L’ospitalità dei lucani e l’influenza dei
Romani nel dialetto
La vita della città era
modesta e raccolta: la sola via Popilia attraversava la intera regione e gli
anni si succedevano portando ovunque lutti e rovine. La nuova religione
riempì il vuoto spirituale ed i suoi insegnamenti di uguaglianza,
fraternità, bontà e carità dettero ai credenti la certezza di una giustizia
che comunque avrebbe collocato al giusto posto gli oppressori e gli
oppressi.
La nascita di Potenza
si perde nella notte dei tempi, tanto che pochissimo si conosce del popolo o
dei popoli che la fondarono. Che siano stati gli Osci o, come afferma
Stradone, i Sanniti, di certo Potenza si resse nei primissimi tempi come
repubblica autonoma lucana. E' una ipotesi riferita anche da Padre Ruggili
Castellucci nella vita del venerabile Bonaventura Lavanga da Potenza. Si
reputò anche che fosse stata fondata da quei pirati che Pompeo il Grande
combatté e vinse relegandoli poi in terre lontane dal mare, così che non
avessero più modo di continuare nelle loro scorrerie. Ma Appiano
Alessandrino dimostrò che nelle guerre contro Mitridate i corsari, dopo
essere stati sconfitti, furono confinati nella Cilicia.
La fondazione di Potenza, invece, dovette avvenire
in epoca molto anteriore; Tolomeo ne fa menzione nel libro sesto della sua
Geografia e lo stesso Plinio, che scriveva quaranta anni prima, nella sua
Historia Universale includeva i Potentini tra gli antichissimi abitatori
della Lucania dei quali non si disponeva di notizie certe. Essa fu
conquistata ed abitata da popoli ignoti dei quali si hanno poche e
contrastanti notizie: dagli Ausoni agli Entri - che verso il 1000 a. C. si
sparsero sulle coste tirreniche - ai Pelasgi, agli Ioni, agli Elleni - VIII
secolo a. C. - i quali dettero vita alla opulenta civiltà nota come Magna
Grecia.
Una delle ipotesi più
verosimili è che una colonia spartana lasciò la patria e venne in Italia.
Una parte passò a convivere con i Sabini e da quel ceppo derivarono i
Sanniti che, tra il 600 ed il 500 a.C., si spinsero nei territori occupati
dagli Ioni e dagli Entri, li occuparono sottomettendone gli abitanti e
denominarono Lucania le terre che si estendevano dal fiume Sele alle estreme
falde del Pollino e, più a sud, fino ai Bruzii ed allo stretto di Sicilia.
Dai Sanniti, i Lucani appresero l’amore della guerra, della frugalità, dei
rigidi costumi.
“Nacque Lucani liberos suos iisdem legibus,
quibus et Spartani instruere soliti erant. Quippe ad initio pubertatis in
silvis inter pastores habebantur, sine ministerio servili, sine veste
quam induerent, vel cui incubarent, ut a primis annis duritiae,
parsimoniaeque sine ullo usu assuescerent. Cibus his praeda venatici; potus,
lactis aut fontium liquor erat. Sic ad labores bellicos indurabantur".
(I lucani erano soliti educare i loro figli con le medesime leggi degli
spartani. Poiché erano tenuti dall'inizio della pubertà nei boschi fra i
pastori, senza la funzione di servi, senza una veste da indossare, fin dai
primi anni di vita, si abituarono alla parsimonia ed il cibo era la parte
ricevuta dalla caccia e bevanda l’acqua e il latte). I Lucani si erano dati
leggi speciali e rigidissime per la ospitalità.
Avevano particolari
cure ed attenzioni verso l’ospite al quale, prima della partenza,
apprestavano tutto ciò che potesse servire durante il viaggio. La
consuetudine trovava un segno esteriore nelle “tessere” che venivano
contrassegnate e poi scambiate con l’ospitato che, se commetteva qualche
indelicatezza, non aveva più diritto alla ospitalità. In questo caso le
tessere venivano spezzate, quasi ad indicare con un atto visibile e
materiale la fine di un rapporto basato su principi esclusivamente
sentimentali. A questo ceppo appartennero i Potentini che mantennero nella
loro vita il rispetto ai principi comuni a tutte le categorie sociali ed a
tutti i nuclei familiari: frugalità e parsimonia, modestia e semplicità di
costumi, generosità d’animo.
Verso il 300 a.C. i
Bruzii riuscirono a liberarsi del dominio dei Lucani, insieme con i quali,
tuttavia, combatterono contro Taranto, Metaponto, Eraclea e, con alterne
vicende, contro i Romani dai quali furono definitivamente soggiogati. Dalla
sconfitta e dalla condizione di vinti i Lucani, come i Bruzii, divennero ben
presto alleati dei Romani, ma con pochissima convinzione. Dopo la battaglia
di Canne, parteggiarono per Annibale nella speranza che egli sarebbe
riuscito a sconfiggere una buona volta Roma. A Campi Veteres il console
Gracco venne sconfitto ed ucciso. Presso Numistrone Annibale fu sorpreso dal
Console Marcello e, dopo un feroce combattimento, preferì levar di notte il
campo e ritirarsi in Puglia passando per Venosa.
I Lucani videro così
svanire ogni sogno di rivincita e si arresero al console Fulvio. Annibale
venne sconfitto nelle battaglie di Grumento e del Metauro ed i Lucani
accolsero “senza contrasto” i consoli Q.
Cecilio e L. Vetunio. Tuttavia, lo spirito
bellicoso non li abbandonò. Si trovarono ancora a fianco dei Sanniti contro
Roma e non deposero le armi fin quando il Senato Romano non concesse loro la
cittadinanza romana. Nel ‘91 a.C. presero parte alla guerra sociale. Nella
lotta tra Mario e Silla parteggiarono per il primo, ma Silla, rientrato
vittorioso dall’Asia, li punì severamente riducendo in colonie militari sei
città lucane tra le quali Potenza. La città giaceva presso il Basento. “Ivi
il luogo è sparso di ruderi e attesta col nome di Murate le antiche
reliquie”.
Il nome di “Potentia” le sarebbe stato dato
probabilmente da nuclei di “popoli picentini che le dura vita politica
romana trasportò di forza dalle spiagge dell’Adriatico alle spiagge del
Tirreno”. Si sarebbe trattato di circa trecentomila famiglie molte delle
quali, nella ricerca di zone meno abitate, si portarono sino all’alta valle
del Basento, fondandovi una città alla quale diedero il nome di Potentia. Il
dominio e l’influenza dei Romani lasciarono tracce profonde nella vita e
nelle abitudini dei Potentini, nel cui dialetto sono ancora molte le parole
la cui derivazione è chiaramente romana. “Cuntana” derivò certamente da
“quintana” che per i Romani era “la porta quarta dopo il Pretorio, che
conduceva alla strada, ove vedeansi le cose necessarie all’armata.
L. Carlo Rutigliano "Potenza dalle origini al secolo
XVIII" - Istituto Tecnico Tiberino di Stefano De Luca Roma
- Ottobre, 1969 |