelare la cosa a nessuno. Per fortuna il padre delle ragazze non mantenne la promessa. Se l’avesse fatto, San Nicola, al posto delle tre palle d’oro, avrebbe un simbolo sicuramente meno efficace e meno facilmente riconoscibile.
Quando infatti si vede una statua o un quadro raffigurante un vescovo con in mano o ai suoi piedi tre palle d’oro, si tratta sicuramente di San Nicola, mentre con altri santi vescovi quali S. Biagio, S Agostino, Sant’Ambrogio, S. Gregorio e altri, si può facilmente sbagliare, scrive Cioffari
(1 - fonti bibliografiche e sitografiche).
L’episodio della dote alle fanciulle ha sempre riscosso un grande interesse, soprattutto tra coloro che hanno avuto a cuore il tema della carità. Uno di questi è il pittore Ambrogio Lorenzetti che riproduce la scena ambientandola in una via di Siena, la sua città
(6 - fonti bibliografiche e sitografiche). Il tema è stato affrontato anche da altri grandi pittori quali Gentile da Fabriano, Beato Angelico, Masaccio e altri.
Anche Dante Alighieri ne fa menzione nel purgatorio (canto XX, vv. 31-34) in un terzina di suprema bellezza e lirismo:

Esso parlava ancor della larghezza
Che fece Niccolò alle pulcelle,
per condurre ad onor lor giovinezza

A parlare è l’anima di Ugo Capeto, il capostipite della dinastia franca dei capetingi, che stava espiando in Purgatorio la pena per il peccato di cupidigia e piangendo ricordava l’esempio di liberalità di San Nicola.
Esso (Ugo Capeto) parlava ancora (dopo tanti secoli dalla morte di San Nicola) della larghezza che fece Niccolò alle pulcelle (cioè della generosa donazione che Nicola fece alle tre fanciulle), per condurre ad onor lor giovinezza (per evitare che la loro giovinezza
fosse macchiata dal disonore)
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Gentile da Fabriano, Dote alle fanciulle, Pinacoteca Vaticana.
Dal libro di Gerardo Cioffari “San Nicola - la Vita, i miracoli, le leggende”.
(Per gentile concessione dell’autore)


IL PANNELLO
4

Il bassorilievo del pannello n. 4, dedicato all’episodio della dote appena raccontato, offre una versione diversa da quella tradizionale. Non è il giovane Nicola a fare la donazione, ma San Nicola. La scena, più ricca e più complessa rispetto alle rappresentazioni dei grandi pittori classici, mostra in basso la festa per il matrimonio della prima figlia, con gli sposi dietro una tavolata ricca di ogni ben di Dio insieme ad alcuni invitati, tra cui due figure femminili con
il tipico copricapo dell’antico costume picernese; in alto, una camera da letto con le altre due sorelle sotto le coperte.


Pannello IV - Dote alle tre fanciulle - Foto Raffaele Martino

Il padre è seduto sul letto ai loro piedi in atteggiamento di pensosa preoccupazione. Una scena di grande solitudine e di disperazione. In quel contesto, si materializza fuori dalla finestra la figura di San Nicola nell’atto di lasciar cadere all’interno della stanza un sacchetto pieno di monete d’oro, il secondo dei tre.
La differenza tra la versione del Cataldi e quella dei grandi pittori classici, non è un semplice dettaglio, è bensì sostanziale. I grandi pittori di cui ho detto prima hanno tutti rappresentato il giovane Nicola, ancora laico ma già con una forte propensione alla santità, che dalla finestra lancia un sacchetto nella stanza delle ragazze. Un gesto nobile ma isolato i cui effetti materiali erano destinati ad esaurirsi con i matrimoni di tutte e tre le sorelle. Cataldi invece, facendo intervenire nella vicenda San Nicola, ha voluto rappresentare non quel particolare episodio di larghezza, ma il patronato del Santo su tutte le fanciulle da maritare, che è continuo e per sempre. È vero che in questo modo Cataldi ha stravolto la tradizione, ma è anche vero che così facendo ha consegnato un messaggio di speranza sempre attuale a tutte le ragazze che dovessero trovarsi in una condizione simile a quella delle tre protagoniste di questa storia.


