PINO GENTILE
 - La Città delle scale
 

- Capitolo II -
Storia Moderna della Città

  1. Prima pietra per Biblioteca e Museo provinciali di Potenza
    1879: Nasce la ferrovia Rocchetta - S. Venere - Potenza

  2. Quanti siamo in Basilicata (F. Saverio Nitti)

  3. Nitti ricordato a Roma e a Potenza

  4. Città costruita secondo nessuna regola d'arte (Giovanni Ianora)

  5. Una goffa leggenda dal dardo maligno (Giacomo Racioppi)

  6. La trasformazione edilizia e civile (Sergio De Pilato)
    Risanamento e piano regolatore

  7. L'ospitalità dei lucani e l'influenza dei romani nel dialetto (L. Carlo Rutigliano)

  8. Da provincia a Capoluogo: le trasformazioni nell'ottocento (Alfredo Buccaro)

  9. Visita del Presidente del Consiglio Zanardelli (Il Lucano - 1907)

  10. La città nei piani regolatori nella prima metà del '900 (Alfredo Buccaro)
    Urbanistica e architettura del ventennio fascista

  11. Una "lettura" delle trasformazioni urbane (Antonio Motta - Vincenzo Perretti)

  12. Si è costruito in maniera frenetica e senza alcuna norma (Luciano Mastroberti)

  13. La città visibile (Luciano Mastroberti)

  14. Potenza che non c'è più (Tommaso Pedio)

  15. La città sorgeva sulle rive del Basento (Giuseppe Ricciuti)

L’ospitalità dei lucani e l’influenza dei Romani nel dialetto

 

La vita della città era modesta e raccolta: la sola via Popilia attraversava la intera regione e gli anni si succedevano portando ovunque lutti e rovine. La nuova religione riempì il vuoto spirituale ed i suoi insegnamenti di uguaglianza, fraternità, bontà e carità dettero ai credenti la certezza di una giustizia che comunque avrebbe collocato al giusto posto gli oppressori e gli oppressi.

 

La nascita di Potenza si perde nella notte dei tempi, tanto che pochissimo si conosce del popolo o dei popoli che la fondarono. Che siano stati gli Osci o, come afferma Stradone, i Sanniti, di certo Potenza si resse nei primissimi tempi come repubblica autonoma lucana. E' una ipotesi riferita anche da Padre Ruggili Castellucci nella vita del venerabile Bonaventura Lavanga da Potenza. Si reputò anche che fosse stata fondata da quei pirati che Pompeo il Grande combatté e vinse relegandoli poi in terre lontane dal mare, così che non avessero più modo di continuare nelle loro scorrerie. Ma Appiano Alessandrino dimostrò che nelle guerre contro Mitridate i corsari, dopo essere stati sconfitti, furono confinati nella Cilicia.

 

La fondazione di Potenza, invece, dovette avvenire in epoca molto anteriore; Tolomeo ne fa menzione nel libro sesto della sua Geografia e lo stesso Plinio, che scriveva quaranta anni prima, nella sua Historia Universale includeva i Potentini tra gli antichissimi abitatori della Lucania dei quali non si disponeva di notizie certe. Essa fu conquistata ed abitata da popoli ignoti dei quali si hanno poche e contrastanti notizie: dagli Ausoni agli Entri - che verso il 1000 a. C. si sparsero sulle coste tirreniche - ai Pelasgi, agli Ioni, agli Elleni - VIII secolo a. C. - i quali dettero vita alla opulenta civiltà nota come Magna Grecia.

 

Una delle ipotesi più verosimili è che una colonia spartana lasciò la patria e venne in Italia. Una parte passò a convivere con i Sabini e da quel ceppo derivarono i Sanniti che, tra il 600 ed il 500 a.C., si spinsero nei territori occupati dagli Ioni e dagli Entri, li occuparono sottomettendone gli abitanti e denominarono Lucania le terre che si estendevano dal fiume Sele alle estreme falde del Pollino e, più a sud, fino ai Bruzii ed allo stretto di Sicilia. Dai Sanniti, i Lucani appresero l’amore della guerra, della frugalità, dei rigidi costumi.

