Si è costruito in
maniera frenetica e senza alcuna norma
I saggi di Mastroberti
parlano di Potenza e della Basilicata, luoghi dove egli abitualmente presta
la sua opera di progettista. Però i temi di cui egli parla esemplificano i
nodi della condizione urbana che accomuna tante altre città e, in
particolare, le città interne del Meridione che tirano a campare in regime
di economia assistita. A questo proposito Mastroberti parla con molta
precisione di “squilibrio assistito”. Secondo questo fenomeno,
caratteristico e pernicioso, le risorse pubbliche sono erogate
esclusivamente per alimentare nel capoluogo le abnorme concentrazioni delle
persone, delle attività, e, per conseguenza, della edificazione speculativa.
Ma questo fenomeno, con simmetrico effetto, determina la decadenza dei
centri abitati minori, lo spopolamento e la dequalificazione del territorio.
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L'arch. Luciano
Mastroberti |
Centri minori e territorio
diventano cosi preda di un mercato edilizio parallelo e basato sulla grande
diffusione del piccolo abusivismo. In queste condizioni ogni cosa finisce
per rendere ogni connotato di quelle qualità che derivano ai manufatti dai
ruoli specifici che la storia e i bisogni assegnano loro. Un edificio, un
quartiere, un centro storico, un ambiente naturale contano soltanto come
oggetto di appalti e non come strumenti per progettare una convivenza più
civile. La voce di Luciano Mastroberti suona alta per descrivere e
denunciare questa condizione meridionale del fare architettura.
E'questo il senso della
introduzione di Tommaso Giura Longo al volume “Cronache Urbanistiche in
Basilicata” (1968-1992), realizzato nell’aprile del 1993 dall’ architetto
potentino Luciano Mastroberti, dove sono presenti due puntuali riferimenti
sulla città di Potenza: il primo dal titolo “Potenza in attesa del piano
fantasma” (Basilicata, settembre 1967), il secondo dal titolo “Potenza: dal
piano del ‘62 al vuoto urbanistico attuale” (Basilicata, giugno 1984).
Sinteticamente, nel primo riferimento, Mastroberti sottolinea “che Potenza,
è città senza piano regolatore e, nell’ attesa che venga approvata la
variante, si costruisce dappertutto, nei posti buoni e cattivi, in quelli
pensabili e non pensabili. ll tutto è giustificato solo dalle leggi che
regolano l’interesse dei pochi e non della collettività (ci si domanda a
cosa serve la legge n. 1367 - 21 dicembre 1955 -. Art. 4).
E'mancata, a Potenza, come e
più in tante altre città italiane, una politica dell’ edilizia diretta a
tutelare gli interessi della città...” “Il pubblico amministratore, continua
Mastroberti, ha lavorato bene ed in fretta a Potenza: i pochi segni
dell’antico insediamento urbano sono scomparsi, oppure sono nascosti tanto
bene nel cemento armato da sembrare irreperibili. In una città come la
nostra, quasi del tutto priva di episodi architettonici di un certo rilievo
(se si escludono le vecchie chiese di S. Francesco, S. Maria e S. Michele
del resto malamente restaurate), l’interesse della collettività doveva
almeno orientarsi alla salvaguardia dell’antico tessuto urbano che
circondava e caratterizzava via Pretoria, perché anche gli episodi minori
nella loro peculiarità determinano un ambiente e servono, se non sempre come
documento d’ opera d’arte, almeno a testimoniare la presenza storica
dell’uomo.
Ma, purtroppo, certi
“sventramenti” hanno ridotto la già povera via Pretoria ad un budello che
ormai, senza troppi rimpianti, alcuni vorrebbero sostituire con una via
dritta, lunga e colma di automobili come nei sogni di una certa parte della
cittadinanza”.
Nel secondo riferimento,
l’architetto Mastroberti, prende in esame il 1962, annodi adozione del piano
regolatore generale, ed il 1971, anno di approvazione dello stesso, quando
si costruiscono ben 21.000 vani. “In particolare, fino all’ entrata in
vigore della 756/67, nota come legge Potente, si costruì in maniera
frenetica senza alcuna norma scritta, colmando ogni area residua sulle
pendici scoscese della collina che degrada a nord verso il rione Santa Maria
e, a sud, verso la Stazione Inferiore.
Agli inizi degli anni ‘70,
quando viene finalmente approvato il Prg, la città presenta, in pratica, se
si escludono i quartieri più recenti, la fisionomia di una città cresciuta
su sé stessa sotto la spinta di una edilizia speculativa realizzata senza
alcun controllo, o con scarso controllo, da parte delle amministrazioni
cittadine”.
“Nel 1978, afferma ancora
l’architetto Mastroberti, per la prima volta, l’amministrazione comunale
mostra di voler affrontare in maniera organica le questioni urbanistiche
della città e, in un documento sottoscritto dall’allora maggioranza
programmatica, si impegna a finalizzare la variante al piano regolatore
generale, alla riorganizzazione dell’esistente e alla soluzione dei problemi
più urgenti. Ma, nel 1979, con la crisi della maggioranza programmatica, i
problemi reali della città sono posti nel dimenticatoio: tra le numerose
polemiche ed incertezze di orientamenti tra i partiti della maggioranza, la
sera del 23 novembre 1980, giunge il terribile terremoto che sconvolge la
città, uomini e cose.
Da allora ad oggi molte cose
sono cambiate, naturalmente anche nel contesto dell’assetto urbanistico
della città di Potenza. L’architetto Luciano Mastroberti, auspica che si
sviluppi, un maggior impegno culturale e tecnico da parte degli architetti e
sottolinea la necessità di sviluppare un quadro di alleanze politiche e
sociali in grado di piotare la progettazione dei contenuti e dell’immagine
della città.
“Ogni ritardo in questa
direzione, contribuisce alla formazione di un “senso comune” che,
considerata l’impossibilità di muoversi entro norme istituzionali,
valorizzerebbe soltanto la singola capacità contrattuale”.1
1) Luciano Mastroberti
“Cronache Urbanistiche in Basilicata” (1968-1992)
- Basilicata Editrice -
Tipografia Grafico e Stampa
Altamura -
Bari -
Aprile, 1993 |