ALTRI MIRACOLI E LEGGENDE

Oltre ai due miracoli appena ricordati, San Nicola ne compì molti altri(1 - fonti bibliograf.) quali il miracolo dei tre innocenti salvati dalla decapitazione (che è l’episodio meglio documentato dal punto di vista storico), il miracolo dei tre generali liberati dalla prigione e altri ancora, incluso quello dell’imperatore indotto a ridurre le tasse ai miresi, grazie al quale fra i tanti patronati che ha già, San Nicola meriterebbe anche quello sui contribuenti tartassati del fisco.
È invece sicuramente una leggenda il miracolo dei tre bambini risuscitati, raffigurato anche nella Chiesa Madre di Picerno, al centro del soffitto della navata centrale, in un dipinto di G. De Giacomo del 1892
(17 - fonti bibliografiche e sitografiche).
La leggenda trae origine da una svista di un copista medioevale nella trascrizione dell’episodio dei tre innocenti salvati dalla decapitazione.
L’episodio riguardava tre cittadini di Mira che erano stati fermati dalle forze dell’ordine nel corso di una rivolta in un mercato e dopo un processo sommario erano stati condannati alla decapitazione nonostante la loro palese innocenza.
San Nicola essendone venuto a conoscenza, subito accorse sul luogo del patibolo, dove solo grazie a un miracolo riuscì ad arrivare in tempo per fermare la mano del boia e salvare i tre innocenti.
Poiché nel mondo cristiano la parola innocenti veniva e viene ancora oggi usata come equivalente di bambini, da qui originò l’equivoco che fece nascere e gonfiare più di una leggenda sui tre bambini risuscitati. Il copista fece infatti l’errore di usare la parola pueri al posto di innocentes e i fedeli pensarono che si trattasse di un miracolo inedito e del tutto sconosciuto fino a quel momento, che riguardava tre bambini. Il tempo fece il resto e con gli anni sui tre bambini nacquero e presero corpo varie leggende.


Affresco di Sucevita, Romania - San Nicola salva tre innocenti dalla decapitazione.
Dal libro di Gerardo Cioffari “San Nicola - la Vita, i Miracoli, le Leggende”.
(Per gentile concessione dell’autore)

Secondo una delle leggende, San Nicola durante il viaggio per recarsi al concilio di Nicea si fermò in una osteria dove gli venne presentata una pietanza a base di pesce. Essendosi accorto che al posto del pesce gli avevano servito carne umana, chiese all’oste di mostrargli dove quel pesce venisse conservato. Fu accompagnato presso due tinozze piene di carne dove il Santo incominciò a pregare e subito le carni si ricomposero in tre allegri bambini.
In un’altra versione, i bambini erano tre studenti derubati e uccisi da un oste che poi mescolò le loro carni ad altre che conservava in salamoia. San Nicola essendone venuto a conoscenza fece in modo di farsi mostrare dall’oste le carni conservate; le benedisse e subito i tre ragazzi ritornarono in vita come svegliandosi da un sonno profondo.
Da queste leggende origina il patronato di San Nicola sui bambini e sulla scuola e la tradizione medievale del boy bishop (il vescovo bambino) che veniva eletto il 6 dicembre, giorno della festa di San Nicola e rimaneva in cattedra fino al 28 dicembre, festa degli innocenti martiri.


G. De Giacomo, La leggenda dei tre bambini risuscitati. Olio su tela al centro
del soffitto della navata centrale della Chiesa Madre
Archivio G. Pronesti

 