 

“Nacque Lucani liberos suos iisdem legibus, quibus et Spartani instruere soliti erant. Quippe ad initio pubertatis in silvis inter pastores habebantur, sine ministerio servili, sine veste quam induerent, vel cui incubarent, ut a primis annis duritiae, parsimoniaeque sine ullo usu assuescerent. Cibus his praeda venatici; potus, lactis aut fontium liquor erat. Sic ad labores bellicos indurabantur". (I lucani erano soliti educare i loro figli con le medesime leggi degli spartani. Poiché erano tenuti dall'inizio della pubertà nei boschi fra i pastori, senza la funzione di servi, senza una veste da indossare, fin dai primi anni di vita, si abituarono alla parsimonia ed il cibo era la parte ricevuta dalla caccia e bevanda l’acqua e il latte). I Lucani si erano dati leggi speciali e rigidissime per la ospitalità.

 

Avevano particolari cure ed attenzioni verso l’ospite al quale, prima della partenza, apprestavano tutto ciò che potesse servire durante il viaggio. La consuetudine trovava un segno esteriore nelle “tessere” che venivano contrassegnate e poi scambiate con l’ospitato che, se commetteva qualche indelicatezza, non aveva più diritto alla ospitalità. In questo caso le tessere venivano spezzate, quasi ad indicare con un atto visibile e materiale la fine di un rapporto basato su principi esclusivamente sentimentali. A questo ceppo appartennero i Potentini che mantennero nella loro vita il rispetto ai principi comuni a tutte le categorie sociali ed a tutti i nuclei familiari: frugalità e parsimonia, modestia e semplicità di costumi, generosità d’animo.

 

Verso il 300 a.C. i Bruzii riuscirono a liberarsi del dominio dei Lucani, insieme con i quali, tuttavia, combatterono contro Taranto, Metaponto, Eraclea e, con alterne vicende, contro i Romani dai quali furono definitivamente soggiogati. Dalla sconfitta e dalla condizione di vinti i Lucani, come i Bruzii, divennero ben presto alleati dei Romani, ma con pochissima convinzione. Dopo la battaglia di Canne, parteggiarono per Annibale nella speranza che egli sarebbe riuscito a sconfiggere una buona volta Roma. A Campi Veteres il console Gracco venne sconfitto ed ucciso. Presso Numistrone Annibale fu sorpreso dal Console Marcello e, dopo un feroce combattimento, preferì levar di notte il campo e ritirarsi in Puglia passando per Venosa.

 

I Lucani videro così svanire ogni sogno di rivincita e si arresero al console Fulvio. Annibale venne sconfitto nelle battaglie di Grumento e del Metauro ed i Lucani accolsero “senza contrasto” i consoli Q. Cecilio e L. Vetunio. Tuttavia, lo spirito bellicoso non li abbandonò. Si trovarono ancora a fianco dei Sanniti contro Roma e non deposero le armi fin quando il Senato Romano non concesse loro la cittadinanza romana. Nel ‘91 a.C. presero parte alla guerra sociale. Nella lotta tra Mario e Silla parteggiarono per il primo, ma Silla, rientrato vittorioso dall’Asia, li punì severamente riducendo in colonie militari sei città lucane tra le quali Potenza. La città giaceva presso il Basento. “Ivi il luogo è sparso di ruderi e attesta col nome di Murate le antiche reliquie”.

Il nome di “Potentia” le sarebbe stato dato probabilmente da nuclei di “popoli picentini che le dura vita politica romana trasportò di forza dalle spiagge dell’Adriatico alle spiagge del Tirreno”. Si sarebbe trattato di circa trecentomila famiglie molte delle quali, nella ricerca di zone meno abitate, si portarono sino all’alta valle del Basento, fondandovi una città alla quale diedero il nome di Potentia. Il dominio e l’influenza dei Romani lasciarono tracce profonde nella vita e nelle abitudini dei Potentini, nel cui dialetto sono ancora molte le parole la cui derivazione è chiaramente romana. “Cuntana” derivò certamente da “quintana” che per i Romani era “la porta quarta dopo il Pretorio, che conduceva alla strada, ove vedeansi le cose necessarie all’armata.

 

L. Carlo Rutigliano "Potenza dalle origini al secolo XVIII" - Istituto Tecnico Tiberino di Stefano De Luca Roma - Ottobre, 1969

 

 

 

 

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