PINO GENTILE
 - La Città delle scale
 

- Capitolo II -
Storia Moderna della Città

  1. Prima pietra per Biblioteca e Museo provinciali di Potenza
    1879: Nasce la ferrovia Rocchetta - S. Venere - Potenza

  2. Quanti siamo in Basilicata (F. Saverio Nitti)

  3. Nitti ricordato a Roma e a Potenza

  4. Città costruita secondo nessuna regola d'arte (Giovanni Ianora)

  5. Una goffa leggenda dal dardo maligno (Giacomo Racioppi)

  6. La trasformazione edilizia e civile (Sergio De Pilato)
    Risanamento e piano regolatore

  7. L'ospitalità dei lucani e l'influenza dei romani nel dialetto (L. Carlo Rutigliano)

  8. Da provincia a Capoluogo: le trasformazioni nell'ottocento (Alfredo Buccaro)

  9. Visita del Presidente del Consiglio Zanardelli (Il Lucano - 1907)

  10. La città nei piani regolatori nella prima metà del '900 (Alfredo Buccaro)
    Urbanistica e architettura del ventennio fascista

  11. Una "lettura" delle trasformazioni urbane (Antonio Motta - Vincenzo Perretti)

  12. Si è costruito in maniera frenetica e senza alcuna norma (Luciano Mastroberti)

  13. La città visibile (Luciano Mastroberti)

  14. Potenza che non c'è più (Tommaso Pedio)

  15. La città sorgeva sulle rive del Basento (Giuseppe Ricciuti)

Quanti siamo in Basilicata

 

Francesco Saverio Nitti

Isola dischia agosto 1907 - Quanti siamo? o, per dir meglio, quanti abitano la Basilicata e quanti, che vi sono nati, ne vivon lontani?

 

Nel 1901 la popolazione censita dava alla nostra provincia 490.705 abitanti: questa cifra è ora notevolmente minore.

 

Secondo l’ultimo censimento la Liguria, che è la più densa regione del continente e la Basilicata, che è la meno densa, sono in questa situazione rispettiva: la Basilicata in un territorio di 9,962 km.q., ha una popolazione di 490.705 abitanti; la Liguria in un territorio, che è poco superiore alla metà, 5,278 abitanti per km.q., ha più che il doppio della popolazione, 1.077.473 abitanti. La densità è quindi appena 49 per la Basilicata, 204 per la Liguria.

 

 

 

 

Perché siamo così pochi?

 

La ricerca non mancherebbe d'interesse. Disgraziatamente sono assai pochi i materiali che noi possediamo e solo il lungo studio può consentire conclusioni degne di essere accolte.

 

La Basilicata, nonostante tutte le esagerazioni, non ha avuto mai grandi città, né ha avuto mai una grande popolazione. Quando l’emigrazione non limitava il numero, era la morte che limitava: per lungo tempo la Basilicata ha avuto il primato della morte così nel Regno delle Due Sicilie, come nel nuovo Regno d'Italia. Ancora nel biennio 1862-1863 la mortalità media era 40,70 per 1.000 abitanti, mortalità ora ignota nei paesi civili e anche allora elevatissima. Per molti anni nascite e morti quasi si equilibrarono: qualche volta le morti superavano le nascite.

 

Ora la Basilicata non è sempre la regione d’Italia in cui si muore di più e nemmeno quella in cui si nasce di più: ma, nonostante l'enorme prevalenza di popolazione senile e infantile determinata dalla emigrazione, la quota naturale di accrescimento annuale della popolazione è di 6,52. Nel biennio 1903-1904 la natalità è stata 33,83, la mortalità 27,21. Se non che la popolazione nemmeno ora aumenta, anzi, per effetto della emigrazione, più rapidamente diminuisce. Nel 1824 sotto il governo dei Borboni la popolazione censita era 421.253 abitanti: il primo censimento del Regno d’Italia nel 1861 ne trovò 492.959: la differenza in 37 anni fu di soli 71.706 abitanti, cioè appena 0,42 % all’anno!

 

Dal 1880 in poi, insieme allo sviluppo della emigrazione, si verificano una diminuzione della natalità, una diminuzione assai più rapida della mortalità. La natalità è ora sempre inferiore alla Puglia, quasi sempre inferiore al Veneto. La mortalità a sua volta nei sette anni dal 1898 al 1904 in tre anni ha avuto il primo posto e in quattro il secondo.