DIFFUSIONE DEL CULTO DI SAN NICOLA NEL MONDO E TRASLAZIONE DELLE RELIQUIE

Come si è detto, la chiesa di Mira era già meta di pellegrinaggi mentre San Nicola era ancora in vita. Dopo la sua morte, databile intorno all’anno 335 d.C., il culto di San Nicola si diffuse rapidamente in tutto il mondo cristiano, sia in oriente che in occidente e in Italia forse prima che in altri paesi dell’occidente, sia al sud che al nord, portatovi dai bizantini (4 - fonti bibliografiche e sitografiche).
A parte Roma dove il culto del Santo era sicuramente presente verso la fine del VI secolo, esistono testimonianze dell’esistenza di una chiesa dedicata a S. Nicola di Mira a Forino
(7 - fonti bibliografiche e sitografiche), in provincia di Avellino, già nel 586 d.C. In Sicilia nell’VIII secolo c’era un monastero presso Siracusa dedicato a S. Nicola. A Napoli il culto era presente nell’VIII-IX secolo. Il nome del Santo infatti risulta già nel calendario marmoreo che è datato 821-841 d.C. (8 - fonti bibliografiche e sitografiche). A Vietri sul Mare esistevano nel 989 la chiesa e il monastero di San Nicola di Gallocanta e nel 1045 una chiesa dedicata al Santo esisteva anche a Nocera. Nel 1080 a Benevento già si celebrava la festa di San Nicola che richiamava pellegrini dai dintorni (4 - fonti bibliografiche e sitografiche).
A Picerno è verosimile che il culto sia penetrato dalla campania o comunque attraverso la costa tirrenica in concomitanza con la diffusione del monachesimo greco e che vi sia arrivato ancor prima della traslazione delle reliquie a Bari. Nella cripta della Chiesa Madre sono stati rinvenuti affreschi raffiguranti il Santo e immagini di un suo miracolo. La data degli affreschi risale al XII-XIII secolo
(17 - fonti bibliografiche e sitografiche).
A Bari, già cento anni prima della translazione, il nome Nicola era il secondo più diffuso nella popolazione e chiese dedicate al Santo esistevano già in molte città della Puglia
(1 - fonti bibliografiche e sitografiche).
San Nicola era dunque un santo famoso e molto venerato in Italia da secoli quando la spedizione barese ne trafugò le reliquie. D’altronde l’obbiettivo dell’impresa era proprio quello di dare alla città le reliquie di un santo famoso. Più che di una operazione basata sulla fede religiosa, si trattò infatti di un progetto che aveva fini pubblicitari e commerciali. Un santo famoso avrebbe richiamato pellegrini e rilanciato il commercio barese che era in crisi fin dal 1071, quando con la conquista da parte dei normanni, Bari aveva perduto il ruolo di capitale del Catapanato d’Italia, il Governatorato Bizantino che comprendeva i territori dell’Italia meridionale continentale a sud di Napoli e del Gargano. Scelsero San Nicola sia per la consolidata fama internazionale del Santo, sia perché la città di Mira si trovava su una delle rotte più frequentate dai marinai baresi, quella per Antiochia, città della Siria. Al ritorno dalla Siria i marinai baresi ormeggiarono in una insenatura non lontano dalla chiesa di San Nicola che si trovava appena fuori dalla città di Mira. Al furto delle reliquie parteciparono in 47, anche se furono solo in due a raggiungere il sarcofago e a prelevare materialmente le ossa che galleggiavano nella manna. I Miresi, avvertiti dai monaci subito dopo il fatto, sopraggiunsero quando le tre navi avevano appena preso il largo. A Bari le reliquie arrivarono il 9 maggio del 1087. Come i baresi avevano previsto, per la presenza delle reliquie di San Nicola, la loro città divenne meta di pellegrinaggi da tutto il mondo e San Nicola di Mira divenne San Nicola di Bari.

La Basilica di San Nicola a Bari. Costruita appositamente per ospitare le reliquie del Santo, per volere della popolazione barese contro le disposizioni dell’arcivescovo di Canosa che voleva invece riporle nell’esistente cattedrale. Vi fu persino un violento scontro armato, con morti e feriti, tra la guardia armata del vescovo e le guardie popolari. Alla fine, per intercessione dell’abate Elia, prevalse la volontà della popolazione barese e venne dato subito inizio ai lavori per la costruzione della basilica sulla residenza del catapano, utilizzandone la struttura.

 

DA SAN NICOLA A BABBO NATALE

Nei tempi moderni, dalla figura di San Nicola, attraverso passaggi fantastici, ha tratto origine quella pure universalmente conosciuta e amata di Santa Claus, il nostro Babbo Natale. Si è trattato comunque di un parto della fervida fantasia di artisti e novellisti. Santa Claus infatti, come è stato già detto nella premessa, non ha nulla a che vedere con San Nicola, a parte il nome che è una abbreviazione di Saint Nicolaus e il comune amore di entrambi per i bambini. Fino alla riforma protestante, i regali ai bambini li aveva sempre portati San Nicola nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, giorno della sua festa. La sera del 5 dicembre i bambini mettevano scarpe e calze sui davanzali delle finestre e sotto il camino e la mattina dopo le trovavano piene di regali. La consuetudine, secondo la leggenda, era nata proprio da un episodio della vita di San Nicola, quello della dote alle tre fanciulle. Secondo una di queste leggende (9 - fonti bibliografiche e sitografiche), quando San Nicola arrivò sotto la finestra della camera delle ragazze per gettarvi il terzo sacchetto, la trovò sbarrata, ma poiché aveva deciso di andare fino in fondo, si arrampicò sul tetto e buttò il sacchetto pieno di monete d’oro giù dal comignolo. Il sacchetto cadde in una delle calze delle ragazze, messe ad asciugare vicino al camino. Da qui la tradizione di appendere la calza sotto il camino la notte dei doni.
Con la riforma protestante che aboliva il culto dei santi, anche la figura di San Nicola dispensatore di doni incominciò ad essere fortemente osteggiata, soprattutto nei paesi centro e nordeuropei. Non fu però facile debellare il culto di San Nicola che aveva ormai profonde radici nella tradizione e nelle abitudini della gente. Lutero
(1 - fonti bibliografiche e sitografiche) continuò a predicare con veemenza che i doni ai bambini non li portava San Nicola ma Gesù Bambino e che pertanto la notte dei doni andava spostata dal 5 al 24 di dicembre, e questo a poco a poco fu ciò che realmente avvenne; ma a poco a poco avvenne anche che la gente incominciò ad associare a Gesù Bambino un vecchietto vestito da vescovo affinché gli desse una mano nella distribuzione dei regali (9 - fonti bibliografiche e sitografiche).. Si faceva così rivivere l’immagine di una figura che faticava a uscire dalla memoria collettiva. Le maggiori resistenze allo smantellamento del culto di San Nicola si ebbero in Olanda (1 - fonti bibliografiche e sitografiche) dove per combatterlo furono persino emanate delle leggi repressive. Gli olandesi però resistettero e il nome di San Nicola (in olandese Sinter Nikolaas, abbreviato in Sinter Klaas) lo esportarono anche nel nuovo mondo insieme alla tradizione dei doni quando fondarono la città di New Amsterdam che divenne poi New York. Per i coloni inglesi Sinter Klaas divenne Santa Claus che lo scrittore Washington Irving descrisse nel 1809 come un vescovo in miniatura, piccolo abbastanza per entrare dai comignoli, che la notte di Natale cavalcava nei cieli su un cavallo bianco per portare i doni ai bambini (9 - fonti bibliografiche e sitografiche). Un tipografo newyorchese, William Gilley, nel 1821 pubblicò un poemetto in cui Santa Claus anziché cavalcare un cavallo bianco guidava una slitta trainata da una renna. Nella novella di un altro scrittore, Clement Clark Moore, le renne divennero otto. Infine, agli inizi degli anni ‘30, fu un illustratore pubblicitario della Coca Cola a dipingere Santa Claus nella forma e nei colori attuali, che sono il rosso e il bianco, gli stessi della nota bevanda. San Nicola e Santa Claus, lo stesso nome per due figure e due storie, entrambe di successo, ma profondamente diverse tra loro: la prima radicata nella dimensione trascendente dei bisogni dello spirito, la seconda nell’utile banalità del consumismo moderno. Per completezza andavano raccontate tutte e due e, per la natura di questo opuscolo, necessariamente in modo conciso.

 

Babbo Natale sorvola i tetti su una slitta trainata da otto renne, come nella novella dello scrittore newyorchese Clement Clarke Moore

 

 

APPENDICE AL CAPITOLO II

LA CHIESA DI SAN NICOLA

La Chiesa Madre di Picerno è la chiesa di San Nicola di Bari.
Fu edificata sui resti di un antico castello medioevale. Dai documenti risulta che a Picerno nel 1310 esisteva già la parrocchia di San Nicola ed è probabile che ci fosse anche all’epoca alla quale risalgono gli affreschi della cripta, nel XII-XIII secolo. La cripta infatti dovrebbe essere la chiesa originaria sulla quale si è sviluppato, per aggiunte successive, l’attuale imponente complesso architettonico. Più volte danneggiata dai ripetuti sismi e più volte ricostruita e ampliata, la chiesa attuale rispecchia il progetto dell’architetto Biagio Calenda del 1711. Del corpo della Chiesa Madre con la sottostante cripta, fa parte anche la chiesa inferiore: la congrega di Gesù Bambino. L’impianto è a tre navate. La facciata presenta due portali in pietra lavorata:
il portale maggiore e il portale minore, ed è preceduta da una lunga ed ampia scalinata in pietra lavica. Possente è la struttura dell’abside che evoca quella di un torrione. Imponente la mole del campanile e dell’intero complesso.