 

L’emigrazione dalla Basilicata è abbastanza antica: ma è solo dopo il 1879 che ha preso il più grande sviluppo: nel 1879 fu di 5.766 individui; raggiunse il massimo nello scorso anno 18.098, senza confronto. Dal 1876 (l'emigrazione era allora di appena 1.102 individui) al 1906 l’emigrazione ha sottratto alla Basilicata quasi 300 mila individui: 282,480 secondo i calcoli della statistica ufficiale. Ma questa cifra è soltanto apparente: difatti figurano in essa per quattro, cinque, sei volte coloro che tante volte sono andati in America. La popolazione calcolata per l'eccedenza de’ nati sui morti nel 1901 era di 605.263, quella censita 490.705, la differenza 114.558.

 

Non si è lontani dal vero ammettendo che dal 1876 al 1906 il numero degli emigrati sia stato effettivamente di oltre 200 mila. Quanti son tornati? E' impossibile dire perché la Direzione Generale della Statistica e il Commissariato di Emigrazione pubblicano le cifre complessive dei rimpatri, trascurando di dividerle per regioni e per province. Tentando un calcolo d’interpolazione e ammettendo che un terzo degli emigrati sia ritornato (la popolazione è piuttosto superiore che inferiore alla realtà) sarebbero rimasti all’estero circa 150 mila nostri conterranei. Su ogni dieci abitanti che sono in Basilicata ve ne sono almeno quattro all’estero.

Tenendo conto che l'emigrazione nostra è abbastanza antica e che i nostri conterranei fuori la patria conservano una grande fecondità, si può ritenere che fra alcuni anni saremo tanti in patria quanti all’estero. Non vi è alcuno che possa attenuare le gravi perdite determinate dall’emigrazione: ma non vi è alcuno il quale osi ragionevolmente ammettere che, senza mutare le forme attuali di produzione, la Basilicata possa nutrire una popolazione di 200 a 300 mila abitanti superiore a quella che ora ha. Esistevano i fattori della trasformazione? Esistono ora?

 

Quale grande compito per noi! Combattere la malaria nei suoi ricettacoli di morte e distruggerla interamente, sistemare le acque, rimettere le pendici montane, rinnovare la grande industria boschiva, quante cose toccano alla nostra generazione e quanti problemi deve essa risolvere!

 

Ma più si studia la demografia del nostro paese e più l’anima è invasa da un senso di ammirazione per la resistenza tenace della nostra gente. Razze meno forti sarebbero state vinte; noi ci siamo conservati, noi abbiamo anzi contribuito a formare nuove civiltà. La tradizione per lungo tempo ci ha fatto ritenere che terra naturalmente feconda non fosse sfruttata da uomini abili. Non è più alto e più bello piegarsi alla realtà e riconoscere che la nostra gente ha vinto, o almeno ha resistito, dove altre razze si sono spente!

 

La verità è assai più onorevole per noi e piuttosto che morbidi e inabili sfruttatori di un paese benedetto dalla natura, ci è grato essere uomini coscienti delle difficoltà, eredi di gente tenace, uomini che devono e vogliono conquistare la loro situazione nel mondo con il vigore delle braccia e con il sudore della fronte. Più alto e più umano è questo senso doloroso della verità, che la molle e facile illusione.

 

 

 

 

Che importano le difficoltà?

 

La Russia meridionale è uno dei paesi cui la natura ha profuso più largamente i suoi tesori ed è abitata da gente povera. La Norvegia con i suoi fior di macigno, con le sue campagne sterili, con le asprezze del clima, ha raggiunto un notevole grado di ricchezza e una grande sviluppo di civiltà.

 

I norvegiani sono più fuori patria che in patria: e le loro istituzioni sociali e i loro ordinamenti economici e la loro moralità pubblica sono anche adesso l'ammirazione dell’Europa civile.1

 

1) Francesco Saverio Nitti - "Il Lucano" pel Centenario del capoluogo - Tipografia Editrice Garramone e Marchesiello - Potenza, 1907

 

 

 

 

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