Foto Videotop di Capece Rocco

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La navata centrale della Chiesa Madre.
Il soffitto a cassettoni in legno intagliato e dipinto fu realizzato nel 1909 da Antonio Tancredi. Il dipinto al centro è un olio su tela di G. De Giacomo raffigurante la leggenda dei tre bambini risuscitati
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Foto Raffaele Martino

Il presbiterio è delimitato anteriormente da una balaustra in pietra della metà del settecento e posteriormente dall’abside. Al centro è collocato l’altare maggiore in legno dipinto e dorato, del 1760-70. Il coro ligneo costruito nella stessa epoca da mastro Francesco Pagano e mastro Carmine Fortunato e restaurato nel 1909 da Antonio Tancredi, è stato rimosso dopo il terremoto per un nuovo restauro. Il restauro del soffitto ligneo dell’abside eseguito da G. Marinelli dopo il terremoto dell’80 ha messo in evidenza un dipinto in tempera raffigurante la colomba dello Spirito Santo.
Foto Raffaele Martino

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L’altare patronale di San Nicola, del 1756, è situato nella navata di destra. È
in pietra intarsiata con marmi e di notevole qualità artistica. Fu scolpita da Giuseppe D’Amato, un mastro scalpellino proveniente probabilmente da S. Angelo dei Lombardi. La parte superiore contenente le nicchie è in legno intagliato e dorato. La nicchia centrale ospita la statua di San Nicola "nero", seduto e in abiti vescovili. La statua, il cui originale risale forse al tardo quattrocento, è stata più volte restaurata
(17 - fonti bibliografiche e sitografiche).
Foto Raffaele Martino - Archivio G. Pronesti

Il Polittico della Madonna del Salvatore, nella navata di destra, in abete e pioppo intagliato e dorato, ospita tre statue lignee: S. Giovanni Evangelista, la Madonna del Salvatore e San Giuseppe. Opera di scuola napoletane del 1548 che alcune caratteristiche scultoree della Madonna farebbero attribuire a Meriliano Giovanni da Nola. Questo polittico è stato riportato a nuova vita, dopo il terremoto dell’80, dal superbo restauro di G. Marinelli, che ha saputo rimuovere le pesanti incrostazioni di vernice comune e rivelare tutto lo splendore della bellezza nascosta. Al magistrale restauro di Marinelli è da attribuire il recupero dell’originaria bellezza anche di tutte le altre opere all’interno della Chiesa Madre. Gli altri due altari della navata laterale destra sono l’altare della Madonna del Carmine e l’altare di S. Filomena.
Foto Raffaele Martino - Archivio G. Pronesti

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L’altare della Madonna del Rosario, del 1595, in legno intagliato e dorato, con intarsi e decorazioni, di rilevante qualità artistica, è situato nella navata di sinistra. Nella stessa navata: il fonte battesimale in pietra, del 1728, realizzato dallo scalpellino Nicola Lanzetta, l’altare del battesimo di Gesù e l’altare della crocifissione del secolo XIX , in marmi policromi, su cui è collocato un interessante gruppo scultoreo di cartapesta.
Foto Raffaele Martino - Archivio G. Pronesti

La Crocifissione, affresco della volta della congrega di Gesù Bambino, della seconda metà del settecento, di autore ignoto, forse un lucano di scuola napoletana (17 - fonti bibliografiche e sitografiche). La scena è molto dinamica, con figure tutte in movimento. Colpisce la sproporzione tra la mole del corpo del cavallo e la piccola testa.
Foto Raffaele Martino - Archivio G. Pronesti

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Affreschi della cripta. Sotto il pavimento della navata centrale della Chiesa Madre c’è la cripta. Sulle pareti sono stati rinvenuti affreschi risalenti al XII-XIII secolo e raffiguranti San Nicola e la scena di un miracolo a lui attribuito, forse quello dei bambini risuscitati. In questa pagina: San Nicola al centro della fotografia e la scena del miracolo sulla destra.
Archivio Don Giuseppe Pronesti
Affreschi della cripta. Dettaglio ingrandito della scena del miracolo.
Archivio Don Giuseppe Pronesti

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Facciata della Chiesa Madre con i due portali e la porta in bronzo. Il portale principale è in pietra, di stile tardo-barocco. È stato realizzato nel 1728 così (come il portale minore) ed è sovrastato da una nicchia con la statua di San Nicola in marmo bianco, a mezza figura. La facciata con i due portali e la porta in bronzo, la linea slanciata e sobria del campanile e l’ampia e lunga scalinata in pietra lavica danno vita a un complesso architettonico non privo di armonia ed eleganza. - Foto Videotop di Capece Rocco

STEMMA DI PICERNO

 

 

 

 

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